La vita stabile ed equilibrata di una dinamica scrittrice newyorkese inizia a complicarsi dal momento in cui un documentario su un efferato crimine la porta a doversi mettere a confronto con una sua straziante storia del passato, vissuta durante gli anni del liceo.
Questo film, arrivato il 7 ottobre 2022 sulla piattaforma Netflix e diretto da Mike Barker, prende ispirazione dall’omonimo romanzo di esordio di Jessica Knoll, pubblicato nel 2015. Come spiegato dall’autrice, questo tratta di una storia romanzata basata su un fatto reale: ancor più nel dettaglio tratta di uno stupro di cui lei stessa è stata vittima nell’adolescenza.
Il libro, diventato in breve tempo un bestseller, ha venduto più di un milione di copie ed è stato tradotto in 38 lingue… e ciò fa pensare che probabilmente anche il film lo sia, raccontando la storia della talentosa e grintosa Ani (da adolescente era per tutti la timida Finny) che tormentata dal duplice stupro subito avrebbe voluto solo dimenticare, ma si rende conto che “il passato non passa” e l’unico modo per potersi riscattare è raccontare.
Vietato ai minori di diciotto anni, per via di alcune scene di violenza che potrebbero disturbare i più giovani spettatori e poiché parla indubbiamente di un tema complesso: lo stupro.
La ragazza più fortunata del mondo è il nuovo prodotto di Netflix che tutti dovrebbero guardare, uno di quei film che fa veramente “bene”, sia a un pubblico maschile che può imparare tanto sulla psicologia delle donne, sia a quello femminile che purtroppo quasi sicuramente può rivedersi in molti degli argomenti trattati, come il peso eccessivo dato all’apparenza nelle relazioni interpersonali, il decidere di voler accontentare il partner piuttosto che se stessi, il timore di seguire le proprie ambizioni professionali per non mettere da parte l’amore, l’essere condizionati dalla famiglia nelle proprie scelte, l’essere combattuti tra il decidere di mostrare la propria vera identità e il fingere per evitare critiche o conflitti.
Insomma, questo film è un’escalation emotiva così realistica, e che in qualche modo appartiene ad ognuno di noi, che rende impossibile scollarsi dalla tv.
Ani Fanelli (Mila Kunis) è una grintosa, talentosa e bella giornalista che vive a New York, dove lavora per la Bibbia delle Donne, rivista a stampo glamour. Intraprendente, fiera e determinata, è riuscita a ritagliarsi la vita da sogno che ha imparato a “indossare” con grande naturalezza. Sul lavoro è l’impiegata più apprezzata dalla sua direttrice e nella vita quotidiana risulta sexy, spensierata e all’apparenza sempre allegra.
Anche in amore si potrebbe ritenere realizzata, essendo la promessa sposa di uno degli uomini più ricchi d’America, Luke Harrison (Finn Wittrock),che ha una posizione di top manager nella finanza, un fisico perfetto e proviene da un’ottima famiglia.
I due convivono in una villa con un giardino immenso di sua proprietà, e lei indossa all’anulare sinistro un anello pregiatissimo che apparteneva alla nonna di Luke che lui le ha regalato in occasione del fidanzamento. Ani sembra voler vivere nell’apparenza, voler dimostrare di avere i soldi e inoltre di provenire da una famiglia con i soldi. Peccato che questa vita perfetta e “patinata” sia solo una finta maschera luccicante, che serve a nascondere un enorme vuoto e dolore del passato.
Ad un certo punto del film, vediamo riemergere questo male all’improvviso, quando Ani viene contattata da un regista per partecipare a un documentario sulla sparatoria avvenuta nella sua scuola. Ma la Ani che impariamo a conoscere da giovane non esisteva: durante il liceo tutti la chiamavano Finny ed era una goffa, timida, introversa adolescente in carne, proveniente da una famiglia non di certo benestante.
Il suo vero nome è infatti Tifany Fanelli, sua madre Dina interpretata da Connie Britton è distratta e molto superficiale, dalla quale Tifany non vede l’ora di emanciparsi da adulta e tra le due sussisteranno solo banali rapporti di facciata. Dina aveva sempre desiderato che sua figlia sposasse un uomo benestante, e fu proprio per questo che la iscrisse ad uno dei college più prestigiosi, la Bradley School.
Purtroppo lì tutti i ragazzi della scuola sapevano che Finny era stata ammessa con una borsa di studio, e non perdevano mai occasione per prendersi gioco di lei e marcare la differenza sociale tra lei e loro. Le due vite di Tifany nel film vengono mostrate in modo parallelo: accanto alla attuale Ani, appaiono costanti flashback della giovane Finny, e guardando al passato scopriamo che durante il college oltre che della sparatoria lei è stata vittima addirittura di un duplice stupro.
Nonostante le iniziali difficoltà dovute ai costanti rinvii tra il presente di Ani e il passato di Finny, la storia di La ragazza più fortunata del mondo risulta svilupparsi in maniera efficace. A emergere a gran forza sono gli aggrovigliati sentimenti della protagonista, descritti con grande rispetto, senza esasperazione.
L’intreccio di rabbia, paura e al contempo profondo desiderio di riscatto portano Finny a scegliere di tacere e Ani a sopportare e seppellire tutto ciò per un lungo tempo. Ma ad un certo punto Ani non può più far finta di ignorare, perché capisce che per star bene non ha bisogno di altro se non fare ciò che da sempre ha veramente desiderato: raccontare tutto.
Viene così esaminato con grande cura il modo in cui reagisce la vittima, una liceale americana già alle prese con abissali differenze sociali e problemi con i compagni di scuola, che combatte ogni giorno con i grovigli emotivi che la lacerano e le fanno male, e la violenza subita piomba su tutto ciò come un ulteriore e insormontabile macigno.
Se per lungo tempo Ani ha vissuto “come se nulla fosse” (e ciò ovviamente per tutti ma non per lei stessa, che si stava autodistruggendo), quando i traumi di Finny tornano prepotentemente a prendere il sopravvento invece di continuare a tacere decide finalmente di parlare, cambiando davvero tutto.
Arrivano contrastanti sensazioni di paura, vergogna, rabbia, desiderio di riscatto e, soprattutto, di seppellire tutto che si accavallano e susseguono. Ma la destinazione finale, attraverso le tappe di questo film che spalanca tutto come un tuono, o meglio un vero e proprio pugno nello stomaco, è comprendere che la giusta cosa da fare per sé stessi e gli altri è invitare non solo a denunciare, ma a raccontare il male subito, perché è l’unico modo per dare un senso al dover convivere con un passato che alla fine non passa mai.
La protagonista nella parte della vita da adulta è egregiamente interpretata da Mila Kunis, mentre ad un intensa Chiara Aurelia spetta il compito di interpretare la controparte della protagonista da adolescente, nel momento in cui viene vissuta la violenza, e hanno entrambe determinato il potente successo di questa storia non solo grazie alla struggente e realistica trama.
Ma come essa viene portata da loro a noi sullo schermo, forte del continuo contrasto tra le battute pronunciate dalla protagonista e i suoi pensieri interiori che arrivano al pubblico ad alta voce permettendo di poterci immergere nella testa del personaggio.
Un vero e proprio invito a prendere in mano le nostre vite, ma soprattutto a non aver paura di parlare e valorizzarci, per questo merita davvero tanto un primo posto su Netflix.
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