Les Enfants des Autres, il gioiellino di Venezia 79 sul desiderio di essere genitori. Recensione
Les Enfants des Autres di Rebecca Slotowski affronta il desiderio di famiglia e di maternità attraverso la figura di una donna che ha tutto: bellezza, intelligenza, carriera e anche un amore, ostacolato proprio dai figli, chi? I figli degli altri.
Di tutti i film che si sono visti a Venezia in questa prima settimana Les Enfants des Autres di Rebecca Slotowski è tra i più dolci e ben fatti. Guardarlo è stato un piacere perché si tratta di una storia molto vicina a noi, molto attuale e sicuramente necessaria perché del discorso genitori – figli non si finisce mai di parlare.
Rachel (una splendida Virginie Efira) è un’insegnante di scuola media di circa quarant’anni, ha un divorzio alle spalle ma non ha figli. Rachel è una donna realizzata e felice, la sua vita le piace e svolge il suo lavoro con passione, inoltre ha da poco iniziato una relazione con Ali (Roschdy Zem) anche lui divorziato ma padre della piccola Leila.
Il loro è un amore sincero e maturo che cresce sempre di più e la passione non sembra mai arrestarsi per loro, Ali è un compagno presente e accoglie Rachel nella sua vita, tanto da farle conoscere la piccola Leila.
I rapporti con la bambina sembrano andare per il meglio ma purtroppo ci si mette la presenza di Alice (Chiara Mastroianni) la madre di Leila. Di fatto, per quanto ami la bambina Rachel non è sua madre e di conseguenza non può accampare diritti su di lei, inoltre la bambina le potrebbe essere tolta in qualsiasi momento e tante tappe della sua vita come il compleanno della piccola al quale non prende parte perché i genitori decidono di farglielo passare “in famiglia”.
Da questo momento in poi nel cuore di Rachel inizia una tempesta che difficilmente si placherà, malgrado i traguardi raggiunti nella sua vita lei vorrebbe fare un bambino con l’uomo che ama. Ci riuscirà?
Les Enfants des Autres, un film che tocca le corde giuste
Con questo film Rebecca Slotowski arriva al cuore di una questione importante e ci racconta con grande verità e sensibilità cosa vuol dire far parte della “comunità dei senza figli” e come ci si sente quando si accede a quel pianeta sconosciuto, composto però dalla maggior parte degli esseri umani, che è il mondo dei genitori e dei figli.
La sensazione è più o meno quella di un marziano che approda sulla terra, tutto è diverso, ci sono linguaggi, gestualità e codici completamente diversi e, anche se ti relazioni con un piccolo umano di questo pianeta non potrai mai far parte della comunità senza un figlio tuo.
Mentre in Rachel monta sempre di più il desiderio di un figlio nello stesso momento cresce il suo isolamento, malgrado il lavoro, malgrado il padre e la sorella minore (sarà lei ad avere un bambino) e malgrado l’amore di Alì, l’assenza di un figlio, quest’unica cosa che manca nella sua vita diventa il suo handicap, è invalidante, la ossessiona e la condiziona.
Malgrado ciò il dolore di Rachel è silente, si insinua dentro di lei minando la sua felicità e il suo equilibrio.
Rachel è il modello perfetto della donna contemporanea che deve costantemente scontrarsi con una serie di ostacoli e di pressioni psicologiche non indifferenti. Tutto questo porterà Rachel a perdere se stessa, dimenticare tutte le cose belle che ha nella vita, ma allo stesso tempo questo suo desiderio le aprirà gli occhi e capirà fino in fondo chi ha davanti e quali nuove strade le può riservare la vita.
Il film con grande dolcezza e con una narrazione mai lenta che non perde mai il fuoco, ci mette di fronte a interrogativi importanti: una persona, ma nel dettaglio una donna, può completa solo con un figlio? Il rapporto di coppia si regge solo con la solida base di una famiglia tradizionale?