Tra le serie Netflix meno riuscite senza dubbio si inserisce appieno la nuova polacca “La ragazza e il cosmonauta” del 2023 di Bartosz Prokopowicz.
Inserita nel genere fantascientifico probabilmente solo per l’ambientazione in un 2052 super moderno e il lancio nello spazio del protagonista non ha uno sviluppo di trama interessante, né un epilogo significativo e nulla di originale.
Un miscuglio assolutamente mal riuscito, non me ne vogliano Nolan, Matt Groening, e Michael Bay, di “Interstellar”, “Futurama” e ovviamente “Pearl Harbor”: nel 2022 il protagonista Niko Borowski (Jedrzej Hycnar) lascia Marta (Vanessa Aleksander) la donna di cui era innamorato per andare nello spazio, consapevole del rischio di non poterla più vedere ma con la promessa di tornare, resta accidentalmente ibernato per 30 anni e si risveglia in un futuro in cui la sua amata, nel frattempo, ha sposato il suo migliore amico (Bogdan), costruendo una famiglia con lui.
La storia che racconta il triangolo amoroso, quando i tre erano giovani nel 2022, non ci dà un’idea chiara della scansione temporale in cui avvengono i fatti, intervallando presente e passato senza una linea di confine abbastanza definita: i tre possono aver passato insieme 2 mesi come 2 settimane, nessuno se ne accorge.
Solo che in entrambi i casi sembra inverosimile l’immenso amore tra Niko e Marta la quale, rivedendolo dopo 30 anni non ha nessun dubbio rispetto al fatto che sia lui quello che ha sempre voluto, buttando tutti gli anni passati con Bogdan.
L’unica cosa affrontata con linearità è il rapporto odi et amo tra Niko e Bogdan, geloso dell’amico perché sempre in testa rispetto a lui, così che decide di rinunciare al suo sogno di andare nello spazio per restare sulla terra con Marta, con la speranza di conquistare almeno lei.
E si arriva al finale raccapricciante in cui la donna cammina verso il mare con una ripresa dall’alto per creare non so bene quale effetto, per poi giungere alla fine del ponte e capire con voce fuori campo che lei aveva scelto sé stessa: si commenta da solo.
Il tutto condito da storielle senza spessore che costituiscono causa e movente: Nadia scienziata malata di SLA, per cui si scopre che il motivo della partenza del pilota non era una missione spaziale ma un esperimento genetico finalizzato a salvarla;
i federali intenti a cercare Nico per ucciderlo supponendo sveli i loro segreti; e quelle di contorno che vedono la sorella del protagonista in una relazione con il violento padre di Bogdan o quest’ultimo malato nel presente.
Sei episodi di quaranta minuti ciascuno, fatti di dialoghi mediocri, noiosi, degni della webserie di Lory del Santo, e di personaggi che ricordano quelli di The Sims.
Non c’è nessun segno di pathos, nessun tipo di coinvolgimento, l’unica cosa che resta da fare è aspettare impazientemente che finisca perché tanto se c’era un minimo di mistero è già stato svelato all’inizio e neanche ce ne siamo accorti.
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