Pamela, a love story: nel documentario Netflix la Anderson si mostra nuda e cruda a noi | Recensione
Netflix ha rilasciato un documentario su una delle donne più famose del pianeta, Pamela Anderson, spogliata dalla sua immagine di bambola sexy… finalmente.
Pamela Anderson si è riappropriata della sua immagine con una narrazione veritiera che la mostra umana, vulnerabile e sincera, un ruolo che le è stato da sempre negato. In Pamela, a Love Story, una nuova produzione Netflix, scopriamo una versione inedita della bionda più sexy degli ultimi 30 anni.
Di lei riconosciamo subito gli iconici capelli biondo platino, anzi no, scandinavo, come la tinta che compra al supermercato e ha imparato a farsi da sola, per il resto sembra una bellissima donna comune apparentemente irriconoscibile, completamente struccata, con abiti sempre candidi e comodi, è radiosa nel suo essere finalmente tornata tra noi mortali.
La Anderson ci accompagna mano nella mano nella sua vita grazie alla ‘mania’ acquisita nel tempo di custodire e archiviare ogni momento, così vediamo parti di nastri VHS, filmati Hi8, DVD, dozzine di quaderni scritti a mano con una calligrafia davvero unica, forse un po’ infantile, molto grande e arrotondata.
Nel documentario, Pamela in prima persona racconta tutti i suoi 55 anni, dalla difficile infanzia vissuta nella piccola città sull’isola di Ladysmith, vicino a Vancouver, a come è stata scoperta da un talent scout della birra Labatt durante una partita di football, quasi una metamorfosi alla Norma Jeane in Marilyn dove la persona non ha nulla a che vedere con il personaggio.
Fino ad arrivare alla copertina di Playboy che l’ha lanciata nel mondo dello showbiz e al suo ruolo televisivo più importante, la bionda atomica di Baywatch che l’ha definitivamente consacrata a donna più famosa e sexy del mondo.
Ovviamente sin dalle prime immagini del documentario una figura rimane sempre presente, l’ex marito Tommy Lee, si sente ancora pulsare un’amore forte, quella passione che aveva riempito le pagine dei giornali scandalistici negli anni ’90.
Lo stesso amore che è stato privato violentemente della sua privacy dopo il furto della videocassetta bollente e la conseguente diffusione a livello mondiale, che ha letteralmente devastato la sua vita e la carriera, forse non era un’attrice da Oscar, ma sicuramente avrebbe meritato di più dell’essere ridicolizzata proprio dallo stesso mondo che la bramava (quasi in modo disgustoso).
In questo ritratto dolce, amichevole e sincero, Pamela Anderson appare genuina e simpatica, ma vediamo anche e la misoginia esagerata che ha dovuto affrontare da parte di liberali e giornalisti satirici durante la lunga fine della sua carriera, nuovamente siamo messi di fronte a una narrazione tossica del tempo che strumentalizzava la donna per compiacere e compiacersi con tanto di approvazione del pubblico.
Durante la chiacchierata la Anderson fa alcune riflessioni ironiche e argute sul mondo dei media insieme ai due figli che a volte risultano esageratamente protettivi e affettuosi, così viviamo la vita dietro le pagine patinate, il matrimonio sulla spiaggia con Lee, dopo averlo conosciuto da soli quattro giorni.
La fatidica luna di miele che ha portato al video scabroso (ma legittimo e privato) rubato in un caso ancora irrisolto che alla donna è costato l’umiliazione pubblica e il lasciapassare da parte di presentatori e stampa di riversarle addosso la morbosità viscida e tossica di poterla trattare come merce, oggettificandola in ogni occasione con commenti e domande sgradevoli come a voler convertire la lussuria in odio.
Pamela Anderson ha dovuto affrontare veri e propri abusi in quasi tutte le fasi della sua vita, la credete pazze? È molto più stabile e equilibrata di tante altre persone che non hanno subito nemmeno un granello di quello che ha dovuto affrontare lei, lasciamole quella dolce follia forse di un’adolescenza innocente di cui è stata privata.
Alla fine del documentario di Ryan White ci troviamo nel presente e Pamela viene scritturata per uno dei ruoli più iconici dei musical di Broadway, la Roxy Hart di Chicago, ed è una meraviglia, canta, balla, recita, si diverte e fa divertire il pubblico che ha finalmente ha smesso di ridere di lei e ha iniziato a ridere con lei, perché Pamela è certo bellissima ma anche ironica e una professionista che nella sua vita ha sempre lavorato duramente.
Non è mai stata una bambola da appoggiare da qualche parte solo per bellezza, ruolo in cui molti hanno cercato di ingabbiarla, forse la narrazione di quegli anni non era pronta a capirlo (mostrandoci ancora una volta quanto fosse retrograda e impolverata), ancora adesso facciamo fatica a credere che una donna di bell’aspetto possa anche essere brava, intelligente, capace. Ma in Pamela, a love story la Andreson ha la sua meritata redenzione.