Il ladro di giorni, l’innocenza diventa un’arma più pericolosa di una pistola | Recensione
Il ladro di giorni è un film del 2019 diretto da Guido Lombardi, scrittore dell’omonimo romanzo, uscito nello stesso anno da Feltrinelli.
In un paesino vicino al mare in Puglia, Salvo e suo padre Vincenzo (Riccardo Scamarcio) vanno sugli scogli a fare un tuffo. Improvvisamente appaiono due signori che si portano via Vincenzo, sotto gli occhi del figlio che non lo vedrà ritornare.
Passati sette anni, Salvo ha undici anni e vive in Trentino dagli zii, dopo che, in seguito all’arresto del padre, la madre è venuta a mancare. Il giorno della sua comunione Vincenzo irrompe nella sua vita e lo porta con sé in Puglia per quattro giorni, contro la sua volontà.
Durante il percorso i due iniziano realmente a conoscersi, è Salvo a scoprire i lati oscuri del padre, trafficante di droga aveva deciso di portare il figlio con sé per un nuovo scambio, perché “un bambino è meglio di una pistola”.
Tra i tentativi di fuga del giovane e i momenti di complicità tra i due, i giorni scorrono rapidamente, finché Salvo si ritrova a essere quasi una spalla per il padre, riuscendo a toglierlo dai guai e a facilitare l’impresa.
Oltre al carico di cocaina che doveva trasportare, si scopre che Vincenzo è alla ricerca di un professore di un liceo artistico, il responsabile dell’arresto suo e della sua banda – il professore era un prestanome a cui erano intestate le varie attività fittizie della banda di Vincenzo e che la banda utilizzava per nascondere beni rubati.
Giunti in Puglia, Vincenzo e Salvo riescono a trovare la donna ritratta in tutti i quadri dell’uomo, che li conduce, alla fine del film, sulla via del professore.
Inseguito per le vie bianche e desolate, il professore è costretto a fermarsi e si troverà a spiegare che, in realtà, si era trattato di un malinteso: la macchina con il carico di cocaina che i tre amici avevano lasciato presso la sua abitazione era stata spostata dalla donna modella dei suoi quadri, che voleva semplicemente fare un giro; così il giorno dopo la macchina era stata ritrovata dalla polizia sotto la casa della donna.
Vincenzo, scoperta la vera ragione del suo arresto, decide di risparmiare l’uomo andando verso il figlio, abbandonando, troppo tardi però, la sete di vendetta.
Il ladro di giorni può essere visto come un racconto di formazione che ha al centro un bambino che si interfaccia con una realtà adulta fatta di droga e pistole. Dalle prime titubanze, infatti, Salvo si dimostra in grado di venir meno alle paure di un bambino di quell’età, affrontando tutti gli ostacoli con una furbizia che spesso supera quella del padre.
Lo avevamo visto a scuola, meritarsi il premio come bambino più bravo della classe, ma a farlo crescere davvero, a farlo sentire davvero grande, maturo, è l’esperienza di vita “vera” con il padre.
L’innocenza associata alla figura del bambino diventa allora un’arma più potente della pistola, un’arma che Salvo capisce di poter sfruttare a suo vantaggio, e a quello del padre, molto presto.
Le due realtà, infantile e adulta, sembrano incrociarsi e scindersi nel corso della storia e ciò emerge emblematicamente negli episodi in cui Salvo, ogni volta che deve fare la pipì e si sporca (che rimanda al mondo infantile), scopre qualcosa di cupo prettamente legato al mondo adulto – le vere intenzioni del padre nel primo caso, la cocaina nascosta in macchina nel secondo.
Vincenzo, seppur trascini il figlio nelle sue attività, egoisticamente per riprendersi i suoi giorni, cerca di tenerlo “all’oscuro”, lasciandolo in macchina il più delle volte, intimandogli di non guardare e star lontano, raccontandogli bugie per il suo bene, o dandogli la pistola in mano con l’avvertimento di “non prenderci gusto”, perché se inizi a sparare non smetti più.
Come se il male avesse un lato seducente, che Salvo forse aveva intravisto, ma che, a quanto ne sappiamo, riuscirà a evitare una volta sparito dalla sua vita.
Il rapporto tra i due protagonisti ha un che di struggente e tenero, quasi da non riuscire a odiare Vincenzo, che sembra faccia tutto in maniera così naturale da non distinguere il bene dal male, come se vendicare “i giorni che gli son stati strappati” fosse l’unica cosa sensata da fare.
Nessuno prova un senso di fastidio nel vederlo inseguire il professore, ma restiamo, invece, delusi dalla sua morte, perché da un lato questa coppia criminale ci divertiva e ci piaceva.
Alla fine vien fuori quello che avevamo tralasciato: Salvo, compiuta la sua formazione ha capito che si cresce nel momento in cui ci si assume le proprie responsabilità: “per crescere la devi smettere di dare la colpa agli altri per le cose brutte che ti capitano, e che il vero ladro di giorni era lui, Vincenzo”.