Babylon nel dettaglio: Mae Abdulbaki racconta Babylon di Damien Chazelle
Il nuovo film del premio oscar Damien Chazelle, regista, tra gli altri, dei bellissimi La la land e Whiplash, ha avuto un’accoglienza decisamente non omogenea, che oscilla tra chi lo considera un capolavoro, e chi un flop.
Un omaggio al cinema che racconta Hollywood dagli anni 20 ai 50, mettendola a nudo, attraverso le vicende degli incasinati protagonisti. A partire dal finale, il contributo della critica cinematografica Mae Abdulbaki, quanto meno, aiuta a vederci un po’ più chiaro.
Manuel Torres torna, dopo aver abbandonato Los Angeles, sul suo vecchio posto di lavoro e si ritrova in un cinema a guardare Cantando sotto la pioggia. Guardando lo schermo, si emoziona vedendo come il meraviglioso mondo a cui aveva appartenuto non si era fermato, realizzando che tutto ciò che aveva fatto non era stato vano.
Lo spettatore sarà contento di vedere che Manny ha una nuova vita, con una nuova famiglia e un lavoro, lontano dai guai e da Nellie.
Avevamo poi visto Nellie svanire in un vicolo buio, mentre il suo corpo sarebbe stato ritrovato poco dopo, e Jack Conrad togliersi la vita. Sidney Palmer torna a suonare nei club con una jazz band, abbandonando la carriera da attore.
Dunque, Hollywood entra in una nuova era, dopo il passaggio al sonoro, e si evolve lasciando indietro i nostri personaggi.
Le domande che assillano i pensieri di uno spettatore attento, hanno inizio, indubbiamente, a partire da Nellie: perché decide di andare via dopo aver accettato di sposare Manny?
La risposta sembra semplice: i suoi debiti di gioco. Nellie LaRoy temeva che il gangster James McKay di Tobey Maguire non avrebbe mai smesso di cercarla, mentre per Manny c’era speranza.
Inoltre, probabilmente spinta dal senso di colpa per aver trascinato Manny nei suoi problemi, decide di salvarlo andando via. Nellie così, libera Manny da Hollywood, incapace di fare lo stesso per se stessa, perché, in realtà, non sarebbe mai riuscita a rinunciare al suo sogno che ora finalmente era realtà. Purtroppo però, era la stessa realtà che l’aveva divorata e dalla quale, infine, si fa inghiottire.
Cosa c’era tra Nellie e Lady Fay?
L’allusione alla relazione tra le due donne, dopo il bacio durante l’incidente del serpente, non viene approfondita nel corso del film: solo una rubrica di gossip suggerisce che Nellie e Lady Fay Zhu si siano effettivamente messe insieme.
Ciò che porta alla rottura, apparentemente, sarebbe la reputazione di Nellie, che non poteva essere intaccata per la relazione con una donna. Inoltre, Lady Fay viene licenziata dal suo lavoro di sceneggiatrice, allontanandosi dall’industria cinematografica e dalla vita di Nellie.
Questo accanimento e avversione fastidiosa nei confronti della relazione tra le due, rivela quanto fosse importante l’apparenza e l’immagine nell’Hollywood di quei tempi.
Perché Manny torna a Los Angeles?
Manny decide di portare la sua famiglia sul vecchio posto di lavoro, mostrando il mondo in cui si era fatto strada, ripercorrendo i ricordi e lasciandosene sovrastare alla fine.
Trascorsi così tanti anni dall’ultima volta Manny si sentiva sicuro di tornare, perché ormai il suo nome non era più da nessuna parte, così nessuna minaccia del gangster che lo aveva tagliato fuori.
Sappiamo di Jack Conrad che era arrivato al punto cruciale della sua carriera: da star del cinema muto amata e di successo, ad attore fallito e di film di serie B.
L’unica via di uscita da un miserabile declino resta allora una pistola. Jack ci conduce nella sua deriva, facendoci assistere alla sua decisione in modo quasi imparziale, attraverso la porta socchiusa della stanza.
Sidney Palmer torna a suonare in una jazz band, espandendosi oltre i club di Los Angeles, ritrovando la serenità dopo aver constatato che il suo prezzo per il successo era snaturarsi ed entrare in una parte in cui non si è mai riconosciuto appieno.
La sua carriera non si arresta, e la sua influenza nell’ambito cinematografico non si è estinta, ma avrebbe iniziato la generazione successiva di trombettisti jazz a suonare nei film.
Babylon, capolavoro o flop, a parere di Mae è una dichiarazione d’amore al cinema da parte di un regista che guarda in faccia la fine della propria influenza a Hollywood, che nonostante le sue “oscurità” conserva un patrimonio di bellezza e genialità: dal muto al sonoro, dal bianco e nero al colore.
Un’evoluzione necessaria e spesso difficile da gestire, soprattutto dagli attori, come abbiamo visto nel film, veterani di un’altra dimensione senza suoni, ridicoli e disprezzati nella nuova.
Quello che Chazelle vuole dire è che “tutto può cambiare in un istante e nessuno è al sicuro in un’industria in continua evoluzione”. Nonostante ciò, il cinema non smetterà mai di sorprendere, epoca dopo epoca, generazione dopo generazione e, “come forma d’arte rimane inalterato”.