The Room Next Door: Pedro Almodóvar in concorso a Venezia 81 non convince
Pedro Almodovar presenta in concorso all’81° edizione della Mostra del Cinema di Venezia il suo primo lungometraggio in inglese, ma si è rivelato un prodotto deludente senza né capo né coda.
Pedro Almodóvar ha presentato a Venezia 81 il suo primo lungometraggio in lingua inglese, tratto dal romanzo What Are You Going Through di Sigrid Nunez e per la prima volta un suo film è recitato in inglese. Purtroppo questo film si è rivelato molto deludente, didascalico e a tratti noioso ed è un peccato perché affronta un tema attuale e molto dibattuto: l’eutanasia.
Le protagoniste sono Ingrid (Julianne Moore) e Martha (Tilda Swinton) che sono state amiche in gioventù negli anni Ottanta a New York quando lavoravano per la stessa rivista. Ingrid è una scrittrice di romanzi semiautobiografici mentre Martha è una ex reporter di guerra. Le due non si vedevano da anni quando alla presentazione di un suo libro Ingrid viene a sapere che Martha è malata di cancro ed è in fin di vita. Sarà proprio in questa occasione che Martha svelerà a Ingrid il proposito di morire con dignità e smettere le cure, chiedendo all’amica di aiutarla a morire.
Potenzialmente questo film poteva essere un ottimo lavoro di sceneggiatura se non fosse che Almodóvar è incappato nell’errore di girare un film con due teste parlanti che in pratica passano due ore di film a dibattere sui pro e i contro dell’eutanasia come se fossero a un dibattito pubblico.
Come se questo mastodontico livello di spiegone non bastasse, il regista aggiunge la figura di un ex storico di entrambe le protagoniste, interpretato da John Turturro, specializzato in climate change e prospettive apocalittiche. In pratica anche lui ci spiega il motivo per cui praticamente gli esseri umani stanno andando verso l’estinzione.
Un prodotto senza conflitto
Nel film c’è una totale assenza di conflitto, i propositi inizialmente dichiarati vengono messi in pratica in un’ora e quaranta di film. Fin troppi per una storia per niente avvincente e senza alcun pathos o suspense che ci si aspetterebbe da un film di Pedro Almodóvar. Sarà stato il cambio di lingua a metterlo in confusione? Sta di fatto che questo film è praticamente un elettroencefalogramma piatto e non nascondo di aver sperato che Tilda Swinton prendesse quella pillo a metà del film così da concludere in fretta.
Ribadisco il fatto che il tema è importante e necessario, ma in questo caso non è stato declinato adeguatamente per il cinema. Attenzione, la fotografia artistica e lo sguardo di Almodóvar ci sono tutti e sicuramente riconoscerete il suo stile, ma purtroppo in questo film non si smette mai di parlare e dibattere sul tema senza di fatto “agirlo”.
Bella la fotografia
Quando un film non è piaciuto, di solito ci si sofferma sulla fotografia e purtroppo solo di quella si può parlare e forse anche dell’interpretazione di Swinton, Moore e Turturro, ma diciamocelo, in questo film hanno tutti e tre il pilota automatico. Oggettivamente per un dibattito, qualunque sia il tema, non servono doti recitative altissime, ed è un peccato sprecare tre attori di questo livello.
The room next door era tra i film più attesi alla Mostra del Cinema e purtroppo ha deluso le aspettative. A un certo punto tutto la questione ruota intorno a: “dove sta la pillola”, “quando prendere la pillola”, “in che circostanze prendere la pillola” e a questo punto ci si aspetterebbe un twist nella storia del tipo la pillola la prende Ingrid invece di Martha oppure Martha in realtà ha un secondo fine non ancora rivelato o addirittura sceglie di non morire. Non accade niente di tutto ciò, il film resta sullo stesso piano per tutto il tempo ma c’è di buono che a noi spettatori ci fa ragionare sul possibile finale.