Dogman di Luc Besson in concorso a Venezia 80 emoziona e convince dall’inizio alla fine | Recensione
Impossibile non commuoversi e non apprezzare ogni sequenza del nuovo film di Luc Besson Dogman.
Si tratta di un’opera che rasenta la perfezione e che può tranquillamente posizionarsi nel podio del palmarès di Venezia 80.
Dogman è il primo film dell’80° edizione della Mostra del Cinema di Venezia che ci fa provare tutta la gamma delle emozioni possibili con un protagonista Douglas, interpretato da uno straordinario Caleb Landry Jones in stato di grazia che meriterebbe la coppa Volpi.
Siamo solo al secondo giorno di Festival ma Dogman resterà quasi certamente nel podio di questa edizione del Festival di Venezia per la regia impeccabile, l’interpretazione eccellente e per la storia molto toccante.
Innanzitutto possiamo dire che il film si regge tutto sulla figura del protagonista e quindi senza una buona interpretazione poteva facilmente perdersi.
Invece il film di Luc Besson va dritto al cuore e lo fa con un personaggio per niente ordinario o banale ma ricco di sfaccettature, un criminale con devianze psicologiche importanti ma con le sue ragioni e con il quale non possiamo fare a meno di empatizzare.
Il dolore è senz’altro un elemento molto presente nella storia di un giovane ragazzino maltrattato dal padre fin dall’infanzia, il quale trova nella compagnia e nella fedeltà dei cani una via per la salvezza. Purtroppo la vita lo mette continuamente di fronte al rifiuto e alla sofferenza tanto da portarlo a trovare rifugio in un mondo fatto di immaginazione e travestimenti con la compagnia dei suoi amati cani.
Quando farsi giustizia da soli è inevitabile
La storia di Douglas detto dogman è una storia che abbiamo già visto più volte, una su tutte nel Joker di Todd Philips dove anche Joaquin Phoenix interpretava, come in questo caso, un uomo continuamente maltrattato, deriso e anche lui con un bagaglio di problemi fisici e psicologici che trova nel travestimento una via di fuga da se stesso.
Ma se nel film di Philips la violenza sfocia in una pura malvagità, in questo caso il protagonista di Dogman arriva a una maggiore consapevolezza di sé e non perde mai la lucidità nelle proprie convinzioni.
Le sue azioni sono volte a “ridistribuire la ricchezza” come lui stesso dice. Un novello Robin Hood che aiuta chi ha bisogno e punisce chi se lo merita.
Besson con Dogman ci porta a un livello molto profondo di comprensione del dolore, un dolore che non è solo quello del protagonista ma è anche il nostro. Perché Dogman parla anche di rifiuto, del sentimento di inadeguatezza che ci assale in molte occasioni della vita ma soprattutto del viscerale bisogno di essere amati.
Ecco come dovrebbe essere un film
Dogman è una storia struggente che si avvale di una narrazione efficace che orbita intorno a una conversazione lunga due giorni, durante i quali il protagonista si apre completamente con la psichiatra incaricata di analizzare il suo caso. Il perché i due entrino tanto facilmente in confidenza tra di loro lo scopriremo solo alla fine, basti sapere che il viaggio ci strapperà sicuramente una lacrima.