Cosa ci resta di Game of Thrones (e perché dare una seconda possibilità al suo spin-off)
Game of Thrones è finito ormai da tre anni ma ancora se ne parla. Tra chi è rimasto deluso dal finale e chi invece lo ha apprezzato il dibattito oggi è ancora aperto ma, in ogni caso, la serie ci ha lasciato un’eredità indelebile.
Un successo mondiale
Che voi l’abbiate vista o no avete per forza sentito parlare di Game of Thrones, la serie targata HBO ambientata nel mondo creato da George R.R. Martin e basata sulla conquista del trono di re Westeros che vede coinvolta famiglie reali, cavalieri e draghi su cui aleggia l’ombra minacciosa degli Estranei.
Questo perché il Trono di Spade, così è nota in Italia la serie, ha cambiato profondamente il modo di fare televisione ed anzi rientra a pieno titolo tra quelle serie, come ad esempio Breaking Bad, che hanno cambiato il modo in cui queste vengono raccontate e vendute.
Uscita nel pieno boom dei social network Game of Thrones ha trovato proprio in quei media la possibilità di accrescere la sua fama. Tra tormentoni, discussioni online tra i fan e soprattutto meme la serie targata HBO è stata tra le prime a saper usare, forse inconsapevolmente, i social media come passaparola attirando sempre più spettatori.
Game of Thrones è diventato un vero e proprio fenomeno di livello mondiale, un “must” di cui tutti parlavano. Un evento che non si poteva ignorare: tutti parlavano della serie e tutti sapevano cosa succedeva, anche chi non la guardava.
Personaggi di Game of Thrones
Una delle caratteristiche che ha reso la serie così famosa sono sicuramente i suoi personaggi. Tutti ci siamo appassionati alle vicende, le evoluzioni e ai viaggi nel mondo di Westeros di personaggi positivi come Jon Snow (Kit Harrington) e Daenerys Targaryen (Emilia Clarke) ma anche negativi come la regina Cersei (Lena Haydei) o il subdolo Ditocorto (Aidan Gillen).
Una caratteristica che ha reso famosa la serie e che abbiamo finito per ricercare, forse invano, in molte altre è che nella narrazione di Game of Thrones nessuno dei suoi personaggi viene percepito come secondario all’interno della trama e nessuno di loro, fatta eccezione forse per i giovani Stark, viene percepito come un personaggio totalmente buono e dalla caratterizzazione piatta.
Qui tutti i personaggi hanno qualcosa da dire, desiderano qualcosa e faranno di tutto per ottenerla. Una caratteristica questa che ci ha portato a simpatizzare o no per molti di questi, ma sicuramente ad amarli incondizionatamente e a temere per la loro dipartita.
Nessuno di loro sta fermo e tutti cambiano e crescono e con il tempo impariamo a conoscerli meglio, a conoscere le loro verità e cambiare opinione su ognuno di loro, come avviene ad esempio con il cavaliere Jamie Lannister (Nikolaj Coster-Waldau) passato dall’essere uno dei personaggi più odiati ad uno di quelli più amati.
Dialoghi di Game of Thrones
Grazie a Game of Thrones e ai suoi ideatori, gli sceneggiatori Benioff e Weiss, abbiamo imparato che non ci si può distrarre nemmeno un momento perché qualsiasi parola può avere un significato importantissimo.
Dai duelli a colpi di parole del già citato Ditocorto e Varys (Conleth Hill), passando per le massime di Tywin Lannister (Charles Dance) senza dimenticare i discorsi di suo figlio Tiryon Lannister (Peter Dinklage), la serie ci ha insegnato che non sono solo le azioni a muovere una trama, ma possono esserlo, spesso più di battaglie e duelli, le parole stesse.
In Game of Thrones i dialoghi raccontano i personaggi e ciò che sono veramente, le loro debolezze e il loro posto all’interno di questo mondo fantasy. Sicuramente episodi come la Battaglia delle Acque Nere nella seconda stagione o la Battaglia dei Bastardi nella sesta stagione sono tra i momenti più avvincenti, ma anche gli scambi di battute fatti tra una coppa di vino e una velata minaccia di morte hanno contribuito a fare della serie un successo mondiale.
Politica e intrighi di Game of Thrones
Game of Thrones è certamente nota per la sua crudeltà e le sue scene forti, dalle Nozze Rosse fino al duello tra la Montagna (Hafþór Júlíus Björnsson) e Obery Martell (Pedro Pascal) il sangue e la violenza (nonché il sess0) non sono stati risparmiati allo spettatore. A farla da padrone però in questo mondo fantasy non sono solo morti atroci e cruente, ma anche e soprattutto la politica.
Tra intrighi, alleanze, tradimenti e matrimoni a sfondo politico la serie ha rappresentato un vero e proprio House of Card in salsa fantasy. Dal primo all’ultimo episodio, i giochi di potere sono il vero centro delle 8 stagioni: tutte le azioni sono dettate da logiche politiche.
È così che con il tempo abbiamo finito per appassionarci alle trame e ai sotterfugi di alcuni dei suoi personaggi per assicurarsi il potere tanto quanto a duelli e battaglie. Una sceneggiatura che ci ha fatto desiderare un fantasy che fosse più che semplice azione, ma che ci spiegasse anche il mondo dietro le avventure vissute dai suoi protagonisti, che rinfoderasse le spade per un momento raccontandoci dei piani machiavellici del potere.
Lo Spin-off, House of the Dragon
Non sappiamo come andrà a finire House of the Dragon, la serie spin-off uscita in questi giorni che racconta le vicende della famosa Danza dei Draghi ma sappiamo cosa vogliamo grazie all’eredità lasciataci dalla serie originale.
Ciò che ci lascia GOT ( Games of Thrones ndr) è un fenomeno di massa che ha cambiato il modo di fare serie tv e che ora si cerca di inseguire. Ci ha lasciato la voglia di vedere storie raccontate in modo diverso, che siano reali e crude, per tenerci attaccati allo schermo.
Storie che si prendano il loro tempo per raccontare tutto il loro mondo, i loro personaggi con le loro evoluzioni e la loro umanità. Sappiamo che della nuova serie vogliamo vedere gli intrighi e le macchinazioni del potere, e dialoghi che non possiamo perderci nemmeno un momento per capire la trama.
Certo, il pensiero non potrà che andare, a quel finale agrodolce che forse di dolce aveva ben poco ma la verità è che ciò che ha fatto di Game of Thrones il fenomeno che era (e che è ancora oggi) non è la “destinazione” quanto piuttosto il “viaggio”.
Quello dei suoi personaggi e quello che noi spettatori abbiamo fatto, seguendo una serie che ha unito tutti e di cui si discute ancora oggi.