Itaca. Il ritorno, un capolavoro o un fiasco? La critica si divide: doveva essere il grande ritorno di Ralph Fiennes e Juliette Binoche
La reunion tra Ralph Fiennes e Juliette Binoche in Itaca. Il ritorno prometteva emozioni forti, ma il risultato non è sorprendente.
Il grande pubblico aspettava con impazienza Itaca. Il ritorno, il nuovo film di Uberto Pasolini che riprende la celebre storia di Ulisse e Penelope in chiave più intima e drammatica. Ralph Fiennes e Juliette Binoche, dopo anni dalla loro collaborazione ne Il paziente inglese, tornano insieme sul grande schermo per raccontare il peso del tempo, delle ferite e delle scelte fatte. Tuttavia, non tutti sono rimasti soddisfatti dalla pellicola, che ha diviso la critica tra chi l’ha definita un’opera affascinante e chi un esperimento mancato.
Il film si distacca dall’epicità dell’Odissea di Omero, lasciando fuori le grandi avventure in mare, i mostri mitologici e le divinità capricciose. Pasolini sceglie di concentrarsi su un racconto più umano, mettendo in primo piano i volti segnati e le emozioni trattenute dei suoi protagonisti. La macchina da presa indugia sulle espressioni di Fiennes e Binoche, catturando ogni sfumatura della loro sofferenza e attesa, ma questa scelta stilistica ha lasciato perplessi molti spettatori, che avrebbero voluto una narrazione più dinamica.
Binoche incanta con la sua capacità di comunicare emozioni attraverso lunghi silenzi e sguardi profondi. La sua Penelope è una donna forte, capace di resistere alle pressioni dei pretendenti e di mantenere viva la speranza del ritorno del marito.
Fiennes, d’altro canto, interpreta un Ulisse spezzato, divorato dal senso di colpa e incapace di riconciliarsi con il passato. I due attori reggono l’intero film con le loro performance, ma la sceneggiatura minimalista lascia poco spazio allo sviluppo di altri personaggi e di una vera tensione narrativa.
Una rilettura intimista dell’Odissea
Itaca. Il ritorno si apre con Ulisse che, spossato e segnato dalla guerra, arriva finalmente a casa. Tuttavia, il suo ritorno non è quello glorioso raccontato nei miti: è un uomo cambiato, schiacciato dal peso dei ricordi e dalla consapevolezza di essere sopravvissuto mentre i suoi uomini sono morti. Penelope, rimasta per anni a difendere la sua casa e la sua dignità, deve ora fare i conti con un marito che non è più lo stesso.
Lontano dalle battaglie e dagli incontri con creature leggendarie, il film si concentra sul dolore psicologico del protagonista, trasformando il mito in un dramma umano sul trauma e la perdita. Ma questa scelta di sottrazione, pur essendo affascinante, rischia di privare la storia della sua forza narrativa, lasciando il pubblico in attesa di un’emozione che fatica ad arrivare.
Un film visivamente straordinario ma privo di mordente
Dal punto di vista estetico, Itaca. Il ritorno è un’opera magistrale. Le immagini sono costruite con grande cura, sfruttando la luce naturale per esaltare la bellezza malinconica dei volti e dei paesaggi. Ogni inquadratura sembra un quadro dipinto con precisione, e il gioco di luci e ombre aggiunge ulteriore profondità emotiva alla storia. Tuttavia, questa bellezza visiva non è sufficiente a colmare la mancanza di un ritmo più avvincente. La narrazione si dilunga in momenti di silenzio e contemplazione che, se da un lato rafforzano l’atmosfera, dall’altro rischiano di rallentare troppo il film, rendendolo un’esperienza più faticosa che coinvolgente.
Il climax della pellicola arriva con il confronto tra Ulisse e i pretendenti, un momento atteso che dovrebbe restituire tutta la tensione accumulata. Eppure, la regia di Pasolini sembra trattenere troppo, offrendo una scena di violenza che, pur essendo brutale, manca di vero impatto emotivo. Anche il monologo finale di Penelope, per quanto ben recitato da Binoche, risulta eccessivamente didascalico, privando il finale di quel senso di mistero e ambiguità che avrebbe potuto renderlo più potente. In definitiva, Itaca. Il ritorno è un film visivamente affascinante e ricco di spunti interessanti, ma la sua eccessiva sobrietà rischia di spegnere l’intensità della storia. Un esperimento coraggioso, ma che potrebbe lasciare molti spettatori con la sensazione di aver assistito a un’opera incompleta.