Cinema

Black Panther: Wakanda Forever, profonde ombre dolorose nel sequel omaggio a Boseman. Recensione

Plasmato intorno alla perdita del suo eroe principale, Chadwick Boseman, questo sequel rende omaggio all’attore scomparso con performance focose e grande spettacolarità.

Lo stato africano immaginario del Wakanda diventa un matriarcato nel nuovo film di Black Panther, appassionato ma comprensibilmente sottotono, i cui impeti esuberanti e malinconici sono in contrasto tra di loro.

Assistiamo così, praticamente in tempo reale, a un franchise che si trova a fare i conti con la perdita, proprio come i suoi personaggi inventati. Chadwick Boseman, che nella precedente avventura aveva interpretato T’Challa, re del Wakanda, è morto di cancro due anni fa a soli 43 anni. Questo nuovo film rende un omaggio sentito e onesto alla sua memoria in un dramma che ruota attorno a questo improvviso lutto, facendo un tentativo sincero di costruire un film sui supereroi attorno al tema del lutto.

Shuri, la sorella di T’Challa, adesso si trova a dover assumere un ruolo di quasi reggenza accanto alla madre Ramonda, affranta dal dolore e diventata regina a causa dell’improvvisa morte di T’Challa; le interpretazioni di Letitia Wright e Angela Bassett sono particolarmente carismatiche ed eleganti, con Shuri afflitta non solo dalla tristezza, ma anche da un nuovo grado di desolante consapevolezza di se stessa.

Nonostante sia una scienziata di grande fama, non è riuscita a fare nulla per evitare o anche solo per comprendere la malattia terminale di T’Challa.

Nakia (Lupita Nyong’o), ufficiale dei servizi segreti del Wakanda e da sempre preziosa consigliera, si è autoesiliata ad Haiti. Sul fronte interno, Ramonda e le guerriere wakandiane Okoye (Danai Gurira) e Aneka (Michaela Coel) devono vedersela con il truculento membro della tribù Jabari M’Baku (una formidabile partecipazione di Winston Duke) e con quelli che considerano degli attacchi predatori e opportunisti da parte delle potenze occidentali, tra cui la Francia e gli Stati Uniti all’ONU, poiché, percependo una certa debolezza, vogliono impadronirsi della preziosa riserva mineraria di vibranio dei wakandiani.

A questo si aggiunge un altro clamoroso sviluppo: la CIA, sotto forma del disattento capo ufficio Everett Ross (Martin Freeman), ha assunto la giovane e brillante studentessa del MIT Riri Williams (Dominique Thorne) per progettare un nuovo rilevatore di vibranio, in grado di rivelare una nuova fonte di questa preziosa materia sotto le profondità marine, ma questa si rivela essere di proprietà di un altro popolo sconosciuto proveniente da una città segreta sottomarina chiamata Talokan, guidata da Namor (Tenoch Huerta) che ha legami mitologici con la Mesoamerica.

L’incursione degli Stati Uniti nei loro territori scatena un terribile conflitto in cui il popolo di Namor, invece di fare fronte comune con i wakandiani, muove guerra sia a loro sia ai “colonizzatori” della terraferma. Per quanto riguarda Shuri, il suo destino e il suo diritto di nascita sono ancora lontani – una nuova potenza al femminile nel paese – e deve decidere se essere ispirata dal ricordo del saggio T’Challa, nel momento del giudizio, o da figure meno positive.

Come nell’ultimo film, la spettacolarità non manca con scenografie subacquee incredibilmente belle (stiamo già guardando Avatar?), mentre la Wright, la Coel, la Bassett, la Gurira e la Thorne regalano interpretazioni di grande spessore; ognuna di loro alza la tensione sullo schermo semplicemente apparendo.

Prima fra tutti è la Wright, Shuri scopre che il grande fardello dei Wakandiani, o addirittura il loro dramma, è quello di combattere contro persone che dovrebbero essere loro alleate – e questo film, come il precedente, pretende di confrontarsi con i temi che riguardano l’impero, l’oppressione e persino la sicurezza delle risorse energetiche.

Si ha però l’impressione che esista una forzatura, forse comprensibile visto che il film è in qualche modo incentrato sul lutto e sulla perdita, ma che Wakanda Forever non ha trovato il modo di approfondire e di assimilare.

La storia tocca i punti più altri quando si dissocia dai soliti stereotipi marveliani e abbraccia temi profondi, se non ci fossero quelli, avremmo la stessa trama di tutti gli altri film già proposti, il cattivo che raconta la sua storia dalle origini e decide di fare guerra a tutti, lasciando uno strascico di morte e distruzione, mentre i buoni lo combattono, non mancano molte scazzottate e un finale prevedibile.

Ad ogni modo, la performance della Wright è ancora una volta stellare e il ricordo di Chadwick Boseman è davvero straziante.

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