Il film norvegese Narvik, diretto da Erik Skjoldbjaerg, è un altro racconto della Seconda Guerra Mondiale sul grande schermo, stavolta vista con gli occhi dei norvegesi che per primi riuscirono a sconfiggere Hitler, seppur per pochi giorni.
La Seconda Guerra Mondiale è un argomento caro alla storia del cinema ed in Narvik ne viene raccontato un evento particolare. La Germania di Hitler diede inizio al conflitto nel 1939 e cominciò a macinare vittorie su tutti i fronti, sembrando apparentemente indistruttibile.
Narvik è invece il nome della piccola città nel nord della Norvegia in cui i nazisti conobbero la loro prima sconfitta, alle soglie dell’estate del 1940. Il contesto della Battaglia di Narvik è il terzo protagonista che accompagna i nostri Gunnar (Carl Martin Eggsbø) ed Ingrid (Kristine Hartgen), lui soldato norvegese, lei cameriera poliglotta.
Il rapporto fra Gunnar ed Ingrid, sposati e con un figlio, viene messo a dura prova dal gioco di forze che fanno di Narvik un punto di interesse per la Germania: la città sorge infatti vicino una miniera di ferro utile ai tedeschi per la fabbricazione di armatura.
I coniugi vengono divisi dalla guerra. Gunnar combatte l’invasione tedesca di Narvik, mentre Ingrid rimane in città per badare al piccolo Ole. Il suo ruolo a Narvik diventa fondamentale: fluente in tedesco ed inglese, lavorerà come interprete per i due consoli Wussow e Ross.
Le loro storie comporteranno delle scelte. Ingrid in particolare verrà messa sotto molta pressione quando una granata inglese ferisce gravemente Ole, che non può essere medicato perché l’infermeria è stracolma di soldati nazisti.
Purtroppo la caratterizzazione non va molto oltre di quanto detto. I percorsi dei personaggi sono piuttosto prevedibili e di conseguenza poco coinvolgenti. Sono forse più interessanti gli altri personaggi minori e le loro reazioni a quanto accade, simbolo dell’orgoglio norvegese di fronte all’invasione.
Questo è ripreso nel discorso del Maggiore Omdal (Henrik Mestad) del terzo atto, dove incita i soldati al sacrificio massimo per il bene della Norvegia.
Come pubblico non siamo affatto vergini di storie sulla Seconda Guerra Mondiale. Uno degli eventi più decisivi della storia dell’uomo non può non attirare l’interesse di scrittori, registi, produttori e spettatori. Ma quanto bisogno si sente di queste nuove storie?
L’aspetto più intrigante di Narvik sta proprio nel suo punto di vista, quello di un Paese “secondario” rispetto ai grandi attori del conflitto, e che proprio per questo può offrire spunti unici ed originali.
C’è bisogno però che il punto di vista in questione scavi più a fondo nei sentimenti e nelle paure del popolo, per evitare una ripetizione dello stesso tema: l’orrore della guerra, la perdita della speranza, il sacrificio. E Narvik non ci riesce appieno.
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