The Zone of Interest: un film disturbante e significativo in competizione a Cannes 2023
The Zone of Interest è il film diretto da Jonathan Glazer, liberamente ispirato al romanzo La zona di interesse di Martin Amis, scrittore scomparso proprio il 20 maggio.
Il film di Glazer, in competizione ufficiale alla 76° edizione del Film di Cannes è tra in migliori prodotti proposti quest’anno e racconta l’olocausto da un punto di vista originale. Gli ebrei in pratica non si vedono mai, ma si percepiscono e sentire la loro presenza in questo film è forse ancora più scioccante che vederli.
La storia, infatti, si concentra su una famiglia tedesca, quella di un comandante nazista di Auschwits Rudolf Höss e sua moglie Hedwig i quali vivono insieme ai figli in una casetta proprio accanto al campo di sterminio di Auschwits, in pratica l’inferno. Lo straniamento derivato dalla scelta di questo punto di vista sta nel fatto che la coppia di coniugi si comporta come una normale famiglia che aspira alla felicità.
Mentre vediamo i quadretti familiari di quella che si presenta come la famiglia perfetta, certi dettagli non sfuggono alla nostra attenzione, o per meglio dire alle nostre orecchie. Sentiamo gli spari, le grida e vediamo Hedwig provarsi una pelliccia, chiaramente strappata alla legittima proprietaria, provarla e frugarne le tasche.
Tali suggerimenti forse sono anche più agghiaccianti della visione diretta di tutto quel dolore. Nel film troviamo anche intermezzi girati in negativo nei quali vediamo una ragazza nascondere del cibo lungo un percorso, presumibilmente per aiutare gli ebrei. Queste immagini di solito vengono accompagnate dalla voce del protagonista che racconta una favola alla figlia, quasi fosse la voce narrante di una fiaba dei fratelli Grimm con gli ebrei come protagonisti. È la figlia stessa a sognare la favola di una sua alter ego che aiuta gli ebrei.
Dalle pagine di un libro alla pellicola
Il libro di Amis innanzitutto è un’opera significativa che ha offerto a Glazer un ottimo spunto per raccontare una delle pagine più nere della storia in modo originale. Anche se nel romanzo dal quale prende spunto il film il punto di vista è meno corale ed è quello della moglie del nazista, la quale per altro ha un amante di cui nel film non c’è traccia. Non è difficile credere che il comportamento dei nazisti fosse effettivamente così distaccato da non provare il minimo senso di colpa.
I protagonisti conducono la loro vita tranquillamente, un inferno patinato e pacifico (in apparenza), mentre accanto a loro si consuma il dramma più grande del secolo Novecento. È agghiacciante vedere le donne di casa scegliere tra gli indumenti strappati alle donne ebree o il capo famiglia ricevere donne come schiave sessuali e tutto fatto con grande naturalezza: la banalità del male come scrisse Hannah Arendt.
Sequenze disturbanti
Il film inizia a schermo grigio con un suono persistente e nient’altro. Ci saranno altri momenti nel corso del film in cui udito e sguardo saranno stimolati e a volte disturbati da suoni, luci e colori per diversi secondi, senza che (apparentemente) nulla accada.
Questo genere di stimoli visivi e uditivi rappresenta un’astrazione, evidentemente, del dolore e una piena rappresentazione del fastidio suscitato da certe situazioni. Il film picchia duro provocando lo spettatore in tutti i modi in cui è possibile e come in un film di Ari Aster la fotografia brillante, satura di colori, pulita, rivela il grande orrore dell’olocausto. Senz’altro, fin ora, il film di Glazer è un buon candidato alla Palma d’oro di quest’anno.