Tra i film in concorso nella 75a edizione del Festival di Cannes, Close di Lukas Dhont è sicuramente quello che più ha commosso la platea.
I protagonisti sono due attori molto giovani ma per la bravura che hanno dimostrato nella recitazione praticamente sono da premio Oscar. Il film ha vinto il Gran Prix ex aequo con The Stars at Noon di Calire Denis.
Lukas Dhont è al suo secondo lungometraggio, il primo fu Girl che vinse nel 2018 la Camera d’or.
Close racconta il tema dell’identità di genere e lo fa proponendo una fotografia del periodo forse più complesso e difficile da affrontare nella vita di ogni individuo, il passaggio all’adolescenza.
Léo e Rémi hanno 13 anni, sono migliori amici, legatissimi e passano praticamente tutto il tempo insieme, e il loro è un mondo a parte, una magnifica bolla e il legame che li unisce sembra destinato a non doversi mai spezzare.
Quando però iniziano a frequentare le scuole superiori questo apparente equilibrio si rompe. Un paio di compagne di classe gli chiedono, con un po’ di perfidia se stanno insieme, creando un certo imbarazzo.
Da questo momento tutto cambia, Léo si stacca improvvisamente da Remi, si iscrive ad hockey, non lo aspetta per andare in classe insieme e ci litiga spesso, facendolo soffrire in maniera ingiustificata. Un giorno Léo va in gita scolastica e Remi non partecipa, al ritorno ad aspettare Léo c’è una tragica notizia.
Il film è praticamente girato tutto dal punto di vista dei due protagonisti e quindi la macchina da presa si trova sempre all’altezza dei tredicenni, i primi piani, gli sguardi, le lacrime, tante, forti, che arrivano allo stomaco, vediamo tutto da vicino.
Il legame tra i due è così forte e simbiotico che ci insegna che cos’è l’amore, quello che arriva naturalmente, quando due persone di guardano la prima volta e si riconoscono.
Al contempo Close ci insegna anche cos’è la paura, perché a volte quando siamo di fronte a qualcosa di grande e giusto per noi, siamo spaventati. In particolare nel coming of age come in questo caso, ogni cambiamento e emozione sconosciuta ci spaventano, soprattutto se abbiamo 13 anni e se, com’è giusto che sia, è proprio in questo periodo della vita che si forma la nostra identità.
Come ho più volte detto, mi sembra che il tema non dichiarato di questa edizione del Festival di Cannes fosse la famiglia, tradizionale o no, in tutte le sue forme e anche in questo caso abbiamo uno scorcio sulla famiglia, su quanto i genitori conoscano i propri figli e sulle relazioni che ogni persona stabilisce al di fuori del nucleo familiare e di come le persone che scegliamo diventino la nostra famiglia.
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Da un certo punto di vista Close si potrebbe associare a Le otto montagne, in cui abbiamo svilupparsi in maniera simile ma con declinazioni differenti la storia di una grande amicizia tra due bambini che però crescono insieme praticamente tutta la vita, anche se ci sono dei momenti di rottura nel rapporto. Questi momenti però non rompono per sempre il legame, non lo spezzano come accade in Close.
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Si tratta di un film di lacrime, quelle dei personaggi che piangono e tanto e le nostre che guardiamo il film perché tutto è commozione in Close e perché l’amore, l’amicizia, la paura e il senso di colpa che costituiscono questo film sono cose che prima o poi abbiamo provato tutti e sentire la mancanza di qualcuno al punto da riuscire a respirare è ciò che fa più male ma è anche ciò che ci ricorda che siamo vivi e fatti per stabilire legami con gli altri.
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