L’ordine del tempo di Liliana Cavani è (per fortuna) fuori concorso a Venezia 80 | Recensione
Se si parla di tempo, possiamo certamente parlare di tempo perso con l’ultimo film di Liliana Cavani tratto dal saggio omonimo di Carlo Rovelli.
Il film cerca, maldestramente, di raccontare l’ultimo giorno di un gruppo di amici davanti a un’ipotetica apocalisse. Il presupposto è la classica domanda: che cosa faresti se scoprissi che il mondo potrebbe finire in poche ore?
È proprio questo il punto di partenza del film che dopo pochi minuti diventa una sorta di Armageddon all’italiana ma senza la regia né tantomeno la scrittura o la recitazione che abbiamo potuto ammirare nel film del 1998 di Michael Bay. Innanzitutto qui non c’è collisione, si cerca di creare tensione intorno al presunto impatto di un meteorite con la terra per tutto il film e alla fine non succede niente.
Nessun dramma, nessun sacrificio, nessun dolore, niente stupore ma solo una parvenza di amore al quale si cerca di dare fluidità ma ogni rapporto è posticcio, messo lì a caso con i personaggi che non si incazzano mai per niente, che non si impauriscono per davvero e che si limitano solo a filosofeggiare marzullianamente intorno al senso della vita.
La sinossi si può riassumere in un unico sproloquio di due ore in un giorno d’estate quando un gruppo di cinquantenni, amici da tempo, si ritrovano a confessare i propri scheletri nell’armadio prima della fine. Il problema è che anche se le rispettive confessioni sono di per sé significative, sono le reazioni dei personaggi ad essere totalmente apatiche e fuori luogo. Nessuno di loro agisce per davvero e ogni affermazione è espressa come se stessero declamando la lista della spesa.
Una proiezione senza applausi
La proiezione stampa di L’ordine del tempo si è conclusa con zero applausi, il che vuol dire fiasco totale quando partecipi a un Festival come quello della Biennale Cinema di Venezia. D’altra parte il silenzio era l’unica reazione possibile a un film in cui di chiacchiere se ne sono fatte anche troppe.
È come se Liliana Cavani cercasse continuamente di ricordare al pubblico che l’amore è ciò che ci salverà, quella forza che trascende tempo e spazio. Questo concetto del tempo che non esiste nella misura in cui lo conosciamo noi, l’idea di una sincronicità degli eventi e della diversa dilatazione temporale, l’avevamo già vista in Interstellar di Christopher Nolan, ma anche lì espressa in modo nettamente superiore.
Si parla di fisica ma non abbastanza, si parla d’amore ma non lo si vede, si parla di morte ma anche quella è sfiorata appena, non c’è dramma. In un giorno in cui le emozioni dovrebbero essere a mille e durante il quale i vasi di Pandora aperti dovrebbero creare scompiglio come durante la cena di Perfetti sconosciuti, ciascuno abbozza con un sorriso e un’alzata di spalle.
Gli interpreti si sono fatti una giornata di vacanza
Il cast del film è sicuramente composto da bravi interpreti che però in questo caso hanno fatto il compitino. L’impressione che danno tutti, chi più chi meno, è quella di essersi fatti una vacanza e quindi hanno mantenuto un basso profilo. In certi momenti sembra perfino di vedere gli attori comportarsi normalmente, come se stessi e non come il personaggio.
Insomma dalla regia all’interpretazione questo film risulta pessimo, come se nessuno avesse voglia di lavorarci per davvero. Pertanto se è vero che il tempo non esiste e che è un concetto basato sulla sincronicità e la dilatazione e se è altrettanto vero che potenzialmente potremmo estinguerci come i dinosauri, perché impiegare due ore per guardare un film simile?