“Matteo va alla guerra” di Giacomo Di Girolamo è la narrazione vera, consapevole di ciò che accade trent’anni fa.
Con una voce e un’immedesimazione inediti, questo libro ridà significato, contesto a quei fatti: le stragi, la mafia, il dopo tra le mani di Matteo Messina Denaro. Uno spaccato storico, temporale per capire e comprendere.
Il Cretto di Alberto Burri in copertina, pagine con capitoli brevi, paragrafi corti ma concisi, parlanti, quel “noi”, il plurale contro il “voi”, il tempo passato che ritorna al presente. Giacomo Di Girolamo ribalta una narrazione di trent’anni nel suo nuovo libro “Matteo va alla guerra”, Zolfo editore. Una narrazione, però, non è un semplice racconto, un resoconto superficiale dei fatti. Si tratta di un punto di vista completamente diverso, quello di chi, tra il 1992 e il 1993, ha preso parte attiva alle stragi, le ha vissute dalla parte degli autori, i protagonisti materiali, reali. L’autore si immedesima con una voce scritta generale e inedita, espressiva, riporta alla luce quello spazio temporale con tutti i suoi protagonisti, Matteo Messina Denaro in modo particolare.
Parlare di quel periodo, di quella “mamma“, significa fare un passo indietro e ritrovare le tracce, gli angoli ciechi che contengono la presenza e il ruolo del boss latitante di Cosa Nostra. Giacomo Di Girolamo dà una chiave di lettura diversa a questi fatti proprio perché supera la linea divisoria e si mette dall’altra parte e il risultato è un libro vero, autentico, spietato nella facilità con cui morte e potere si sono mischiati, sono stati messi in atto. Con “Matteo va alla guerra” quei fatti si avvicinano, non sono più lontani ma sono resi tangibili e reali: azioni di distruzione, morte, odio, vendetta, parole di sopraffazione, di fretta, di comando, espressioni gergali. Tutto questo è diventato contesto, situazione, fatto storico documentato.
Da questa lettura ci si accorge di quanto il male, la “parte dei cattivi” siano in realtà così vicini, oserei dire “normali”, non più astratti, racchiusi in un servizio al tg, ma accanto e viventi. Quel male alla portata di tutti, quel male semplice che ha potuto vivere unendo persone e finalità. Ad oggi le forme, l’essenza pratica della mafia sono cambiate ma non significa che quel contenuto emotivo, viscerale, l’intenzione siano svaniti. Anzi. I primi passi verso il mutamento hanno avuto inizio proprio da qui, dagli anni su cui Di Girolamo si concentra.
Lo spillover dopo la guerra, l’evoluzione per continuare a esistere. Tra il prima e questo “salto” nella configurazione di Cosa Nostra, il particolare momento, descritto nel libro, è decisivo e segnerà il futuro della storia della Sicilia e dell’intera Italia.
Da “Matteo va alla guerra” esce allo scoperto la parte strutturale degli eventi precedenti e immediatamente successivi alle stragi: prima, durante e dopo gestiti dai fili invisibili di un giovane Matteo Messina Denaro, che già tutto sapeva ma che ben si guardava dal fornire dettagli e le relative informazioni ai suoi compagni. Un mosaico dove ognuno costituiva una piccola tessera, senza sapere di preciso che funzione o che piano sarebbe poi sorto. C’era chi sapeva la propria parte, quel che bastava in un sistema complesso e intricato.
Dietro a diversi fatti, alle stragi di Capaci e Via D’Amelio, a quella “guerra fuori”, una parte forte e imponente è giocata dalla mafia trapanese, nella Sicilia occidentale, ignorata per così dire, l’impenetrabile e sottovalutata per molto tempo.
“Tutto è nato qui, in provincia di Trapani; non a Palermo, non a Roma, ma in questo pittuso d’Italia, dal lato sbagliato dei vostri tramonti da cartolina“. Matteo Messina Denaro agirà e determinerà il corso degli eventi, tra riunioni, scontri interni, liste di nemici da ammazzare, accordi, relazioni con altre famiglie.
La preparazione del terreno, il compimento delle stragi, il punto apicale e l’oblio silente, il ritiro: a grandi linee il percorso compiuto e voluto dalle mani e della mente del boss di Castelvetrano, vero artefice e protagonista di una parabola che lo vede come l’unico, l’onnipresente, la “creatura” di Riina, pupillo che sa superare il maestro, che sa guardare oltre, l’imprendibile che ancora resta in piedi dopo la caduta dei grandi, di tutti.
“Matteo va alla guerra” offre lo spaccato concreto e reale di quel periodo, come si è arrivati alle bombe e quali conseguenze si sono verificate. Cause, motivazioni ed eventi successivi.
Nessun giudizio o interpretazione personale, ma solo i fatti e la storia: Giacomo Di Girolamo restituisce la verità e la concretezza di come andarono le cose grazie ad un’immedesimazione spiazzante e viva, spigolosa. Lati sconosciuti rivelati. Il buio spiegato come se fosse stato davvero vissuto, fatto proprio. “Passare dall’altra parte” significa comprendere, studiare, abbandonare, cambiare, soffrire, riflettere in profondità per ridare ai fatti veri la loro verità, la loro giusta collocazione.
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Questo è uno dei tanti valori aggiunti del libro di Di Girolamo che, a trent’anni dalle stragi, è omaggio e testimonianza, privi di compatimenti e di frasi fatte, ma ricchi di fatti, di parole consapevoli. Se c’è la volontà di comprendere e capire, di tornare indietro a quelle giornate, a quegli anni, a quelle voci, questo è il testo e questa è esattamente la storia da cui partire.
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