Gli Anelli del Potere: quello che Tolkien non avrebbe mai voluto vedere | Un’analisi senza filtri della serie Amazon
Perché Gli Anelli del Potere non convince i fan. Dalla leggenda al fantasy: quando l’adattamento diventa distorsione.
La serie Amazon Gli Anelli del Potere ha sicuramente fatto parlare molto di se negli ultimi mesi, soprattutto con l’uscita della seconda stagione che era stata preannunciata con grandi aspettative, forse un po’ deluse soprattutto per i fedeli tolkeniani.
Inutile dire che se un prodotto cinematografico nasce per essere tale, sarebbe da giudicare in quanto tale. Tuttavia, non poche sono state le polemiche riguardo l’enorme differenza con i riferimenti tratti dai libri, che, in questo caso, rende la serie, si cinematografica, ma di puro intrattenimento.
Questo perché si perde fondamentalmente la storia, l’atmosfera e tutto ciò che rende immensamente densi i libri dello scrittore inglese, il quale voleva restituire una leggenda alla sua terra ed è riuscito a crearla nei minimi dettagli.
Qui i dettagli, invece, sfuggono, sono sfumati a un livello che, senza contare la presenza di una bibliografia non indifferente, potrebbero tracciare il filo di una storia a sé stante, privata del nucleo vitale dei racconti di Tolkien.
Galadriel e la caccia a “Sauron”
Per iniziare, quello che stona di più, è soprattutto il personaggio di Galadriel, e la sua storia: figlia di Finarfin e sorella di Findor Felagund, sappiamo che fu uno dei capi della ribellione Noldor contro i Valar. Lo spirito da guerriera risulta un po’ più accentuato nella serie, rispetto al sottile riferimento, nel Silmarrilon, al fomento del suo cuore verso la conquista di un proprio dominio nella Terra di Mezzo. Tuttavia, il suo viaggio ha inizio si, per vendetta, ma per un senso di vendetta tramandato nella sua stirpe, nato a partire dal creatore dei Silmaril, Feanor.
Così, tutti i suoi discendenti giurarono di combattere contro chiunque avesse rivendicato diritti sulle gemme. E di Sauron? Neppure l’ombra, o meglio, era ancora un’ombra del Nemico, l’Oscuro Signore Melkor, noto come Morghot. La soluzione romantica di creare un “flirt” tra Sauron e Galadriel, dunque, ha qualche lontano cenno a una trama sottostante, ma quello che di certo abbiamo odiato di più è la rappresentazione della nobile dama elfica, caratterizzata da una saggezza profonda, trasformata in una paladina della giustizia accanita, guerrafondaia e anche un po’ goffa nel giudizio.
La Caduta di Numenor
Dalle prime puntate della serie veniamo a conoscenza della terra dei primi uomini alleati con gli Elfi, Numenor, e ci viene spiegato come la terra sia un dono fatto dagli Elfi per loro. Da alcune visioni che la Regina ha sulla città grazie al suo Palantir, iniziamo a intuire quella che sarà la sua “caduta”. La storia di Numenor viene narrata all’interno del racconto La Caduta di Numenor, con una serie di dettagli in più. Non vogliamo certo spoilerare le prossime (supponiamo) stagioni della Serie, per questo basti far riaffiorare alcune piccole verità.
Nessun Albrat fa la sua comparsata a Numenor, o meglio, ci sarà la venuta di Sauron, ma senza alcuna maschera. L’inizio della ribellione non è quindi dovuto a una negligenza di una Regina (neppure citata nei libri) che manda il suo popolo a morire in guerra, ma a una sorta di peccato di ubris da parte degli uomini che iniziavano ad avvertire il peso della mortalità nella loro sempre più palpitante aspirazione verso terre immortali (visibili dalla costa). Ecco che si crea, quindi, il distacco tra i ribelli e i “fedeli” alle leggi divine che per gli uomini prevedono una morte inevitabile e necessaria.
Gandalf lo straniero e Bombadil l’intruso
Chi sarà mai lo stregone straniero che cade sulla terra di mezzo e incontra gli Hobbit in una versione assolutamente romanzata e quasi soddisfacente di un’incipit della sua ammirazione verso i mezzuomini? Lo scopriamo alla fine della seconda stagione. Certo. Peccato che la venuta di Gandalf il grigio in tali circostanze sia stata assolutamente una licenza poetica degli sceneggiatori.
La verità, però, è che non ci sarebbe dispiaciuto affatto, se non fosse per l’animo vulnerabilmente distante da quello che abbiamo conosciuto e amato come un nostro vecchio zio (senza contare neppure i libri) ne il Signore degli Anelli. Ma poco male rispetto all’introduzione forzata e assolutamente prevedibile di un personaggio scartato volutamente dai film di Peter Jackson, come Tom Bombadil, di cui si sa tutto e si sa niente. Simpatico e accogliente, ma la povertà dei dialoghi, quasi sbirciati con confusione da un altro colossal fantasy “è il bastone a scegliere lo stregone…Harry?”, ci distrae dalla funzione della sua presenza.
Un invito alla lettura
Senza contare le varie défaillance, tra elfi che si fanno la barba, il bacio tra Galadriel ed Elrond, i teneri orchi affettuosi con famiglia a carico, l’entrata e l’uscita fulminea di scena dell’unico personaggio estraneo all’universo tolkeniano che forse aveva delle potenzialità (Adar) o ancora il sentimentale e sensibile Sauron dal cui volto amareggiato cade lentamente una lacrima, arriviamo al punto cruciale: la forgiatura degli anelli.
Nella lettera di J.R.R. Tolkien a Milton Waldman (1951), viene spiegato come il racconto de Gli Anelli del Potere esponga le vicende della caduta degli Elfi nella Terra di Mezzo, ossessionati dall’idea dello “svanire”, al punto da farsi trarre in inganno da Sauron che prometteva di esaudire i “loro sogni”: costruire una nuova Valinor nella Terra di Mezzo. È così che, dunque, ha inizio la forgiatura degli anelli, ed è così che vi lascio assaporare l’idea di addentrarvi nella lettura di un capolavoro infinito e immortale.