Enea di Pietro Castellitto, un film inutilmente esagerato e disturbante | Una “grande bruttezza”
Enea è la seconda opera da regista di Pietro Castellitto che torna alla Mostra del Cinema di Venezia in concorso nella sezione ufficiale.
Torna dopo il suo esordio nel 2020 (sempre a Venezia ma sezione Orizzonti) I predatori che gli valse il premio per la miglior sceneggiatura. Con questa sua seconda regia Pietro Castellitto divide il pubblico e dopo il consenso unanime di tre anni fa, Enea risulta essere un film pretenzioso e inutilmente esagerato con delle ottime intuizioni registiche ma sostanzialmente sconclusionato, una sorta di “grande bruttezza” di una Roma più felliniana che reale.
Enea è prodotto nientemeno che da Luca Guadagnino, il che dovrebbe costituire una sorta di sigillo di garanzia, ma purtroppo il secondo lavoro da regista di Pietro Castellitto non regge il confronto col primo. Il film si presenterebbe come un prodotto di genere che ibrida gangster movie a commedia senza tuttavia offrire il brivido del primo e la brillantezza della seconda.
Enea cerca di sentirsi vivo in un’epoca fin da subito viene definita dagli stessi personaggi, morta e decadente. Enea ha un amico, Valentino, aviatore appena battezzato e insieme i due spacciano e vanno alle feste organizzate nel locale di un amico. La loro è un’amicizia sincera iniziata con l’infanzia che sembra mantenersi pura e malgrado vivano in famiglie disfunzionali e in un mondo corrotto non perdono la loro vitalità.
La droga e la malavita sono qui rappresentate come un’ombra invisibile che aleggia sulle loro vite mentre si dipanano personaggi rotti dentro che come diceva Jep Gambardella ne La grande bellezza, hanno una vita devastata: un padre malinconico, un fratello che litiga a scuola, una madre sconfitta dall’amore e una ragazza bellissima, un lieto fine e una lieta morte, una palma che cade su un mondo di vetro.
Ibridazione dei generi per un risultato poco convincente
Pietro Castellitto ha inserito l’assurdo nella messa in scena con un linguaggio lirico e a volte sospeso e dialoghi che non portano avanti l’azione con diversi momenti di riflessione sul senso della vita, proprio come se ci trovassimo all’interno di una favola anche se a tratti sembra un incubo.
La regia però esprime una certa personalità con delle scelte stilistiche originali le quali manifestano la voglia di Castellitto di osare e di affermare la propria presenza nel cinema italiano, anche se in alcuni momenti del film tutto questo sembra un puro esercizio di stile. Accanto a lui che interpreta il protagonista nel film ci sono suo padre Sergio e suo fratello Cesare per un film che potremmo dire sulla famiglia, fatto da una famiglia.
La famiglia è una presenza ricorrente
Di certo da Enea traspare l’attaccamento alla famiglia e il bisogno di discuterla, analizzarla, provare a spiegarne le dinamiche. La famiglia che vediamo in questo film in effetti è centrale e lo è in tutte le sue forme, c’è una famiglia in apparenza “normale” ma chiaramente disfunzionale, una famiglia rotta da eventi nefasti e una che si forma in seno all’amicizia, per poi arrivare a quella futura che tenterà di crearsi il protagonista.
Il personaggio di Enea sembra sempre fare le cose a caso, dall’inizio alla fine, salvo nel momento più drammatico in cui in effetti prende una decisione concreta dopo due ore di film durante le quali sembra subire più o meno passivamente quanto gli accade, vivendo con grande superficialità le conseguenze delle sue azioni.
Il film si conclude come in una bizzarra commedia musicale con un finale ironico che sul momento fa anche ridere e sicuramente l’inserimento di elementi fantastici e grotteschi contribuisce a rendere il film visivamente interessante. Qui però non si parla di video arte, ma di cinema e quindi tirando le somme il film sembra essere piuttosto inconcludente.