The Palace di Roman Polanski è un film imbarazzante, il nuovo concetto di cinepanettone | Recensione
The Palace di Roman Polanski, lo stesso regista di Rosemary’s Baby e J’accuse si è presentato a Venezia 80 con la sua versione di Vacanze di Natale 2000, un film che è la quintessenza del trash.
Una cosa importante va specificata, una cosa di cui si parla poco durante un Festival di Cinema e cioè che il giornalista di solito conduce una vita faticosa, chiuso nella bolla delle proiezioni, delle recensioni e delle interviste, una bolla che oltre alle molte gioie costa ai giornalisti una certa fatica.
Uscire dalla sala cinematografica e avere l’impressione di essere stati presi in giro e di aver perso due ore della propria giornata che si potevano impiegare diversamente è inaccettabile a un Festival come la Mostra del Cinema ed è ancora più inaccettabile che ciò avvenga da parte di un regista come Roma Polanski che ha diretto film imprescindibili come Rosemary’s Baby e J’accuse, Carnage e Chinatown, il quale si presenta a Venezia 80 con la sua versione del Cinepanettone.
I più potrebbero contestarmi questo pensiero dicendo che proprio perché diretto da un genio come Polanski il cinepanettone assumerebbe perfino le vesti di film d’autore, come una nobilitazione di un genere che di fatto esiste e che risponde a un certo tipo di commedia, ma purtroppo risulta difficile accettarlo in ogni caso se la commedia risulta senza né capo né coda.
Perché?
Un film sconclusionato determinato da molti momenti trash è quello che ci viene offerto e nulla di più si può aggiungere se non chiedersi per quale ragione regista e produttore abbiano pensato di realizzare questo film.
Siamo alle porte del 2000 con la paura del Millennium bug e tutta la curiosità per il nuovo millennio che si apprezza a cominciare. In un hotel, il Palace appunto, si avvicendano le avventure dei clienti e dello staff dell’hotel. I personaggi, caricature di una società, quella di fine anni novanta che ci sembra lontanissima, sono sostanzialmente delle macchiette senza alcun spessore e la regia non sembra neanche aver seguito una direzione chiara.
Una satira mal riuscita
Se l’idea era quella di satireggiare su una certa società che all’alba del nuovo millennio ha gettato le basi per i disastri a venire, purtroppo questa è fallita miseramente. Polanski poteva cogliere l’occasione per fare una commedia vera, ma qui notiamo solo la pochezza dei personaggi e l’approssimazione della regia. Difficile capire a cosa stesse pensando il regista quando ha iniziato a lavorare a questo progetto.
Il giorno del 31 dicembre 1999 è una data chiave nella storia del mondo, oltre a essere l’ultimo giorno del secolo novecento con le paure per la fine del mondo e il Millenium Bug, fu anche il giorno in cui Boris Eltsin rassegnò le dimissioni, lasciando il timone della Russia a Vladimir Putin e forse quello fu davvero l’evento che più di tutti ha cambiato la storia del mondo. Peccato che Roman Polanski abbia preferito raccontare di cani con la dissenteria, porno attori decadenti e un momento “weekend con il morto” che forse è stato uno dei pochi a essere davvero divertente.
Il film ha pochissimi momenti come questo e comunque si tratta di cose già viste, qui rese volgari e inutili ai fini della narrazione. La storia non progredisce e per giunta la scena finale (che scoprirete) è un’immagine purtroppo difficile da cancellare dalla memoria oltre che inutile. Rimane un film che gira in tondo, inconcludente e sgradevole. Se a girarlo fosse stato un’esordiente o un semi sconosciuto poco male ma dal momento che Polanski lo ha scritto con Jerzy Skolimowski rimane tanta amarezza anche la presenza di nomi importanti come Fanny Ardant, John Cleese, Bronwyn James, Joaquim De Almeida, Luca Barbareschi, Milan Peschel, Fortunato Cerlino e Mickey Rourke.