La meravigliosa storia di Henry Sugar: la breve e dolce favola di Wes Anderson a Venezia 80 | Recensione
A Venezia è arrivato Wes Anderson con un mediometraggio nel suo stile più tipico della durata di 40 minuti. Un tuffo nella magia.
Il nuovo mediometraggio diretto dal regista Wes Anderson, La meravigliosa storia di Henry Sugar, è più una favola della buonanotte che un film, tratta dal racconto di Roald Dahl del 1976 con Benedict Cumberbatch nei panni di un giocatore d’azzardo molto furbo.
Lo stesso Andreson non ha fatto troppe cerimonie durante la presentazione della prima, ha solamente detto: “Spero vi piaccia, se non vi piace va bene uguale tanto è molto breve”, così ha lasciato spazio alle immagini al quello che è il secondo adattamento di un racconto di Dahl, il primo era stato il capolavoro Fantastic Mr. Fox.
In questa storia, Benedict Cumberbatch è un giocatore d’azzardo che impara la tecnica mistica di leggere il reto delle carte da gioco, con questo potere decide di batter cassa proprio nei casinò e riesce a farsi un bel gruzzoletto nel suo preferito di Londra, però la mattina a seguire qualcosa lo tormenta, la sensazione di essere un assoluto fallito lo attanaglia.
Così decide di usare questo suo incredibile potere per fare qualcosa di più grande che arricchirsi in maniera sfacciata, regalandoci un racconto dolce sulle dinamiche umane e i comportamenti che ne conseguono, tutto funziona solo perché è girato da Anderson.
Lo stile inconfondibile del regista fa tutto il film
La storia è molto semplice, quello che ovviamente la rendere unica è la scelta stilistica adottata ormai da anni dal regista di fama internazionale, che ha avuto anche un trend su Instagram (quindi può davvero dirsi arrivato). La pellicola è realizzata a regola d’arte, non ci sono sbavature o imperfezioni ed evidenzia quando Anderson sia ormai legato a doppio giro con questo aspetto.
In altre pellicole di più ampio respiro, come possono essere i Tenembaums o Rushmore, la tecnica Andersoniana viene mitigata proprio dalla narrazione serrata e dagli stessi attori che ne creano le dinamiche, trasformando le pellicole in capolavori. Ma su un prodotto di media durata tutto sembra eccessivo, togliendo l’anima al film e riducendo gli attori a mere marionette.
La tecnica della storia nella storia
Anche in La meravigliosa storia di Henry Sugar abbiamo una trama che si sviluppa a matrioska aumentandone ancora di più l’effetto con molte strizzate d’occhio al pubblico, rompendo la quarta parte e con scenografie che scorrono alla velocità della luce. Tutto inizia con la narrazione di Dahl interpretato da Ralph Fiennes, poi la palla passa al dottor ZZ Chatterjee, di Ben Kingsley, per arrivare a Imdas Khan, interpretato da Ben Kingsley per poi tornare su Henry Sugar.
La particolarità è che ogni personaggio racconta la storia mentre interpreta il ruolo rendendo tutto molto efficace parlando direttamente alla telecamera e lo stesso Andreson decide di rendersi lui stesso caricatura del suo trend si Instagram, allentando la presa della maniacalità del controllo, facendo entrare nell’inquadratura un macchinista per traslare Kingsley da una parte all’altra dello schermo.
La meravigliosa storia di Henry Sugar manca di grinta
Lo stesso Anderson ha dichiarato che le opere di Roald Dahl non devono essere modificate, questo racconto viene considerato uno dei più delicati proprio perché non sono presenti vari serial killer o personaggi storici inquietanti pronti a fare del loro peggio, anzi, tutt’altro. La meravigliosa storia di Henry Sugar è una storia di redenzione rassicurante che non esce mai dagli scemi della favola.
Non si tratta assolutamente di un brutto prodotto, anzi credo che Anderson non sia proprio capace di fare qualcosa che non sia magnifico, ma la storia forse avrebbe avuto bisogno di una leggera modifica per stupire e affascinare. Nonostante tutto, merita di essere visto almeno una volta, e tra poco più di un mese arriverà su Netflix.