The blue trail, un film che potrebbe portare il Brasile all’Orso d’Oro: la Berlinale 2025 regala gioie

Un ritratto intenso e poetico dell’invecchiamento in una distopia credibile. Il Brasile potrebbe sorprendere ancora una volta.

Il cinema brasiliano sembra vivere un momento d’oro. Dopo la candidatura agli Oscar per il miglior film con I’m Still Here di Walter Salles, presentato lo scorso anno a Venezia, ora è il turno di Gabriel Mascaro con The blue trail (“O último azul”), che si fa spazio nella Competizione della Berlinale 2025. Questo nuovo lavoro del regista di Neon Bull e Divine Love immerge lo spettatore in un Brasile futuristico, dove l’apparente celebrazione degli anziani nasconde una realtà ben più inquietante.

Il film si apre con un messaggio governativo che invita a prendersi cura degli anziani, promuovendoli a simboli viventi del patrimonio nazionale. Case decorate con corone d’alloro e medaglie di “onore” sembrano esaltare il loro valore. Tuttavia, dietro questa facciata si cela un regime che obbliga i cittadini più anziani al pensionamento forzato e al trasferimento in una colonia isolata, permettendo alle giovani generazioni di concentrarsi sulla produttività. Chi si oppone rischia di essere segnalato dai vicini e prelevato dal sinistro “Furgone delle rughe”, pronto a trasportarlo nella misteriosa Colonia.

La protagonista, Tereza (interpretata magistralmente da Denise Weinberg), è una donna di 77 anni che si ritrova improvvisamente fuori legge quando il governo abbassa l’età per il trasferimento obbligatorio da 80 a 75 anni. Privata del suo lavoro e posta sotto la tutela della figlia, Tereza si vede togliere ogni libertà, persino quella di acquistare un semplice biglietto.

Di fronte alla prospettiva della reclusione, decide di vivere un’ultima avventura: realizzare il suo sogno di volare in aereo. Ma quando la figlia le nega il permesso, la determinata settantasettenne si imbarca su un battello lungo il Rio delle Amazzoni, in compagnia di Cadu (Rodrigo Santoro).

Un viaggio di ribellione e scoperta

Durante il suo viaggio clandestino, Tereza si imbatte in una misteriosa lumaca, il “blue drool snail”, che produce una bava dagli effetti psicotropi. Si dice che, se usata come collirio, questa sostanza permetta di vedere il proprio destino. Questa trovata onirica diventa un simbolo poetico della ricerca di libertà e della sfida contro un sistema oppressivo.

Lungo il percorso, Tereza incontra Roberta (Miriam Socarrás), una figura enigmatica che rappresenta una possibile via di fuga da un futuro già scritto. Questi incontri, insieme agli scenari mozzafiato del Rio delle Amazzoni, trasformano il viaggio della protagonista in un racconto di ribellione che tocca il cuore dello spettatore.

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Una distopia plausibile e un messaggio universale

Gabriel Mascaro riesce a costruire un futuro che, pur ipotetico, appare spaventosamente vicino alla realtà. A differenza di Divine Love, dove il Brasile veniva ritratto come un regime teocratico, qui la distopia si manifesta con dettagli sottili ma potenti: graffiti che urlano “Ridatemi mio nonno” e dialoghi che riflettono un’umanità privata della sua dignità. Mascaro evita di mostrare direttamente la Colonia, lasciando che siano l’immaginazione dello spettatore e piccoli indizi visivi a costruirne l’orrore.

La regia si concentra su Tereza e sul suo viaggio, mettendo in scena un road movie che si snoda per lo più sull’acqua. Denise Weinberg offre un’interpretazione straordinaria, dando profondità a un personaggio che mescola determinazione e vulnerabilità. Attraverso di lei, il film lancia un forte grido contro l’ageismo, dimostrando che anche le persone più anziane possono essere protagoniste di rivoluzioni intime e sociali. The blue trail non è solo una denuncia contro un futuro autoritario, ma anche un inno alla libertà e alla dignità umana. Le immagini suggestive dei paesaggi fluviali, la colonna sonora coinvolgente e i momenti di inaspettata leggerezza rendono questo film un’esperienza unica. Se la Berlinale 2025 cerca una pellicola capace di emozionare e far riflettere, il Brasile ha tutte le carte in regola per vincere l’Orso d’Oro.