La quinta stagione di The Crown è in definitiva una disamina ben fatta e ben recitata della storia recente, anche se in difficoltà per quanto riguarda il suo focus e soprattutto il ritmo.
Alla fine del 2020, la quarta stagione di The Crown, il dramma di prestigio di Netflix, ha raggiunto un nuovo livello di popolarità grazie all’introduzione di un paio di personaggi britannici di rilievo e all’inizio del confronto con l’era moderna.
Ora The Crown entra in una nuova e più controversa epoca con la quinta stagione, e dire che le aspettative erano alte potrebbe essere un eufemismo. È già stato detto molto sulle ultime due stagioni di questa serie, scatenando nuovi dibattiti sul suo approccio romanzato alla famiglia reale.
Nonostante tutto il clamore suscitato in precedenza, i nuovi episodi non sono così scandalosi come ci era stato fatto credere, anche se non mancano i momenti che potrebbero far sollevare qualche sopracciglio. La quinta stagione di The Crown è in definitiva una disamina ben fatta e ben recitata della storia più recente, anche se in difficoltà per quanto riguarda focus e ritmo.
La quinta stagione inizia non con il nuovo cast, ma con un gradito ritorno di un interprete, la cui presenza ricorda agli spettatori quanta strada ha fatto lo show come serie televisiva e come racconto storico. Si salta agli anni ’90, quando la regina Elisabetta II (Imelda Staunton) deve affrontare il crescente malcontento nei confronti della monarchia e la rottura dei matrimoni dei suoi figli.
La questione più importante è la famigerata relazione tra il Principe Carlo (Dominic West) e la Principessa Diana (Elisabetta Debicki) che, salvo un breve periodo di apparente riconciliazione all’inizio, ha ufficialmente raggiunto il suo punto di arrivo. The Crown segue la loro separazione nel 1992 e il loro divorzio nel 1996, esplorando anche il loro rapporto con altre persone.
Come per la terza stagione, presenta un nuovo cast per questa ultima fase, oltre alla Staunton, West e alla Debicki, la serie vede la partecipazione di Jonathan Pryce nel ruolo del Principe Filippo, Lesley Manville in quello della Principessa Margaret e Jonny Lee Miller in quello del Primo Ministro John Major. Non sorprende che il cast sia eccellente, anche se ci sono alcuni elementi di spicco. Nel ruolo di Diana, la Debicki è la più intrigante, e riesce perfettamente nella transizione, dopo aver preso il posto dell’acclamata Emma Corrin.
La Debicki riesce ad azzeccare la voce e le movenze di Diana senza esserne semplicemente un’imitazione, ed espone con sensibilità le profonde ferite emotive di questa figura iconica. Alla Staunton non viene dato abbastanza tempo per affermarsi pienamente come nuova regina della serie; è solo verso la metà della stagione che ha la possibilità di rivelare la sua interpretazione particolarmente raffinata.
Nei panni della Regina Elisabetta non sempre riesce ad avere momenti di grande spettacolarità, ma brilla comunque quando rivela le crescenti insicurezze della defunta monarca riguardo alla sua posizione nel mondo e al suo stesso matrimonio.
L’episodio 6 offre alla Staunton un momento di spicco, quando Elisabetta deve affrontare una sorprendente minaccia nella sua relazione con Filippo. Per quanto riguarda il resto del nuovo cast di The Crown, la Manville ottiene un’eccellente vetrina in un episodio parzialmente dedicato alla passata storia d’amore di Margaret, e West infonde una certa simpatia al poco simpatico Carlo.
Nella sua ricostruzione di un decennio ormai passato, The Crown rimane un’opera televisiva incredibilmente ben fatta, dal design della produzione di Martin Childs ai costumi di Amy Roberts (il famoso abito della vendetta di Diana è reso magnificamente), la serie sarà quasi sicuramente presente nel circuito dei premi per quanto riguarda la sua produzione. La colonna sonora di Martin Phipps, ritornato in patria, ripropone alcuni temi familiari delle passate stagioni, contribuendo ad accrescere la tensione che continua a serpeggiare nella famiglia reale.
Come nelle stagioni precedenti, ogni episodio si concentra su personaggi e temi specifici, lasciando spesso in secondo piano altre figure di rilievo, diventa un po’ più seriale negli episodi successivi, poiché le linee della trama hanno ramificazioni persistenti, ma il nucleo dello show rimane intatto. Ciò significa che gli episodi più deboli prevalgono, in quanto rallentano la storia nel suo complesso e diminuiscono l’impatto di alcuni momenti.
Ad esempio, l’episodio 3 ruota quasi interamente intorno a Mohamed Al-Fayed (Salim Daw), l’uomo d’affari egiziano salito alla ribalta della società inglese acquistando il Ritz e Harrods, è anche il padre di Dodi Al-Fayed (Khalid Abdalla), il tragico spasimante di Diana. Considerando ciò che accadrà in seguito a Dodi, si sarebbe potuto pensare che The Crown avrebbe preferito concentrarsi su di lui per affermarlo meglio come personaggio agli occhi del pubblico; invece, l’attenzione rivolta a Mohamed appare come un passo falso.
In seguito, The Crown dedica molto tempo alla controversa intervista di Diana a Panorama del 1995, ottenuta con mezzi disonesti, sebbene si tratti indubbiamente di un momento importante che merita un’attenzione particolare, la preparazione dell’intervista pone l’accento sul ruolo della BBC come istituzione britannica, che si collega all’acquisizione della televisione satellitare da parte della Regina Elisabetta.
Nelle prime stagioni, l’attenzione di The Crown sia per le cose importanti sia per quelle banali era interessante per il modo in cui mostrava un lato diverso della famiglia reale. In questo caso, la situazione diventa più difficile da gestire, poiché è evidente che c’è molto materiale interessante da sfruttare, ma non sempre si riesce a raggiungere l’obiettivo.
La quinta stagione di The Crown continua a immergersi nelle vicende scandalistiche, come il “Camillagate” e le discussioni pubbliche fra Carlo e Diana. Tuttavia, quando vengono affiancati ai momenti più lenti, la drammaticità si attenua. Certo, lo showrunner Peter Morgan non manca di inserire alcuni commenti incisivi sulla famiglia reale e sul suo posto in un mondo sempre più in crescita, soprattutto a pochi mesi dalla scomparsa della vera Regina, The Crown solleva alcuni punti validi sulla monarchia, nel suo complesso.
Dopo l’apoteosi della quarta stagione dedicata a Diana e alla Thatcher, The Crown fatica a trovare il suo punto d’appoggio nel periodo più controverso della monarchia, con l’evento forse più divisivo – la morte di Diana – che deve ancora arrivare, sarà molto interessante vedere come Morgan e il team creativo gestiranno il capitolo conclusivo di questa saga.
La quinta stagione di The Crown è tutt’altro che un fallimento, ma non è la migliore che la serie abbia mai avuto. Ciononostante, il fatto che sia arrivata immediatamente al primo posto sulla piattaforma di streaming è indicativo della curiosità degli spettatori desiderosi di conoscere il più possibile sulla famiglia reale.
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