El Jockey, in concorso a Venezia 81: la storia di un fantino alla ricerca di se stesso

Nahuel Pérez Biscayart e Úrsula Corberó

Alla Mostra del Cinema di Venezia si scoprono film curiosi e insoliti com’è quello di Luis Ortega, El Jockey, in concorso nella selezione ufficiale del Festival.

Quello di Ortega non è un film semplice di cui parlare perché si tratta del tipico caso di storia “ingannevole” che sembra una cosa ma poi si trasforma in un’altra. Del resto il “jockey” oltre che il fantino che corre a cavallo è anche il fante nelle carte da gioco. L’ambivalenza nel significato del titolo riporta all’ambivalenza del film. Le carte rimandano al gioco, il gioco per sua stessa natura è imprevedibile, così com’è imprevedibile questo film.

Remo Manfredini (Nahuel Pérez Biscayart) è un fantino leggendario, ma ha un comportamento autodistruttivo che ne sta rovinando il talento ma soprattutto mette a rischio la relazione con Abril (Úrsula Corberó), la fidanzata. Il giorno della gara più importante della sua carriera, che lo libererà dai debiti col suo boss mafioso Sirena, ha un grave incidente, scompare dall’ospedale e vaga per le strade di Buenos Aires. Questo accadimento è come una morte e rinascita che lo libera dalla propria identità e dalla fama per arrivare a scoprire il suo vero io. Nel frattempo Sirena è determinato scovarlo. Vivo o morto.

Il produttore del film è Benicio Del Toro e la protagonista (Abril) è Tokyo de La casa de papel, qui per la prima volta protagonista di un film lungometraggio. Il personaggio di Corberó è quello di una fantina in conflitto fra carriera e maternità, lei porta in grembo il primo figlio ma non sa se tenerlo e nel frattempo anche lei scoprirà il suo destino, anche grazie alla sparizione di Remo.

Nel Jockey ci sono molte trame in realtà, potenzialmente poteva essere almeno due film diversi. Al principio sembra che il focus sia la carriera del fantino e che, dunque, si vadano a sviscerare tutte le difficoltà legate ad una vita da atleta tutta dedicata allo sport. Insieme a questo discorso anche quello del doping e delle dipendenze fa capolino nella prima parte del film, ma poi con un colpo di coda violento si passa all’identità di genere, i sessi si scambiano e si mescolano e a quel punto i personaggi pur restando se stessi diventano altro.

Dal fante al jolly

Come detto all’inizio il film è come un gioco di carte dove a un certo punto viene scartato il jolly, o la matta se vogliamo e da quel punto non si capisce più nulla. Dopo il discorso iniziale sulla carriera, le dipendenze e la crisi del protagonista, schiacciato dal suo stesso talento, abbiamo la rinascita attraverso una nuova identità (femminile) lontana dal mondo precedentemente vissuto. La stessa Abril gli chiede di morire e rinascere daccapo affinché possano recuperare il loro rapporto.

Quella del fantino potrebbe essere vista come una catarsi, un cambio di pelle, un viaggio attraverso molte identità fino ad arrivare a quella giusta. Seguire Remo in questo viaggio non è semplice ma vi garantirà molte risate e un mucchio di situazioni no sense. Il film rappresenta il conflitto fra la nostra interiorità e l’esteriorità, non sempre in accordo tra loro e quindi si dichiara più un film sull’identità.

Nahuel Pérez Biscayart e Úrsula Corberó – El Jockey

L’inconscio si ribella e fa rumore

Il mondo interiore di Remo urla forte e pretende di essere ascoltato, più si scuote questo mondo e più caos si crea all’esterno. Il film è di fatto una metafora della vita che anela alla libertà ma per poter raggiungere quella libertà dobbiamo uccidere un po’ noi stessi ogni volta e rimescolare nuovamente le carte, chissà che la prossima mano non sia quella giusta.

Ogni giorno, infatti, ci vuole una grande forza interiore per affrontare il mondo e per restare in equilibrio fra le molte personalità che possono abitare il nostro Io. Saper fare i giocolieri fra tutte loro è un equilibrio sottilissimo. Il mondo con tutti gli ostacoli e le prove che ci pone innanzi di certo è un tavolo da gioco difficile da abitare, ma non impossibile. Remo alla fine del film sarà qualcuno di diverso da colui che abbiamo visto all’inizio del film perché, come ha scritto Murakami, ha attraversato la tempesta e ne è uscito diverso.