Babylon, ultimo film scritto e diretto da Damien Chazelle, è uno stravagante omaggio al cinema sullo sfondo di una “cruda e quasi veritiera” Hollywood dagli anni 20 ai 50.
Nella Hollywood degli anni 20 un giovane messicano, Manuel Torres (Diego Calva), lavora per le major cinematografiche come tuttofare. Durante una festa di celebrità, Manuel incontra Nellie LaRoy (Margot Robbie), una ragazza tossicodipendente che irrompe nella sua vita e di cui si innamora immediatamente.
Da quel momento in poi le vite di entrambi saranno destinate a cambiare. I due sognano di diventare qualcuno nel mondo del cinema, “di far parte di qualcosa di più grande” perché “la vita reale fa schifo” mentre attraverso i film evadi, conosci posti nuovi, vivi la vita di altre persone. Nei film non puoi morire, vivi in eterno, e così il tuo nome se ne fa parte.
Per una serie di fortunati casi Manuel riesce a salire di livello sempre di più, accanto alla star più acclamata Jack Conrad (Brad Pitt), lavorando finalmente sul set, fino a diventare produttore esecutivo, lanciando nuove stelle del cinema, come il trombettista Sidney Palmer.
Nel frattempo, anche LaRoy, chiamata a recitare la parte che spettava a un’altra attrice finita in overdose la sera della festa, riesce a dominare gli schermi e ad essere acclamata come una star.
Anche per Jack le cose vanno nel verso giusto, è l’attore più richiesto e amato del tempo, fino al momento cruciale dell’avvento del sonoro. “Sta per cambiare tutto” esclama Manuel al telefono con Jack durante l’uscita nelle sale di The Jazz Singer (di Alain Crosland) nell’ottobre del 1927, che convenzionalmente segna la nascita del cinema sonoro.
Il legame tra le immagini e il suono costituisce una vera e propria rivoluzione estetica, e si ripercuote sull’andamento del film di Chazelle, così come ha avuto ripercussioni nella realtà.
Da una trama che volgeva quasi in commedia tutto si rovescia e inizia a declinare: l’avvento del sonoro porta diversi attori a perdere la loro gloria e fama perché l’uso della voce comporta maggiori difficoltà.
Così LaRoy inizia ad essere criticata come attricetta senza valore, brava solo a spogliarsi, poco fine e con una voce stridula; Jack perde il suo charme, la sua aurea da divo amato da tutti e inseguito dalle donne, diventando ridicolo agli occhi della gente che ride di lui, finché deciderà di porre fine a tutto, lasciando il suo ricordo solo sugli schermi.
Manuel troppo preso da LaRoy per godersi il suo meritato successo continua a farsi trascinare dalla donna con i suoi problemi, tra gli altri, di gioco. Dovendo ottantacinquemila dollari a dei soggetti poco raccomandabili, Manuel decide di farsi aiutare dal Conte (un uomo che forniva droga sul set) che mette nella valigetta i soldi falsi della scenografia di un film.
Così Manuel e il Conte che vengono accolti da due gangster e vengono portati in un bunker deprimente e inquietante, per far conoscere a Manuel una “nuova star”, un uomo che ingoia topi vivi. Tuttavia nel lanciare i soldi durante l’esibizione, il boss scopre l’inghippo.
Manuel e il Conte riescono a fuggire e, presi dalla disperazione decidono di scappare. Nel frattempo, Manuel chiede a Nellie di sposarlo e intenti a partire per il Messico, si fermano a casa del Conte per portarlo con loro.
Però, Nellie attende fuori, scende dalla macchina e si avvia verso un vicolo buio scomparendo dallo schermo con la stessa facilità con cui vi era entrata. Il Conte e Manuel vengono sorpresi in casa dell’uomo da un sicario che uccide il Conte mentre lascia andare via Manuel, intimandogli di lasciare Los Angeles. Manuel corre fuori cercando Nellie, ma non trovandola fugge via.
È il 1952, Manuel ha una nuova famiglia e decide di tornare sul vecchio posto di lavoro. Si ferma a vedere un film, Cantando sotto la pioggia.
Guardando le immagini Manuel è in lacrime, ricordando Salvatore alla fine di Nuovo cinema paradiso, ma circondato da persone che guardano sognanti, commossi, felici o ridendo lo schermo, trascinati da quella scatola magica che, non importa quanto tempo passi, quante cose cambiano ma continua a trasmettere emozioni.
Così il finale riporta una sorta di pellicola che ripercorre frame del film stesso, e si estende dai primi film iconici da Griffith alle avanguardie, dal cinema dell’età dell’oro di Hollywood alla nuova Hollywood, ai nostri tempi.
L’attenzione al sonoro è dirompente a livello di produzione vera e propria sul set, in cui si passa da uno scenario caotico e rumoroso, incontrollato con più scene in un unica location durante la realizzazione del film muto, al silenzio rigoroso e a tratti snervante per la realizzazione del film sonoro.
Una fotografia magnifica che spesso, tuttavia, contorna scene che convincono poco, quasi forzate e che forse rappresentano un’esagerazione quasi voluta e ricercata.
L’episodio di Nellie con il serpente, o l’incontro con i gangster rompono un po’ lo schema del film “classico”, risultando tuttalpiù inquietanti o ridondanti, lasciandoti davanti allo schermo a chiederti il perché di quanto appena visto.
Una stravaganza un po’ alla Tarantino, ma forse è esattamente questo l’intento: scioccare il pubblico, mostrare la cruda realtà e tutto ciò che di oscuro c’era dietro Hollywood. Rivelarne i peccati e le follie, le feste orgiastiche e la droga, l’ipocrisia della gente e la vera faccia dietro le apparenza.
Senza dimenticare però la bellezza di questa arte, con riprese che iconicamente richiamano colui che ha fornito un’alternativa estetica al cinema classico: Orson Welles in Quarto potere. E poi si va dai riferimenti più evidenti, quelli al film Cantando sotto la pioggia, al “Rossella francamente me ne strasbatto i coglioni!….” la battuta originale non censurata, che Jack propone sul set di un suo film, 10 anni prima che uscisse Via col Vento.
Un omaggio al cinema che ricorda come la settima arte è da sempre stata al nostro fianco, come un regista mette in scena un’opera senza dimenticare da dove viene, quello che c’è stato e che continua a essere un cardine da seguire.
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