Il mondo perde un’altro grande campione, Gianluca Vialli è deceduto oggi all’ospedale di Londra dove si trovava ricoverato da ormai la metà di dicembre e le sue condizione di salute continuavano a peggiorare. Ma di cosa è morto l’ex calciatore?
Gianluca Vialli si è spento oggi all’età di 58 anni dopo aver combattuto con tutte le sue forze un tremendo tumore al pancreas, diagnosticato nel 2017 che, alla fine, non gli ha lasciato scampo. L’ex attaccante lombardo di Cremonese, Sampdoria, Juventus e Chelsea in questi anni ha dovuto lasciare lo staff azzurro di Mancini proprio per iniziare la sua difficile battaglia contro il tumore.
La conferma ufficiale è che Gianluca Vialli è morto a causa dell’aggravasi del cancro al pancreas, un melanoma che in pochissime occasioni lascia scampo, poiché il pancreas è un organo ghiandolare situato in profondità nell’addome, esattamente tra lo stomaco e la colonna vertebrale protraendosi fin verso la milza nella parte più sottile.
Essendo un organo che produce diversi ormoni fondamentali, come l’insulina e il glucagone, capaci di regolare i livelli di zuccheri nel sangue, oltre a diversi enzimi, come la tripsina che arriva fino all’intestino contribuendo alla digestione e all’assorbimento dei nutrienti il malfunzionamento porta delle conseguenze devastanti per il corpo umano.
Il grandissimo problema legato al tumore al pancreas è che si manifesta, in molti casi, quando ormai lo stadio è troppo avanzato per poter operare o arrestata la sua tremenda corsa, quello che produce come effetto è il moltiplicarsi di alcune cellule al suo interno senza controllo soprattutto all’interno della testa o del collo del pancreas (75%), poi nel corpo (15-20%) e nella coda (5-10%).
Soltanto nel 2020 è stato stimato che oltre 14 mila persone hanno dovuto fare i conti con questa diagnosi, solo in Italia, le persone che hanno un rischio più elevato sono quelle con un’età compresa tra i 50 e gli 80 anni, un dato che purtroppo non stupisce, ma che dovrebbe far riflettere è che i dati più elevati sono riscontrati nei fumatori.
Come detto in precedenza, uno dei fattori peggiori di questo tipo di cancro è che nelle sue fasi iniziali non da nessun sintomo particolare che possa accendere un campanello d’allarme, inoltre, se qualche sintomo dovesse presentarsi, inizialmente risulterebbe troppo vago per poter fare una diagnosi di questo tipo, tanto da non essere riconosciuto non solo dal paziente, ma nemmeno dal medico, se non per un fortuito controllo mirato. Proprio per questa ragione la diagnosi del tumore al pancreas per tempo è davvero difficile.
I sintomi più evidenti e che possono accendere un allarme compaiono quando il tumore inizia a diffondersi negli organi più vicini, e comunque possono variare a seconda della posizione in cui si trova nel pancreas. Tra i sintomi più comuni è stato riscontrato il blocco dei dotti biliari che provocano inappetenza, perdita importante id peso, ittero (ovvero la colorazione gialla di occhi e palpebre), dolore alla schiena e alla parte superiore dell’addome, nausea e vomito.
Tra gli esami più moderni per la diagnosi del tumore al pancreas c’è la omografia computerizzata, spirale o elicoidale, questo metodo è in grado di rilevare la presenza del tumore nell’organo e l’eventuale diffusione ai linfonodi, al fegato e ai dotti biliari.
Un altro esame essenziale è l’ecografia all’addome, sia esterno sia interno la procedura è quella endoscopica attraverso lo stomaco e il duodeno. Se da questi esami dovesse risultare subito qualche anomalia sarà in seguito il medico a prendere immediatamente le dovute precauzioni con ulteriori esami di approfondimento.
È per questa ragione che una costante e attiva prevenzione è l’unica arma davvero efficace per poter scongiurare di scoprire un tumore di questo tipo per tempo, prima che sia troppo tardi, perché purtroppo si tratta di un male silenzioso che nel tempo lavora dentro il corpo senza manifestare la sua presenza.
La prevenzione è l’unica soluzione, secondo i dati dell’AIRC, il 20% di persone a cui viene diagnosticato il tumore al pancreas precocemente, quando è ancora localizzato, ha potuto accedere all’operazione chirurgica per la rimozione, una misura estrema ma necessaria con un rischio di mortalità fino al 10%.
A oggi il tumore al pancreas è considerato uno dei più letali, la Fondazione Umberto Veronesi afferma che tre quarti dei malati andrebbe incontro a morte certa entro un anno dalla diagnosi e a 5 anni da quando la malattia viene scoperta, con una percentuale impressionante di 8 vivi su 100 paziente.
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