“A proposito di libri. Come nascono e diventano questi oggetti di carta dove leggiamo storie, idee e mondi interi” è il primo numero della rivista “Cose spiegate bene” ideata dalla redazione del giornale online Il Post.
Edita grazie alla collaborazione con Iperborea editore, “Cose spiegate bene” si configura come una rivista atipica, sia nella forma che nel contenuto. Ogni numero è basato su uno specifico argomento – in questo caso, l’industria editoriale – e scritto coerentemente rispetto agli obiettivi di chiarezza ed esaustività che, da sempre, contraddistinguono Il Post. Per tale ragione, la rivista somiglia più a uno dei tanti libri pubblicati da Iperborea che al tipico settimanale con la copertina patinata e dagli innumerevoli inserti pubblicitari.
Se vi siete sempre chiesti perché le pagine di alcuni libri sono più spesse di altre, se avete notato anche voi che la Sellerio non ha mai mutato la sua linea editoriale, se avete avuto il sospetto che i “gialli” non si chiamino così anche nelle altre lingue straniere, o se, invece, non sapete esattamente quale sia la differenza tra un editor e un editore, “A proposito di libri” darà la risposta a ognuno dei vostri dubbi.
Curata da Arianna Cavallo e Giacomo Papi, la rivista vanta il contributo di diversi altri coautori, come Gabriele Gargantini, Ludovica Lugli, Marco Verdura e Giacomo Gambineri, l’illustratore che ha curato i disegni sparsi per tutto il “libro”. A presentare l’editoriale è lo stesso fondatore de Il Post, Luca Sofri, che accoglie il lettore e la lettrice con una disamina della figura retorica comunemente pronunciata “ho letto un libro”. La grafica, curata dallo studio di design Tomo Tomo, rende subito noto l’intento della redazione: fare in modo che “A proposito di libri” porti con sé una lettura accogliente e giocosa.
Gli occhi infatti saltellano da una parte all’altra, attratti dalle tonalità sgargianti del viola, del celeste e del senape; dapprima i lettori noteranno che nell’aletta di sinistra, cioè la parte ripiegata verso l’interno della copertina, è stampato un elenco di dati statistici degni di riflessione, oppure che nell’interno della copertina c’è un glossario pronto a guidarci alla scoperta del funzionamento dell’industria editoriale, in Italia e non.
I capitoli sono sempre preceduti dalle simpatiche illustrazioni di Gambineri, dove spesso troviamo omini senza naso né bocca intenti a fare le cose più disparate, richiamando quelle che sono le varie mansioni dell’industria del libro. Infatti, a proposito di mestieri, c’è un’apposita scheda di approfondimento – naturalmente non l’unica – in cui sono menzionati quasi tutti i mestieri coinvolti in questo settore. Pertanto, se avete sempre pensato che l’editor è l’editore, avrete motivo di ricredervi.
Naturalmente un importante spiegone come questo non poteva omettere una breve storia della materia prima di un libro, la carta. Scoperta in Cina e poi ripresa dagli Arabi (che la importarono in tutta Europa, introducendola nel 972 d.C. a Palermo), la carta fu da subito considerata il perfetto dispositivo per depositare la memoria umana, meno ingombrante e costosa della pergamena ma più forte e resistente del papiro, pressoché scomparso nell’epoca tardoantica.
Ovviamente non tutte le carte sono uguali, benché quelle che contengono lignina siano destinate a perire più in fretta di quelle ricavate dalle fibre disidratate di cellulosa.
Anche due tipi di carta derivati dalla cellulosa possono avere “destini” diversi: le carte con più quantità di carbonio sono più adatte per le riviste patinate, lucide e pesanti, mentre la carta “vergata” ha un peso minore della patinata ma un’eleganza maggiore, poiché i suoi fogli vengono disposti sul feltro in modo da riprodurne il disegno.
La più antica industria cartiera d’Italia ha sempre avuto sede a Fabriano, nelle Marche, dove nacque nel 1264: ancora oggi è responsabile della stragrande maggioranza dei prodotti cartacei realizzati nel paese.
Sono molti, se non tutti, i capitoli che comportano un certo grado di curiosità, la quale disvela ciò che abbiamo sempre creduto di sapere ma non abbiamo mai osato indagare. Il pregio di una rivista come questa è, infatti, scoprire quante più cose si era immaginato di poter sapere perfettamente, ammettendo in serenità la propria ignoranza.
Ad esempio, scopriremo che il carattere tipografico più usato nei libri è di norma il Garamond, così chiamato a nome del celebre tipografo francese Claude Garamond che lo ideò nel Cinquecento. Oppure, scopriremo che la nota casa editrice fondata da Enzo Sellerio con sua moglie Elvira Giorgianni è forse una delle poche ad aver mantenuto fede alla linea editoriale delle origini – massimo sessanta libri all’anno – nonché parte di un marchio indipendente dai gruppi maggioritari.
Ancora, scopriremo che, per quanto sembri impossibile che un autore possa essere corretto, anche una sua amatissima parola o il titolo stesso del libro possono necessitare dell’intervento di un correttore di bozze!
Queste e altre sono le molteplici informazioni raccolte nel minuzioso lavoro fatto in “A proposito di libri”, a cui si sono aggiunti poi altri due numeri, sempre con cadenza semestrale: “Questioni di un certo genere” e “Le droghe, in sostanza”.
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