Vermiglio, in concorso a Venezia 81: fotografia di un piccolo paese di montagna alla fine della guerra
Tra i film italiani in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia c’è Vermiglio di Maura Delpero, uno scorcio rurale di un piccolo villaggio nel Trentino, Vermiglio nel 1944.
Vermiglio è la storia di una famiglia numerosa nell’ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale, in un paese di montagna nel Trentino, Vermiglio appunto, dove la vita scorre lenta, l’inverno è freddo con la neve alta e le montagne sono a un passo. La famiglia è composta dal padre, maestro di scuola (Tommaso Ragno), la madre e i loro sette figli.
Un giorno la tranquillità delle loro vite viene sconvolta dall’arrivo di un rifugiato di guerra siciliano, un giovane ragazzo di cui si invaghisce la maggiore delle figlie femmine, Lucia (Martina Scrinzi) che porta il nome della Santa patrona del luogo. Il film segue il ritmo delle stagioni e racconta, infatti, diversi momenti dell’anno dalla festa patronale, al Natale, lo scorrere dei giorni a scuola, il lavoro in casa e nella stalla e così via.
Lucia sarà ricambiata nei suoi sentimenti dal siciliano, il quale accetterà di sposarla ma nessuno in famiglia sa che il ragazzo nasconde un segreto. Degli gli altri figli del maestro ce n’è una su cui in particolare si sofferma l’attenzione della regia, una ragazzetta in età scolare e molto devota che prega ogni giorno e fa penitenze per i propri peccati (che si limitano alla scoperta del proprio corpo e all’interesse per la sessualità). Lei vorrebbe continuare a studiare ma il padre ha puntato tutto sulla sorella più giovane, secondo lui più dotata.
Il ritmo del film si adegua a quello della vita lenta di Vermiglio e dunque aspettatevi un’opera molto contemplativa, con pochi dialoghi (in dialetto alto atesino) e poca azione. Malgrado ciò il film si fa seguire ed è una poetica fotografia su un’Italia che non esiste più, in cui la vita semplice, lenta e a contatto con la natura è la protagonista.
Vita lenta ma crudele
Sebbene la vita raccontata da Maura Delpero sia un bellissimo quadro naturalista di una vita lontana decenni dall’invasione tecnologica e dai ritmi frenetici che viviamo, essa è non di meno crudele e ci offre, infatti, una rappresentazione molto amara delle condizioni di una famiglia modesta come quella che vediamo in questo film.
Soprattutto la condizione femminile è qui al centro dell’attenzione, dominata da una mentalità retrograda che si vede tutta nell’istruzione. In quest’ultimo caso, infatti, per le giovani donne c’era meno libertà di scelta e non era garantita l’istruzione. Per quanto riguarda la posizione sociale una donna sola con un bambino era destinata alla solitudine e alla morte sociale. Insomma il film ci racconta in modo crudo e diretto che essere donna negli anni Quaranta non era affatto semplice.
La scuola cattolica
In questo film vediamo anche quanto la religione influenzasse la società e il singolo individuo, al tempo era l’oppio dei popoli. Il pensiero cattolico incideva sulla personalità del singolo tanto da considerare peccato cose che ormai sono state ampiamente sdoganate ai giorni nostri.
La famiglia di Vermiglio è una visione completa e forse anche un po’ nostalgica di una vita e una mentalità che non esistono più, dove la concretezza fatta di obiettivi semplici erano alla base della vita. Vermiglio è un film interessante, delicato, poetico, musicale e pittorico, cadenzato metaforicamente dalle Quattro stagioni di Vivaldi.