Una famiglia vincente. King Richard, Will Smith è perfetto nei panni del padre allenatore delle sorelle Williams
Will Smith e Aunjanue Ellis interpretano i genitori di Venus e Serena Williams in un film sportivo intenso, esuberante e vecchio stile.
Le scene culminanti di Una famiglia vincente. King Richard si svolgono nel 1994, quando Venus Williams, 14 anni è alla sua seconda partita di tennis da professionista, affronta Arantxa Sánchez-Vicario, all’epoca la giocatrice più quotata al mondo. Se non conoscete il risultato, è meglio che vi asteniate dal cercare su Google e anche se ricordate la partita, potreste ritrovarvi a trattenere il fiato sospeso e a provare emozioni contrastanti mentre guardate l’abile e coinvolgente messa in scena del regista Reinaldo Marcus Green.
Probabilmente sapete cosa è successo in seguito, Venus e la sorella minore Serena hanno dominato e trasformato il tennis femminile, vincendo 30 titoli del Grande Slam in singolo (più 14 titoli di doppio in squadra) facendo conoscere questo sport ad aspiranti campionesse di ogni provenienza.
Forse saprete anche che questi successi hanno esaudito un’ambizione che il padre, Richard Williams, aveva ideato ancor prima che Venus e Serena nascessero.
Negli anni della loro ascesa, il padre è stato una figura molto nota, spesso descritta con parole come “controverso”, “schietto” e “provocatorio”. Il film mira in parte a sottrarre Williams alla condanna di questi aggettivi, dipingendo un quadro convincente e dettagliato di una famiglia – un ritratto ufficiale, si potrebbe dire – che si sta avviando verso la fama e la fortuna.
In termini hollywoodiani moderni, il film potrebbe essere descritto come una storia delle origini di due supereroi al prezzo di uno, in cui Venus (Saniyya Sidney) prende il controllo dei suoi poteri mentre Serena (Demi Singleton) inizia a comprendere il proprio straordinario potenziale, ognuna aiutata da un mentore saggio e astuto.
Tuttavia, si tratta di una storia essenzialmente – e direi perfettamente – all’antica, un film drammatico sullo sport ma anche una storia accattivante e socialmente attenta sulla perseveranza e sulla ricerca dell’eccellenza.
Rappresenta anche un matrimonio, quando li incontriamo per la prima volta, all’inizio degli anni ’90, Richard (Will Smith) e sua moglie, Oracene (Aunjanue Ellis), vivono con cinque figlie in una modesta casa in stile bungalow a Compton, in California, lui lavora di notte come guardia giurata e lei fa l’infermiera. La loro vocazione comune, tuttavia, l’impresa che è alla base della loro relazione, a volte conflittuale, sono le figlie.
Si tratta di un compito impegnativo: far crescere ragazze nere sicure di sé e di successo in un mondo che è determinato a sottovalutarle e a sottostimarle, il tennis, che Richard ha scelto in parte per la sua esclusività da uomo bianco, è solo una parte del progetto.
Le ragazze – Tunde (Mikayla Lashae Bartholomew), Lyndrea (Layla Crawford) e Isha (Daniele Lawson), insieme a Venus e Serena – conducono una vita fortemente organizzata e intensamente monitorata, tanto che una vicina contrariata chiama le autorità, convinta che Richard e Oracene siano troppo duri con le ragazze.
Si tratta di un atteggiamento in parte protettivo, un modo per tenerle lontane da quelle che Richard chiama minacciosamente “queste strade” – una minaccia rappresentata dai teppisti che molestano lui e le ragazze durante le sessioni di allenamento – ma che riflette anche il suo temperamento e la sua filosofia.
Gli piacciono gli slogan e le lezioni, a un certo punto costringe la famiglia a guardare “Cenerentola” della Disney per insegnare l’importanza dell’umiltà. “Se non pianifichi, stai progettando di fallire” è uno dei suoi motti preferiti. Non c’è nulla di approssimativo o trascurato in questa pellicola, e il film ha successo perché ha un’idea chiara di ciò che vuole realizzare.
La sceneggiatura, firmata da Zach Baylin, talvolta risulta sfacciatamente sdolcinata – se si prendesse un drink ogni volta che le sorelle Williams dicono “sì, papà” si sverrebbe prima che Venus vinca la sua prima partita da juniores – ma il calore e la verve del cast fanno sì che il sentimentalismo sia meritato.
Smith si immerge completamente nel senso dell’umorismo malizioso di Williams e interpreta il personaggio come una sorta di anima affine, un ammaliatore con una strategia.
Gli uomini bianchi che dominano il mondo del tennis lo vedono all’inizio come una persona da allontanare o da trattare con condiscendenza, in seguito, quando si trovano di fronte al fatto innegabile e finanziariamente redditizio del talento di Venus, sono sorpresi di scoprire che il programma di Richard non è sempre in linea con il loro.
Contro il parere di due allenatori di alto livello, ritira Venus dal circuito dei tornei juniores, non si lascia convincere da agenti, dirigenti sportivi e altri che sostengono di avere a cuore gli interessi delle figlie.
Lo vedono, talvolta affettuosamente, come testardo e irragionevole, anche se di solito ha ragione, gli allenatori Paul Cohen (un soave e abbronzato Tony Goldwyn) e Rick Macci (un maniacale e baffuto Jon Bernthal) sono ritrstti con garbo e scetticismo, non vengono considerati né salvatori né cattivi, bensì uomini la cui influenza sul sistema tennistico limita le loro prospettive (i genitori bianchi, d’altra parte, sono un gruppo piuttosto terribile, che incoraggia i propri figli a barare e li rimprovera quando perdono).
Gli allenatori intravedono il potenziale di Venus e Serena in quanto atlete, ma solo all’interno dei parametri di uno status quo che le sorelle presto demoliranno, anche questo fa parte del piano di Richard. Smith mostra la sua solita, disarmante abilità nell’autoironia tattica, ma sono Ellis e Sidney a garantire la necessaria complessità, Venus, dopotutto, è il centro della narrazione: non è solo la sua carriera, ma anche la sua crescente indipendenza e autoconsapevolezza a tenerci incollati alle vicende che seguiranno.
Oracene è il cruciale critico interiore del film, la persona che può mettere in discussione gli slogan di Richard, riportarlo con i piedi per terra e sottolineare i suoi fallimenti, talvolta, questo può sembrare un peso eccessivo.
A un certo punto, la donna mette sotto torchio il marito riguardo ai suoi fallimenti e al fatto che ha avuto dei figli con altre donne: tutte informazioni nuove per lo spettatore, di cui non si parla mai più. La scena non è potente perché espone aspetti non proprio ammirevoli del carattere di Richard, bensì mostra quanto crudo, disordinato e difficile possa essere anche un matrimonio apparentemente funzionale e armonioso. (Potrebbe anche preannunciare il divorzio tra Richard e Oracene, che avverrà nel 2002).
Nella migliore tradizione hollywoodiana, Una famiglia vincente suscita molte emozioni rimanendo brillante e coinvolgente, la storia è seria e impegnata, ma non risulta mai pesante. Il consiglio di Richard alle sue figlie quando scendono in campo è di divertirsi, e Green fa tesoro di questa saggezza. Questo è un film davvero vincente.