Chiara Ferragni, vuota il sacco anche una persona dall’interno: arriva la denuncia anche per lei | Controlli superficiali
Periodo nero per Chiara Ferragni, adesso anche la persona dall’interno ha deciso di vuotare il sacco, la denuncia è terribile.
Il periodo nero di Chiara Ferragni sembra ancora essere nel pieno del suo svolgimento e non si vede per nulla la sua fine. L’imprenditrice italiana si è infilata in una lunga e tortuosa galleria della quale ancora non vede la fine e dopo il Pandoro-Gate, le multe milionarie, le svariate accuse e la separazione dal marito Fedez arriva l’ennesima denuncia.
Ma questa volta la denuncia arriva dall’interno, perché una sua ormai ex dipendente ha rivelato verità scioccanti che hanno gettato ancora di più Chiara in cattiva luce. In un video pubblicato sulla pagina Instagram ufficiale della giornalista Selvaggia Lucarelli vengono scoperti diversi altarini.
La clip è stata fatta da Charlotte Matteini, giornalista, che ha comprato il libro scritto dalla Lucarelli, Il Vaso di Pandoro, e ha commentato alcuni suoi passaggi dove sono state rivelate delle verità agghiaccianti. Un’ex dipendente di TSB, la società di Chiara Ferragni, ha rilasciato la sua testimonianza dell’esperienza di lavoro che ha vissuto.
Giulia ha ammesso di aver lavorato per un anno come stagista a 300 euro al mese per 8 ore al giorno, una scelta fatta perché credeva che sarebbe stata un’ottima opportunità per il suo curriculum. Giulia ha lavorato per il sito The Blonde Salad dal 2019 al 2022 e per tutto questo tempo Chiara non si sarebbe mai curata dei suoi dipendenti né conoscerebbe i loro nomi.
L’estraniazione
Leggendo la testimonianza di Giulia si capisce subito come la Ferragni non conoscerebbe assolutamente nulla della sua azienda e che tutto viene gestito da Fabio Maria D’Amato, vale a dire il general manager e braccio destro di Chiara Ferragni, e dal team aziendale. Il fatto che la Ferragni non conoscerebbe nemmeno il nome di chi lavora per lei è piuttosto grave, dato che lei stessa firma i contratti di lavoro.
Firmare un contratto senza prima leggerlo non è proprio un atteggiamento professionale e questo non sarebbe proprio un’ottima cosa per la sua immagine. Continuando a leggere la testimonianza di Giulia, diventata poi una denuncia contro la Ferragni, si scopre che dopo un anno di stage a 300 euro al mese le viene offerto un contratto di collaborazione a partita iva a 1.500 mensili.
Un femminismo fasullo
Malgrado l’azienda guadagni molti soldi, gli stipendi dei dipendenti sono piuttosto bassi con gli extra compresi. Inoltre, lo stage formativo di Giulia non era affatto formativo perché non c’era nessun tutor e nessuna formazione. Il contratto a partita iva viene accettato da Giulia perché credeva potesse essere un’ulteriore opportunità per il curriculum. La storia cambia quando Giulia resta incita. A tre mesi dal parto, Giulia riceve una proposta di lavoro come manager a 1.600 euro ma lei ha chiesto del tempo per rifletterci sopra. Grosso errore, perché dopo 12 ore la sua proposta è stata ritirata.
Quando Giulia ha chiesto spiegazioni a D’Amato, quest’ultimo le ha risposto che non avrebbe dovuto pensarci troppo dal momento che aveva appena partorito e non avrebbe potuto aspettarsi di meglio. Una risposta che non rispecchia la lotta al femminismo di cui Chiara Ferragni si proclama portavoce e che ha portato Giulia a licenziarsi. Questo dimostra come, ancora una volta, Chiara Ferragni sarebbe solo una facciata che nasconde diverse magagne che, venendo tutte fuori, si tramutano in denunce.