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Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, le Terre del Sud entrano in guerra, ma degli anelli ancora nulla. Recensione episodio 6

Le Terre del Sud entrano in guerra nell’episodio 6 de Gli anelli del potere e iniziamo ad avvicinarci alle risposte che stiamo aspettando. (In parte)

Questo episodio ha una trama che riunisce due dei nostri quattro gruppi principali di personaggi: la Battaglia delle Terre del Sud e le sue conseguenze. Sebbene sia suddivisa in tre ondate di attacchi guidati dagli Orchi e un contrattacco dei Númenoreani, si tratta essenzialmente di una battaglia estenuante. Tra le prime due fasi dello scontro, abbiamo anche alcuni momenti interessanti tra Galadriel, Isildur ed Elendil a bordo della loro nave, ma nella scena successiva arrivano con la cavalleria per unirsi ai combattimenti.

In questo episodio non si vedono né i Pelopiede né Elrond e i Nani. I Pelopiede in realtà ci mancano poco, se non per il mistero su chi sia l’Estraneo, che si trascinerà per almeno un altro episodio. Elrond e Durin lasciano un vuoto molto più grande, in quanto, insieme a Disa, hanno contribuito in modo significativo al calore e all’umorismo della serie.

Il simpatico amico di Isildur, Ontamo (Anthony Crum), ha solo qualche breve momento sullo schermo, dunque ci mancano le cordiali battute di Elrond e Durin. Inoltre, meno vediamo Celebrimbor, più ci allontaniamo dalla possibilità di forgiare gli Anelli del Potere.

Il titolo dell’episodio, “Udûn”, può riferirsi a un paio di cose diverse della mitologia di Tolkien, si tratta del nome di una delle roccaforti di Morgoth, chiamata anche Utumno, un luogo particolarmente infernale; Gandalf si riferisce al Balrog di Moria come “Fiamma di Udûn”, si tratta anche di una valle nel nord di Mordor.

Poiché le Terre del Sud sono il territorio che diventerà Mordor, ha senso che sia la valle in cui si svolge la maggior parte dell’episodio, dato che l’episodio si conclude con l’inondazione della vallata e un’eruzione vulcanica, presumibilmente il vulcano in questione è il Monte Fato e la sua eruzione trasformerà la terra nella landa desolata che vedremo in seguito. In questo vulcano, a un certo punto, Sauron forgerà l’Unico Anello, anche se dopo sei episodi nessuno ha ancora pronunciato la parola “anello”.

L’idea di dedicare un intero episodio a un singolo conflitto è stata certamente messa a punto da Game of Thrones con episodi come “L’assedio” della seconda stagione, “Il coraggio di pochi” della quarta stagione e “La lunga notte” dell’ottava stagione. Queste ultime, a loro volta, sono state in parte ispirate dalla lunga sequenza della Battaglia del Fosso di Helm ne Il Signore degli Anelli: Le due torri.

Tuttavia, quelle sequenze presentavano più combattimenti veri e propri di quanto non faccia questo episodio, in effetti, non sembra volersi concentrare sull’impostazione del conflitto, che viene interrotto da tranquille conversazioni sui cavalli o sugli alberi, ma mette a fuoco la storia e garantisce un notevole avanzamento della trama rispetto agli episodi precedenti, che hanno dovuto suddividere il loro tempo di durata su un maggior numero di trame.

Questo tipo di intervento sui personaggi prima della battaglia o a metà battaglia può essere un modo davvero interessante per preparare una morte importante, ma la sua efficacia in questo caso risulta limitata poiché non abbiamo trascorso abbastanza tempo con questi personaggi in precedenza (forse ad eccezione di Galadriel) affinché ci interessi davvero se qualcuno di loro muore in battaglia.

Con quattro storyline contrastanti, conosciamo a malapena la maggior parte di loro, e nessuno dei personaggi significativi (Arondir, Bronwyn, Theo, Galadriel, Halbrand, Elendil, Isildur, Míriel, Adar) morirà in ogni caso.

