Ecco perché Indiana Jones ha raggiunto il picco con la sua primissima sequenza | Imbattibile
La saga di Indiana Jones ha fatto la storia del cinema, ma in quattro sequel non ha mai superato il valore della sequenza d’apertura.
Indiana Jones è una saga cinematografica che ha segnato la storia del cinema sotto tanti punti di vista. È stata fondamentale per il suo regista e produttore, Steven Spielberg, che nonostante nel 1980 avesse già diretto film come Duel, Lo squalo e 1941 – Fuga da Hollywood, non aveva una buona reputazione come produttore per via della sua incapacità a gestire i budget, che finivano sempre a lievitare oltre i gusti degli studios. È stata importante anche per Harrison Ford, che in quegli anni dava vita a un personaggio iconico dietro l’altro, da Han Solo a Rick Deckard.
In generale, la saga è stata importante per il cinema e per i suoi spettatori – sebbene, possiamo discutere, che ha confermato quel trend caratterizzato da azione ed intrattenimento che nacque dagli stessi Spielberg e Lucas (produttore nel primo Indiana Jones) e che ha segnato la fine della Nuova Hollywood. Talmente significativa che nei scorsi giorni è arrivato nelle sale Indiana Jones e il quadrante del destino, il quinto capitolo della serie che riporta Indy contro i suoi nemici storici, i nazisti. Ma per quanti sforzi abbia fatto negli anni, la sequenza iniziale de I predatori dell’arca perduta rimane il picco più alto raggiunto dalla saga.
Introduzione perfetta di tema, genere e personaggi
Dopo un pregevole cross-fade dal logo della Paramount Pictures ad una montagna peruviana ci ritroviamo in una giungla in compagnia di alcuni locali ed un misterioso uomo con una giacca di pelle ed un cappello fedora. La foresta pluviale è spaventosa, fra idoli minacciosi e dardi avvelenati, e uno dei due locali decide che ne ha abbastanza ed estrae silenziosamente un revolver, puntandolo alla schiena dell’uomo misterioso. In un secondo questo tira fuori una frusta e disarma il traditore, uscendo poi alla luce da sotto il suo fedora.
Questa messa in scena rivela già l’adorazione di Spielberg per il cinema classico hollywoodiano degli anni Quaranta e Cinquanta, quello dell’uomo capace ed in controllo di ogni situazione. Il reveal del volto di Indy è un classico reveal alla Humphrey Bogart, attore che non a caso era il protagonista di Il tesoro della Sierra Madre, film che più di qualsiasi altro ha ispirato le avventure di Indiana Jones.
Nel successivo tempio capiamo quanto Indiana sia un vero esperto: fra fosse mortali e stanze ricolme di trappole l’esploratore riesce ad arrivare all’idolo dorato, ma lì Spielberg (e Lawrence Kasdan, che ha scritto la sceneggiatura) ci mostra la fallibilità di Indy. L’errore nella valutazione del peso dell’idolo causa la caduta del masso rotondo, un’immagine davvero leggendaria citata in migliaia di altre istanze, da televisione a parchi a tema. L’idolo viene recuperato dal rivale Belloq ed Indy è costretto ad una tragicomica fuga durante la quale scopriamo anche della sua fobia per i serpenti.
La prima sequenza ha tutti gli elementi del film
Da questa prima sequenza possiamo già estrapolare tutti gli elementi che caratterizzano la prossima avventura di Indy, ovvero la ricerca dell’Arca dell’Alleanza. In questa missione Indy si scontrerà di nuovo con René Belloq, il quale lavora per i nazisti di Hitler, e nonostante la sua incredibile capacità di gestire ogni situazione per quanto avversa, Belloq trionferà di nuovo. Ora, per tutti quelli che credono che “Indy non ha impatto sulla storia”, considerate la sequenza dell’apertura dell’Arca.
Infatti un Indy che non ha passato ciò che ha passato durante il film non avrebbe mai deciso di chiudere gli occhi e rinunciare alla visione del contenuto del leggendario artefatto, bensì sarebbe morto come Belloq – che, potremmo ipotizzare, è morto terrorizzato ma non scontento. Ciò che ha fatto la differenza è stata ovviamente Marion, la vecchia fiamma che l’ha accompagnato nell’avventura e che ha fatto capire ad Indy che ci sono cose, anzi, persone, più importanti delle cose-oggetti. Indy non mette più il suo sé-esploratore al di sopra del suo sé-persona; il personaggio si è evoluto, e questo da senso alla storia.