Cinema

The Good Nurse, un crime come strumento di denuncia. Recensione

Dopo i recenti successi di serie crime come Dahmer Netflix aggiunge un altro film true-crime al suo catalogo.

Basato sulla vera storia dell’infermiere Charles Cullen il film non si limita però ad essere l’ennesimo dramma per attirare spettatori con la sua tensione ma prova e riesce a mandare allo spettatore un messaggio di denuncia.

Un crime diverso dal solito

La sceneggiatura, affidata a Krysty Wilson-Cairns, è sicuramente l’elemento forte del film. Una scrittura semplice ed essenziale, che non regala mai scene fini a sé stesse o per accontentare lo spettatore, ma che preferisce invece raccontare lo stretto necessario per narrare la vicenda.

Il risultato è efficace in quanto, nonostante le 2 ore di film, non si ha mai la sensazione di aver visto qualcosa di superfluo e che non serva ai fini della storia.

Molti spettatori potrebbero sicuramente lamentare la mancanza di tensione, essenziale apparentemente in un film true-crime. Non è il caso di The Good Nurse, un crime drama che mette al centro i due protagonisti e la denuncia del sistema sanitario americano invece che regalare al pubblico qualche minuto di tensione e spavento gratuiti.

Un film di denuncia

La denuncia del sistema sanitario ed ospedaliero è ciò a cui il film punta davvero, come ci fanno ben intuire le didascalie sul finale. Un sistema privato dove gli ospedali nascondo i sospetti omicidi, avvenuti attraverso la somministrazione di insulina nelle flebo, solo per non incorrere in scandali e perdite di fondi.

L’ovvia denuncia è quella di un sistema sanitario che invece che curare e proteggere le persone preferisce proteggere sé stesso, anche se questo vuol dire fare del male a chi dovrebbe curare. Una denuncia che però non riesce mai davvero a fare centro, lasciando ad un certo punto che sia la sola indignazione dello spettatore a fare il tutto e finendo in secondo piano rispetto alle vicende personali dei due protagonisti.

Due personaggi funzionali

Charlie Cullen (Eddie Redmayne) e Amy Loughren (Jessica Chastain) sono i protagonisti del film, il quale gira attorno al loro rapporto di amicizia e confidenza nato dopo l’arrivo dell’uomo nell’ospedale e la malattia della donna. Un rapporto che però il film non riesce mai davvero a spiegare, complici i salti temporali utilizzati per rinunciare a spiegare al meglio come questo cresca nel tempo, imponendo così allo spettatore il fatto che ciò avviene e basta.

Anche le motivazioni che portano agli omicidi non sono mai davvero spiegate, lasciando l’amaro in bocca al momento della confessione dando la sensazione di avere un personaggio a metà. Il motivo è da trovarsi nella realtà, Cullen non ha infatti mai spiegato le motivazioni dietro al suo gesto e il film rispetta questo risvolto ma, così facendo, rinuncia di fatto ad un pezzo essenziale di sé stesso.

Ottime le interpretazioni di entrambi gli attori protagonisti. Jessica Chastain perfetta nel suo ruolo di madre single combattuta tra famiglia e lavoro e costantemente minacciata da una malattia che potrebbe ucciderla da un momento all’altro; Eddie Redmayne riesce a dare un volto alle molteplici emozioni del suo personaggio che siano esse di bontà o di intimidazione.

Regia essenziale e mirata

La regia, affidata a Tobias Lindholm, e la fotografia di Jody Lee Lipes sono essenziali e concrete nella loro realizzazione. Il regista rinuncia infatti a qualsiasi tecnicismo e confeziona un prodotto senza fronzoli e senza girarci attorno. Una regia asciutta ed essenziale che si sposa al meglio con l’atmosfera del film.

Il ritmo è lento e compassato ma di proposito, preferendosi prendere i suoi tempi per raccontare al meglio la vicenda e lasciare che lo spettatore rifletta sulla trama. Un effetto che però a tratti si rivela deleterio in quanto il film non riesce sempre a sfruttarlo al meglio dando così spazio a vari momenti troppo dilatati e che addormentano eccessivamente la narrazione.

In definitiva The Good Nurse è un buon drama true-crime che riesce ad andare oltre al mero spettacolo ma che dà la sensazione di non riuscire mai ad affondare veramente nella critica che vuole lanciare al sistema sanitario americano, preferendo raccontare la storia dei suoi due protagonisti.

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