Alla fine, la battaglia si risolve in modo abbastanza prevedibile, con Númenor che interviene per salvare la situazione proprio quando tutte le speranze sembravano perse per gli abitanti delle Terre del Sud. Ma c’è di più. L’ultimo quarto dell’episodio è dedicato alle conseguenze dei combattimenti, scopriamo un po’ di più su Adar, ma la cosa più importante è che sostiene di aver ucciso Sauron – cosa che, ovviamente, sappiamo non essere vera, ci sono sei film che lo dimostrano.

Si fa chiamare “Uruk”, ma è un Orco antico, non uno degli Uruk-Hai successivi ad opera di Saruman – a questo punto della storia Saruman è ancora uno di buoni, oltretutto non è nemmeno ancora arrivato nella Terra di Mezzo, e i suoi Uruk-Hai potevano muoversi alla luce del giorno.

Abbiamo avuto modo di conoscere Halbrand, e la parte finale di questo episodio offre certamente alcune argomentazioni a favore della teoria secondo cui Halbrand è Sauron, è estremamente arrabbiato con Adar, il che avrebbe senso se Adar avesse cercato di ucciderlo, gli chiede se Adar si ricorda di lui. Lui gli risponde con un certo interesse chiedendogli chi sia e poi lo accoglie come Re delle Terre del Sud (proprio prima che l’intero villaggio venga spazzato via).

L’effettiva distruzione della diga viene compiuta dall’irritante Waldreg ancora vivo, che potrebbe aver agito su ordine di Halbrand, il quale potrebbe essere stato in grado di scambiare l’elsa della spada con un’ascia dopo aver aiutato Galadriel a recuperarla. Tuttavia, continuiamo a propendere per un destino diverso, a misura di Ringwraith, per Halbrand (il suo carattere e le sue azioni non sembrano corrispondere a ciò che Sauron dovrebbe fare a questo punto), ma è giusto dire che questo episodio presenta molti indizi sul fatto che Halbrand potrebbe non essere chi dice di essere.

Ci sono altri momenti significativi in questo episodio, la scoperta da parte degli abitanti delle Terre del Sud che la loro stessa gente sta combattendo al fianco degli Orchi proprio contro di loro, è orribile e ben fatta.

L’azione in sé è abbastanza decente, il sangue degli Orchi che cola nella bocca di Arondir è un’immagine particolarmente memorabile. La sequenza in cui Galadriel insegue Adar e la sua spada malvagia a cavallo attraverso il bosco è una chiara rielaborazione della famosa – e geniale – scena di inseguimento de La Compagnia dell’Anello, in cui Arwen sfugge per un pelo a tutti e nove gli Spettri dell’Anello, tutti a cavallo.

Galadriel sussurra addirittura la stessa parola (“nurolîm”, che in elfico significa “più veloce”) al suo cavallo, è un bel rimando, anche se questo rende la soluzione di Halbrand per porre fine all’inseguimento (far fuori le gambe del cavallo di Adar) un po’ sottotono rispetto a quella di Arwen (sollevare un fiume per spazzare via i Cavalieri).

Nel complesso, la storia sta finalmente iniziando a ingranare, ci sono ancora sporadici problemi nel ritmo: per esempio, vediamo la diga che esplode e l’acqua che si riversa nella valle, poi tagliamo su una scena tranquilla di Isildur ed Elendil mentre chiacchierano a proposito di un cavallo. Questo distrugge completamente la sensazione di pericolo e di spinta prodotta dalla scena della rottura della diga.

Inoltre, c’è il problema costante legato alla sua stessa natura di prequel, che mina la tensione della serie: vedere Galadriel apparentemente consumata dal fuoco alla fine dell’episodio non è un cliffhanger quando l’abbiamo già vista in sei film ambientati secoli dopo.

Tuttavia, ora stiamo finalmente iniziando a capire di cosa parla davvero Gli Anelli del Potere e a farci un’idea della direzione che prenderà questa prima stagione. Se riusciranno a risolvere i “misteri” che ora iniziano a diventare fastidiosi (lo Straniero è Gandalf? Halbrand è Sauron?) potremmo trovarci di fronte a una serie dal potenziale davvero entusiasmante.

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