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Clark, la serie Netflix folle sul rapinatore della Sindrome di Stoccolma

Questo bizzarro e incredibile dramma criminale vi lascerà a bocca aperta, Bill Skarsgård è Clark ed è frizzante in questa corsa anarchica da brivido.

Forse non avete mai sentito parlare di Clark Olofsson, ma alla fine di questa serie Netflix in sei parti vi chiederete come avete fatto a non conoscerlo, perché la sua storia è così scioccante, inverosimile e ridicola che sembra incredibile non sia più conosciuta a livello globale.

Olofsson è un criminale svedese che nel corso della sua vita è stato condannato per tentato omicidio, aggressione, rapina e spaccio di stupefacenti. Particolarmente incline a rapinare banche, Olofsson ha acquisito notorietà durante la rapina di Norrmalmstorg, i cui eventi hanno ispirato il termine “Sindrome di Stoccolma” a causa dell’attaccamento che gli ostaggi provavano nei suoi confronti.

Tuttavia, questa non è una serie sulla rapina a Norrmalmstorg, infatti, solo alla fine del terzo episodio vediamo ricreato quel particolare evento. Si tratta invece di una serie su tutto ciò che Olofsson ha fatto nel suo passato criminale – e di sicuro ha fatto il giro del mondo.

Con più evasioni di prigione, relazioni amorose e rapine di quante se ne possano contare, la serie si muove a velocità sostenuta mentre Clark si fa strada in una vita in cui solo lui conta. Tutti gli altri sono danni collaterali, mentre lui intraprende una carriera criminale come un attore persegue una carriera cinematografica: passa da un lavoro all’altro, acquisisce celebrità e si assicura di rimanere sotto i riflettori per paura di perdere importanza.

Per Clark non si tratta di soldi o di potere, ma del proprio ego. A un certo punto dice al suo collega rapinatore di banche che non dovrebbe coprirsi il volto perché così nessuno potrebbe riconoscerlo. Non riuscirebbe a costruire il suo curriculum.

La ridicola e cruda sequenza d’apertura della serie è una vera e propria dichiarazione d’intenti: troviamo il protagonista narrare mentre la telecamera entra nell’utero di sua madre e trova il piccolo Clark al suo interno, con il volto di Skarsgard sovrapposto a lui. Ci dice che questa sarà la sua prima fuga.

È molto ironico, come il resto della serie, che non ha certo paura di essere strana e di fare le cose in grande. In effetti, si ha l’impressione che abbia paura di essere riduttiva, con tutto ciò che va dal ritmo anarchico, alle scene di sesso violento, alle sequenze di fantasia squilibrata, tutto spinto al massimo. Persino i titoli degli episodi sono esagerati: l’episodio 1 si intitola “Non posso dare il meglio di me, allora darò il peggio”.

Dentro questa serie c’è tutta l’essenza del regista Jonas Åkerlund in tutto e per tutto ma non sarà uno show per tutti – tutt’altro – ma se si è disposti ad accettare l’assurdità e la grandiosità come riflesso dell’esuberanza e del senso di autostima di Clark, allora diventerà un viaggio incredibilmente divertente.

Naturalmente, per portare avanti quella che è essenzialmente una serie altalenante, è necessario un protagonista versatile, energico e francamente instancabile. Sebbene il cast di supporto faccia un ottimo lavoro, questa serie appartiene a Bill Skarsgård.

È un tour-de-force di recitazione per l’attore di Pennywise, che brilla di carisma nei panni di un Clark moralmente fallito ma ancora in qualche modo simpatico. È affascinante, goffo, volubile, odioso, arrogante, petulante, magnetico, tutto insieme, ed è davvero qualcosa da vedere. È uno spettacolo di sei ore da cui non riuscirete a staccare gli occhi.

Assistiamo al cambiamento e alla crescita di Clark, ma anche al suo regresso nel corso del tempo, mentre la serie ripercorre diversi decenni. I primi cinque episodi sono vicini alla pura fantasia, mentre il finale inizia a riportare le cose, anche se di poco, sulla Terra.

Nel sesto episodio vediamo un Clark invecchiato alle prese con la sua vita e con il ruolo che ha avuto nelle vite degli altri, in un modo che il suo solipsismo non gli aveva mai permesso prima. Mentre la sua biografa tenta di analizzare il suo comportamento distruttivo, il ritmo rallenta e un po’ di lucentezza viene meno. Laddove la violenza e l’egocentrismo di Clark erano stati giocati per far ridere, qui diventano molto più spaventosi e reali.

Per alcuni spettatori la decisione di affrontare la mitizzazione e la glorificazione delle azioni di Clark arriverà troppo tardi, fungendo da post-scriptum laddove avrebbe dovuto essere il punto di partenza. Per altri, invece, sarà un’interruzione sgradita in una saga criminale dal ritmo incalzante ed esaltante.

Non si può negare che sia un po’ stridente e che possa sembrare voglia rimproverando il pubblico per essersi goduto ciò che ha appena visto. In effetti, è proprio nell’esplorazione sotto la superficie che Clark a volte vacilla: l’unica vera motivazione fornita per il suo comportamento è che ha avuto un padre violento ed è stato separato dalla madre in giovane età, cosa che apprendiamo molto presto e che tuttavia non viene mai esaminata a fondo.

Quando Clark affronta questa consapevolezza, Skarsgård dà il meglio di sé ed è commovente, ma non dura molto. Una versione autoriflessiva di Clark non è quella che interessa ad Åkerlund e, a dire il vero, potrebbe non esistere.

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A prescindere dagli inconvenienti emotivi, Clark è una serie assolutamente coinvolgente e degna di essere vista. Come il suo personaggio centrale, la serie si impegna a essere completamente fuori di testa, il che significa che potrebbe non avere molta sostanza quando si tratta di analizzare la visione del mondo e il comportamento del protagonista. Ma se siete disposti a lasciarvi travolgere dalla follia, Clark vi divertirà moltissimo.

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