Il Perugino. Rinascimento immortale, è un docufilm diretto da Giovanni Piscaglia, su soggetto dello stesso Piscaglia con Marco Pisoni e Filippo Nicosia, e prodotto da Ballandi.
Il docufilm su uno dei pittori più importanti del suo tempo, Pietro Vannucci in arte “il Perugino”, arriva nelle sale italiane con Nexo Digital solo per tre date: il 3, 4, 5 aprile, in occasione dei 500 anni dalla morte dell’artista.
Rivendicandone l’importanza a discapito di ciò che il più grande biografo degli artisti Giorgio Vasari aveva detto di lui, il documentario ci dà un affresco della vita e della fortuna di Perugino a partire dai primi anni della sua carriera nella terra natia, la sua patria e culla, dove tornerà dopo essersi consacrato come uno dei più grandi: “Perché è nell’Umbria che affonda la verità di questo pittore, la radice della sua fortuna, e forse la causa del suo oblio”.
Il legame con la tua terra si scorge, oltre che dalla scelta del suo appellativo “Perugino”, anche dalle sue opere, dalle rappresentazioni dei paesaggi luminosi sulle sponde del lago Trasimeno. L’artista compie i suoi primi passi del suo percorso artistico da Castel della Pieve, per poi distaccarsi ed entrare di diritto in quei luoghi che sono la madre terra degli artisti dell’epoca come Roma e Firenze, entrando a contatto con veri e propri maestri, tra cui Andrea del Verrocchio, conoscendo personalità estremamente di spicco come Botticelli e Leonardo da Vinci.
Il suo percorso, come ci viene raccontato dalle parole di Marco Bocci, si interrompe a un certo punto, che coincide con le critiche del Vasari, il quale aveva gettato una cattiva luce intorno alla sua immagine e alle sue stesse opere. Lo considerava, infatti, un arrivista in cerca di lucro, che avrebbe accettato qualsiasi lavoro pur di guadagnare e, soprattutto, creatore di dipinti che riproponevano sempre le stesse immagini, incapace di eseguire opere originali al pari di altri che lo avevano superato. In particolare, gli artisti della nuova maniera, tra cui lo stesso Raffaello, avevano oscurato il prestigio del maestro, da cui indubbiamente avevano tratto ispirazione.
Con un sottofondo realizzato dall’alternarsi delle parole di Marco Bocci e quelle degli esperti che hanno preso parte al documentario – come il Direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria Marco Pierini, il Direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze Eike Schmidt, la professoressa di Storia dell’architettura presso l’Università di Firenze Emanuela Ferretti, il Geografo all’Università di Bologna Franco Farinelli, la storica dell’arte della Galleria Nazionale dell’Umbria Veruska Picchiarelli, lo storico Franco Cardini, il coreografo e ballerino Virgilio Sieni – le riprese si soffermano sui luoghi della sua Perugia, e all’interno della Galleria Nazionale dell’Umbria (raccontando il restauro di alcune delle sue opere) abbracciando luoghi in parti di Italia in cui sono esposte le sue opere.
Un docufilm che cattura l’interesse anche dei più profani, che non si intendono di storia dell’arte ma che sono affascinati dalla mano dell’uomo e da ciò che riesce a creare. Tuttavia, senza togliere autorevolezza alla figura di Marco Bocci, a parlare del Perugino probabilmente sarebbe stato sufficiente l’intervento degli esperti, sicuramente meno forzati e teatrali dell’attore.
Si percepisce l’intento di voler riprendere i colori dei dipinti del Perugino attraverso quelli del film, creando nel complesso un’armonia visiva in contrasto con riprese ripetitive, rese ancor più tediose da una musica incessante che avrebbe potuto, o dovuto, lasciar parlare i suoni della natura, il lago, il vento, le opere stesse.
Nonostante ciò non viene meno quello che probabilmente è l’intento del film: siamo messi di fronte all’abilità di un artista che da più famoso e richiesto nel ventennio tra il 1480 al 1500, pian piano ha visto spegnersi la sua aurea negli ultimi anni della sua vita, senza mai smettere però di fare ciò per cui era nato, con orgoglio e consapevolezza di essere uno dei migliori.
Perugino. Rinascimento immortale mette al centro la figura del Perugino e rivaluta il suo ruolo in un periodo e in un’epoca rosea dal punto di vista artistico, con le figure di artisti tra più importanti di tutti i tempi.
Concludendo attraverso le parole di John Ruskin citato da Bocci: “Nel Perugino semplicemente non c’è tenebra, qualsiasi colore risulta seducente e tutto lo spazio è luce, il mondo l’universo appare divino ogni tristezza rientra nell’armonia generale, ogni malinconia nella pace”.
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