Cinema

L’envol di Pietro Marcello apre la Quinzaine des Realisateurs. Recensione

Pietro Marcello ha presentato in apertura alla Quinzaine des Realisateurs il suo ultimo film L’envol, con Juliette Jouan, Raphael Thiery, Louis Garrel, Noémie Lvovsky, Ernst Umhauer, Francois Négret, Yolande Moreau, Natascha Wiese.

Il film è tratto dal romanzo Le vele scarlatte di Aleksandr Grin racconta una storia ambientata in un imprecisato villaggio nel nord della Francia dove Juliette, giovane orfana di madre, vive con il padre, Raphaël, un soldato sopravvissuto alla prima guerra mondiale. Siamo infatti all’indomani della Grande Guerra e Raphaël apprende appena rientrato che l’amata moglie Marie è morta in seguito a una violenza subita da un uomo del villaggio lasciandolo solo con Juliette.

La bambina malgrado tutto cresce felice e con molti interessi tra i quali soprattutto la musica e il canto. Juliette ha uno spirito solitario e le piace starsene da sola a leggere oppure passeggiare all’aperto.

Un giorno, lungo la riva di un fiume, incontra una maga che le predice che delle vele scarlatte arriveranno per portarla via dal suo villaggio. Juliette non smetterà mai di credere nella profezia. Un giorno, infatti, qualcosa succede e la vita di Juliette sembra volgere verso un cambiamento.

Si tratta del primo film di Piertro Marcello in lingua francese e ha deciso di compiere un viaggio indietro fingo all’alba degli anni Venti innestando il suo girato con immagini storiche di repertorio. Tutto il film è costruito come se fosse proprio un film dei tempi e questo lo rende ancora più suggestivo.

Alla sceneggiatura con Marcello hanno lavorato anche Maurizio Braucci, Maud Amelin e Geneviève Brisac e il risultato finale è un affresco di una piccola realtà contadina, povera, potremmo dire di un piccolo mondo antico nel quale lo scorrere del tempo è molto lento e i valori familiari e sociali sono assai diversi da quelli contemporanei.
Eppure il film di Pietro Marcello è tutto al femminile, le figure maschili sono quasi secondarie a supporto delle donne di questa storia, ciascuna con una propria volontà.

Juliette vuole vedere il mondo fuori dai confini del villaggio e anche se sognatrice e ingenua non si lascia travolgere e annientare dagli eventi negativi ma procede stoicamente nell’attesa di un futuro migliore.

La figura della madrina di Juliette che si prende cura della bambina rimasta orfana è come una seconda madre ed è uno dei personaggi più interessanti nella storia poiché è sola e basta a se stessa ma riesce anche a creare comunità e famiglia intorno a lei.

Infine la maga che vive sola nei boschi è la figura femminile indipendente e anarchica per eccellenza e anche lei è isolata dalla figura maschile.
In generale, nessuna delle donne di questo film sembra necessariamente avere bisogno di un uomo eppure sanno stare con l’uomo come figure alla pari.

La stessa Marie, pur comparendo solo in foto ed essendo sostanzialmente morta prima dei fatti del film è un personaggio molto presente tanto da prendere forma, e poi nuova vita, in una scultura che il marito crea in sua memoria e che andrà a decorare una barca.

È tutta qui la forza del film di Pietro Marcello che esprime nel suo essere bucolico una grande sensualità tanto da poter associare questa storia ai racconti mitici di antiche civiltà.

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Già con Martin Eden, Pietro Marcello aveva creato un mondo magico e fuori dal tempo e anche in quella occasione partiva da una materia letteraria. Ciò che abbiamo imparato dai suoi film è che anche se contestualizzati storicamente essi sembrano viaggiare al di là del tempo e dello spazio della storia.

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