Mazey Day: cosa non ha funzionato in questo episodio di Black Mirror
Black Mirror non è esente da episodi piuttosto deboli, ma Mazey Day non ha davvero funzionato; scopriamo perché.
Mazey Day è uno dei cinque episodi che costituiscono la sesta stagione di Black Mirror. Lo show satirico-distopico per la sua natura di serie antologica non può creare episodi che piacciano allo stesso modo – cosa che in realtà accade anche con gli show dalla narrazione lineare – e a volte commette qualche scivolone. Che si tratti di Playtest o della quinta stagione in generale, Black Mirror ha conosciuto dei momenti di debolezza.
Distribuita il 15 giugno su Netflix, Black Mirror Stagione 6 contiene cinque episodi che, come detto dal creatore Charlie Brooker, si distanziano dalla formula originale dello show e da quell’atmosfere tra il fantascientifico, il satirico ed il distopico. Mazey Day è l’episodio che incarna questo distaccamento ma, ahinoi, non in maniera positiva, ed è considerato da molti spettatori come il capitolo più debole dell’intera serie. Ma lo è davvero?
Mazey Day: ambientazione e genere
Distaccarsi dalla formula vincente non è necessariamente un errore, ma dimostra invece voglia di rinnovarsi e di non adagiarsi sugli allori. Mazey Day in questo senso è coraggioso, ma il risultato finale non riesce a stupire. L’episodio segue Bo (Zazie Beetz), un paparazzo che per via del suo lavoro ha causato il suicidio di un attore segretamente gay. Dopo un periodo di pausa, Bo torna a lavorare come paparazzo per immortalare l’attrice Mazey Day (Clara Rugaard), sparita da settimane dopo un incidente in Repubblica Ceca. La paga in caso di successo è molto alta e Bo si mette all’opera.
L’ambientazione è al 2006, anno in cui Internet e social network non avevano ancora affondato la professione di paparazzo. Quello che sembra partire come un episodio con delle vene thriller diventerà infine una specie di horror quando Bo ed il collega Hector (Danny Ramirez) scoprono che Mazey Day è stata morsa da un licantropo e trasformata in una bestia. Mazey-licantropo uccide svariate persone prima di tornare in sé e suicidarsi, tutto sotto l’occhio freddo e glaciale della macchina fotografica di Bo.
Il risultato finale è un’atmosfera mista, che sembra saltare da un genere all’altro in maniera non armoniosa e dunque poco soddisfacente. Ovviamente le tinte horror non si abbinano alla perfezione con Black Mirror – o con l’idea che negli anni abbiamo formato dello show – ma siamo certi che se l’episodio avesse funzionato meglio, non sarebbe stato un problema. Il difetto è nell’esecuzione, non nel concetto.
Mazey Day: tematiche e verdetto
Per quanto ci si possa distaccare, Black Mirror non sarebbe Black Mirror senza un commentario su tecnologie o media. In questo caso il medium messo sotto la lente di ingrandimento sono proprio i paparazzi e, più in generale, la comunicazione scandalistica che riguarda le celebrità. Mazey Day porta questo concetto così tanto all’estremo che sfocia nel fantasy, rivelando che il segreto di Mazey è la sua natura di licantropo.
Dopo il bagno di sangue finale c’è però un capovolgimento fra vittima e carnefice e, come nei migliori horror, la persona che detiene lo sguardo è quella che sopravvive – in questo caso, la macchina fotografica di Bo che immortala il suicidio di Mazey.
Vero è che l’impresa di Bo ha svelato un segreto che fa senz’altro comodo all’umanità – l’esistenza dei licantropi – ma la messa in scena non vuole di certo farla passare per un’eroina. Al contrario, il modo in cui l’agonizzante Mazey viene trattata manda un messaggio molto chiaro su ciò che Charlie Brooker pensa dei paparazzi e dell’instancabile ricerca della stampa scandalistica di entrare nella vita privata delle celebrità e gettare luce sui loro segreti più oscuri.