Junji Ito, mangaka e sceneggiatore giapponese, è uno dei maestri moderni dell’orrore, titolo guadagnato di diritto con le sue opere manga. Opere trasposte nell’anime Junji Ito Maniacs, da poco disponibile su Netflix, in cui alcune tra le sue migliori storie vengono riadattate. Non senza però qualche sbavatura.
Le storie dell’orrore trasposte nell’anime sono diverse, 20 storie per un totale di 12 episodi, e possono soddisfare davvero tutti i gusti. L’aspetto più positivo della serie è infatti sicuramente quello di spaziare dal comico al macabro, dall’orrore psicologico a quello più classico.
È questa in fondo una delle caratteristiche che hanno reso famoso l’autore giapponese, una scrittura poliedrica che permette a chi legge (o in questo caso vede) le diverse storie del maestro dell’orrore.
Questo e la sua abilità nel rappresentare al meglio l’orrore sotto forma dei suoi disegni. Personaggi spesso dall’aspetto grottesco risaltano in mezzo alla normalità sfruttando una sensazione di straniamento e in un certo senso di nausea, non rinunciando delle volte a del body horror per provocare una sensazione di spavento.
Junji Ito Maniac: Japanese Tales of the macabre, questo il titolo originale, ha però un difetto principale: la durata dei singoli episodi. Tutti di circa venti minuti gli episodi danno poco spazio alla narrazione delle opere originali, le quali hanno bisogno del loro tempo per creare il giusto pathos con cui giungere allo spavento e alla paura. Tempo però che nella serie non è disponibile.
Succede così che storie di pagine e pagine, se non di interi volumi, vengano compresse in pochi minuti cercando di creare una narrazione saliente delle opere originali ottenendo però così un effetto negativo.
Episodi narrati di fretta, alla semplice ricerca dello spavento, e del singolo momento di paura sacrificando la narrazione e la costruzione del momento che hanno contribuito a rendere famose le opere originali.
Aspetto sorprendete della serie è la decisione degli autori di non rivelare il finale, o di suggerirlo soltanto, lasciando così parte del lavoro allo spettatore. Una scelta che funziona a volte ma a volte no, a seconda della storia.
Se infatti in alcune storie l’assenza di finale può spingere l’immaginazione dello spettatore e prolungarne l’angoscia altre volte risulta frustante, troncando la storia proprio quando questa inizia ad ingranare se non dando la sensazione di qualcosa di incompiuto e lasciato a metà.
In definitiva questa trasposizione delle opere di Junji Ito convince poco, concentrandosi sul succo delle sue opere ma dimenticandosi tutto il resto e lasciando allo spettatore ben poco. Episodi e storie che filano e non riescono ad avere mordente, causa la poca abilità nel centrare il punto e riuscire a spaventare e lasciare qualcosa a chi la guarda.
Una serie però che può sicuramente servire come primo approccio alle storie del mangaka Junji Ito, un punto di inizio ideale verso le sue opere.
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