“Le droghe, in sostanza”. Recensione del terzo numero di Cose spiegate bene
In questa sede parleremo del terzo numero della rivista “Cose spiegate bene” nata da Il Post e realizzata in collaborazione con Iperborea editore. Se vi siete persi i nostri articoli sul primo e il secondo numero, trovate le recensioni sul sito.
Le droghe: perché non le conosciamo abbastanza.
“Le persone tendono a chiamare droghe le sostanze che la legge indica come illegali, mentre considerano medicine quelle che invece è legale usare, vendere e acquistare”. Questo emblematico passo del primo capitolo rivela un atteggiamento comune: crediamo infatti che le droghe siano sostanze pericolose tanto per le loro caratteristiche intrinseche quanto per i loro risvolti sociali, ma si tratta solo di una conoscenza approssimativa e non sempre scientifica.
Non è un caso che, come si ricorda anche nell’introduzione, vi siano lingue – per esempio l’inglese – in cui esiste un’unica parola per indicare sia i farmaci sia le sostanze stupefacenti (“drug”). Molto spesso il confine delle due, da un punto di vista per lo meno chimico, non è così netto come si crede, anche se i provvedimenti legali sono di un altro parere. “Le droghe, in sostanza” risponde dunque al bisogno di discernere e rivalutare le proprie credenze, esattamente come lo si è fatto nei precedenti numeri di questo format.
Il discernimento avviene proprio all’inizio del viaggio nel variegato e multi sfaccettato mondo delle droghe, che si dividono in sostanze stimolanti, sedative o psichedeliche. A poche pagine dall’esordio, il lettore si imbatte in un dettagliato glossario che espone la stragrande maggioranza di sostanze stupefacenti usate e vendute in tutto il mondo, con un focus sulle loro proprietà benefiche ma anche su un potenziale uso scorretto delle stesse.
Come è facile intuire dall’eterogeneità dei loro usi e della loro provenienza, “la percezione e la considerazione di certe sostanze può variare molto a seconda del paese, della società o della cultura di riferimento e anche della lingua: per i membri della chiesa nativa americana l’alcol è una droga, il peyote no”.
Lsd e psilocibina: verso un sodalizio tra scienza e politica
“Dalla fine degli anni Novanta sostanze come LSD e psilocibina sono state sempre più studiate come potenziali soluzioni per la cura di alcuni problemi psichici”.
Sin dal secolo scorso, diversi studiosi hanno sottoposto dei volontari (o si sono sottoposti in prima persona) a esperimenti che prevedevano l’assunzione di sostanze con effetti molto potenti sulla mente, allo scopo di ottenere una cura per patologie pregresse. E’ quello che successe ad Albert Hoffmann nel 1938, quando assunse involontariamente delle dosi di lsd in seguito alla quale gli furono note “rivelazioni” conseguenti a una profonda introspezione.
La stessa Agnese Codignola, giornalista e diulgatrice scientifica che interviene a pagina 48 in un saggio intitolato “Psichedelici al bivio”, conferma che negli ultimi decenni si sta assistendo a un “rinascimento” della ricerca scientifica nell’ambito degli psichedelici, perché “sostanze fino a pochissimo tempo fa considerate con sufficienza retaggio di un passato problematico stanno diventando mainstream, con tutte le potenzialità ma anche con tutti i pericoli che questo comporta”.
Non ci resta che augurarvi una suggestiva lettura che si snoda per le circa 250 pagine del volume, arricchito non solo dagli evocativi disegni di Paolo Bacilieri ma anche dalla consulenza tecnica del farmacologo comportamentale Paolo Nencini.