Roberto Vecchioni, «Tra il silenzio e il tuono»: l’armonia dei ricordi e il coraggio di una vita | Perché non lasciarsi incantare?
Nel cuore del tempo, dove il silenzio incontra il tuono, nasce la melodia delle parole di Roberto Vecchioni.
Nel limbo oscuro tra l’alba e il tramonto dei ricordi persiste un enigma eterno: è un’istantanea che scava nel profondo della mente, ripercorrendo il passato, o una fantasia che lo reinventa, trasformandolo in qualcosa di nuovo?
Quasi in risposta, rivolgendosi al poeta Leśmian, Bruno Schulz, scriveva: “Allora siamo come libri. I libri iniziano in un secolo e poi continuano in un altro, terminano chissà dove. […] Solo per caso il […] libro è fatto di parole e ha forma di libro. In realtà è aria che si appoggia all’aria delle cose, e così tutto diventa canto.” Un’eco antica e sublime, quella del pensatore polacco, che attraversa i secoli e si ritrova, con rinnovata intensità, nel recente capolavoro di Roberto Vecchioni, Tra il Silenzio e il Tuono, pubblicato da Einaudi lo scorso 27 febbraio.
Maestro dei versi e delle melodie, Vecchioni, ci guida lungo un sentiero senza fine, tra le mutevoli sfumature delle stagioni della psiche umana. Le sue parole sono come petali intrecciati di memoria e passioni, plasmate da un vissuto denso e “assordante”.
Con metafore evocative, simboli “libranti”, descrizioni sensoriali che abbracciano l’etere del pensiero, si apre un universo in cui ogni frase è un “albatro baudelairiano“, sospeso tra cieli di significati profondi e fugaci. Centosettantotto pagine che dipingono l’invisibile con pennellate di vita, sussurrando un ardente desiderio di scoperta nel fluire frenetico dei giorni che si dissolvono all’orizzonte. E poi, un paradosso musicale, etereo e imprescindibile, che riverbera fin dal titolo i versi vibranti del suo celebre successo sanremese Chiamami ancora amore. Un “tuono” dell’eros che risuona nel silenzio, e quel “silenzio” che finalmente si tramuta in parole, tra risate e lacrime, “come una sentinella immobile sulla riva, in attesa di una nave” salvatrice.
Un viaggio letterario fuori dagli schemi
Tra il silenzio e il tuono è un vortice letterario che rompe ogni schema, portando il lettore in un viaggio frenetico attraverso gli abissi del cuore. Un (non)romanzo riflessivo e intenso, eccessivamente personale e doloroso, che invita alla meditazione. Nella partitura intricata dei pensieri fluisce un’esistenza tra antinomie che si intrecciano e stati d’animo che si nascondono in agguato. Tra le sfumature sfuggenti dell’epos e della quotidianità, tra l’amore e la sofferenza, tra amicizie che sbocciano come petali al vento e volti indimenticabili come quello di Emanueli. Tra il profumo dei pasti preparati con cura dalla cara tata Lidia, San Siro e le sue luci, i greci del teatro e della filosofia, Corrado Augias, Dio, Walter Veltroni, il padre e la madre, Daria, i figli.
Un caleidoscopio di ricordi che emergono come miraggi di una vita vissuta o sognata, sotto il controllo immutabile della “Signora in nero”. Il tutto attraverso un costrutto epistolare distorto, un coro sbilenco a due voci. Da una parte, c’è il giovane Roberto Vecchioni che si rivolge al nonno silenzioso, rivelando frammenti luminosi della sua vita: una “fanciullezza” di sogni e speranze, note di canzoni cadenti come stelle, e amori dolci come il miele di un “tempo andato”. Dall’altra parte, il nonno, custode di antichi segreti, che ascolta senza mai rispondere, mentre rivolge le sue attenzioni a figure tanto reali quanto immaginarie, dall’eterea melodia di Schubert alle intricate teorie del traffico urbano, fino agli enigmi intessuti dai maestri russi. Un dialogo silente che è, forse, solo un tentativo di “chiarire i conti, “un soffio nella nebbia” alla ricerca della propria identità.
Tra morte ed eternità: l’amore e la poesia
Nel mormorio infinito del silenzio e nel fragore del tuono, sorge un memoir intimo e commovente che riflette l’amore profondo di Roberto Vecchioni per le parole e, soprattutto, per la poesia: “Non ricordo, nonno, l’istante in cui la meraviglia per il suono delle parole e l’incanto di tante parole insieme mi colsero per la prima volta. Fu un’emozione che segnò il mio destino: le parole erano canto”. Un canto capace di unire due anime: quella del fanciullo sognatore, che guarda il mondo con occhi colmi di meraviglia, e quella del saggio anziano, che contempla la vita con profonda saggezza. Entrambi vivono d’amore, abbracciando il sapere e la passione per Daria, come radici profonde verso l’infinito.
Così, vivere significa immergersi nella danza dell’essere, navigando con gioia attraverso le tempeste delle emozioni amorose, in un tempo condiviso orizzontalmente da tutti e alimentato verticalmente dall’amare senza riserve. I momenti di felicità, che per molti sono solo “pause nel turbine”, sono per Vecchioni come i silenzi pregni tra le righe di una poesia. La paura della morte si dissolve nell’essenza imperscrutabile del cuore umano, che dà significato alla vita senza temere il suo inevitabile termine. Come insegnava Socrate, “le cose che non muoiono mai sono in un’anima che non muore mai”. E come può morire l’anima di un “pastore errante nell’aria che scrive lettere d’amore e che vive come le cose che dice”?