Vito e l’altezza delle lasagne: quando la cucina diventa memoria, risata e malinconia teatrale | Al Teatro Leonardo di Milano

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Al Teatro Leonardo di Milano, Vito racconta l’Italia del cibo vero, tra ricordi familiari, ironia affilata e commozione profonda che arriva dritta al cuore.

Il profumo di una lasagna con sette strati, l’ironia tagliente di chi in cucina ci vive davvero, e una guerra dichiarata ai miti contemporanei del food. Vito torna sul palco con “L’altezza delle lasagne”, un monologo di sopravvivenza gastronomica che fa ridere, riflettere e – soprattutto – respirare. In un’epoca in cui cucinare è diventato un esercizio da influencer e l’avocado una religione, il comico bolognese prende di mira tutto e tutti con sarcasmo, stile e una punta di nostalgia.

Il Teatro Leonardo di Milano ospita lo spettacolo fino al 23 marzo, ed è impossibile non lasciarsi trascinare dalla sua comicità schietta. Scritto da Francesco Freyrie e Andrea Zalone, “L’altezza delle lasagne” è molto più di un semplice sfogo culinario: è uno spaccato della società contemporanea raccontato attraverso il cibo, dove ogni portata diventa pretesto per una battuta velenosa ma sempre azzeccata. Vito non fa sconti a nessuno, ma lo fa con un amore sincero per la tavola e per la vita autentica che si consuma – a bocconi veri – nelle cucine delle nostre famiglie.

E proprio qui il tono si fa più intimo. Vito racconta con voce rotta dall’emozione i pranzi della domenica, la nonna che impastava lentamente i tortellini con le mani rugose, il risveglio mattutino con la frenesia del dover pensare al pranzo, la casa invasa dal profumo delle pietanze cucinate con amore. Ricorda suo padre e la sua regola sacra sulle lasagne: “sette strati, perché quella era l’altezza della teglia”. Momenti in cui la cucina era un luogo di affetto, di pazienza, di amore autentico, non una performance da condividere online.

Risate che partono dal piatto, ma arrivano lontano

Il cuore dello spettacolo non è solo la satira gastronomica, ma l’affondo sulle storture della società del cibo-spettacolo. Si ride delle diete fashion, delle allergie sospette, degli chef diventati rockstar e delle ricette con trenta ingredienti di cui nessuno sa pronunciare il nome. Ma sotto la comicità si nasconde una malinconia leggera, la sensazione che qualcosa, in fondo, si sia perso per strada. L’identità, il gusto, l’autenticità.

E nel monologo di ieri sera, tra le risate del pubblico, Vito ha ricordato la cucina come luogo di confidenza e protezione. Quando una volta le cene erano un momento di silenzio e tranquillità, mentre adesso la parola d’ordine è fotografare tutto quello che ti passa davanti.

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Una cucina sincera, come quella di una volta

Vito ci accompagna in un viaggio che ha il sapore delle cose semplici, ma dette con intelligenza e ironia. Non c’è retorica né moralismo: solo il desiderio di riportare il cibo al suo significato più profondo. Nutrire, condividere, amare. La cucina, secondo lui, è un gesto d’affetto che non ha bisogno di scenografie o hashtag. Basta un piatto buono, cucinato con amore, per rimettere le cose al loro posto.

Con “L’altezza delle lasagne”, Vito firma uno spettacolo che diverte e punge, un monologo politicamente scorretto che prende per mano il pubblico e lo porta in un’osteria di parole, dove ridere è il primo passo per tornare a sentirsi a casa.