House of Gucci vanta interpretazioni forti ed è sufficientemente stucchevole da risultare occasionalmente piacevole, ma pecca nel raccontare la complessità della sua storia.
Sono passati più di 26 anni dall’omicidio di Maurizio Gucci, che un tempo gestiva la famosa azienda di moda della sua famiglia. Il crimine fece notizia e sconvolse l’industria della moda. House of Gucci non solo rivisita quel momento, ma si avventura indietro di due decenni per costruire le relazioni, i conflitti e gli eventi che hanno portato alla sua morte.
Diretto da Ridley Scott da una sceneggiatura di Becky Johnston e Roberto Bentivegna – che trae spunto dal libro The House of Gucci: A Sensational Story of Murder, Madness, Glamour, and Greed, di Sara Gay Forden – House of Gucci si avvale di interpretazioni forti ed è sufficientemente stucchevole da risultare occasionalmente piacevole, ma pecca nel raccontare la complessità della sua storia.
House of Gucci segue Patrizia Reggiani (Lady Gaga), figlia del proprietario di un’azienda di autocarri, responsabile della contabilità e celebrata dal padre per essere in grado di falsificare le firme. La donna incontra Maurizio (Adam Driver) a una festa e poco dopo si sposano, decisione che fa arrabbiare il padre di lui, Rodolfo Gucci (Jeremy Irons).
Maurizio si accontenta di lavorare nel settore dei trasporti via terra, ma Patrizia conosce il potere del nome Gucci e si adopera per riportare Maurizio nelle grazie di Rodolfo, in particolare instaurando un buon rapporto con lo zio, Aldo Gucci (Al Pacino) e, in misura minore, con il figlio outsider di Aldo, Paolo (Jared Leto). Intenzionati a fare di Maurizio un grande nome all’interno dell’azienda di famiglia, cosa a cui lui tiene molto, i due lavorano alla scalata verso il vertice, con gravi conseguenze.
L’interpretazione di Lady Gaga nel ruolo di Patrizia è di gran lunga una delle cose migliori di House of Gucci, abbastanza grottesca senza andare troppo sopra le righe, quando il momento lo richiede, la sua interpretazione può essere contemporaneamente devastante e divertente. Tuttavia, una delle più grandi delusioni del film è quanto poco si capisca della sua prospettiva generale sulla storia.
La sceneggiatura avrebbe potuto essere molto più curata per quanto riguarda ciò che spinge Patrizia oltre al denaro e al potere. Le domande su come si senta veramente nei confronti dei Gucci, di Maurizio e della sua vita in generale affiorano sempre in superficie, ma House of Gucci non si sofferma abbastanza a riflettere o a esplorare la sua interiorità al di là delle scelte che compie per distruggere la famiglia.
Quando Maurizio la lascia e lei cerca di tornare nella sua vita, non è chiaro se lei lo abbia mai amato o se sia sempre stata attratta dall’eredità di Gucci, questo film fa in modo di lasciare a Patrizia la sensazione di essere un’estranea; ogni volta che tenta di mettere un piede nella porta viene respinta da un commento fatto da un membro della famiglia, tra cui l’avvocato di Rodolfo Domenico De Sole (Jack Huston), o da un’azione commessa che mantiene una barriera tra lei e il resto della famiglia del marito.
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Il film, però, non sfrutta abbastanza questo aspetto, lasciando un po’ in ombra l’accumulo di tensione verso la morte di Maurizio, e la tensione di cui la storia aveva bisogno mentre tutto andava in pezzi.
Sebbene il film di Scott non ironizzi mai sui personaggi o sulla serietà con cui prendono gli affari interni della loro azienda e le questioni familiari, House of Gucci spreca l’opportunità di essere molto più coinvolgente di quanto non sia.
I costumi (disegnati da Janty Yates) sono impeccabili, danno alla storia e ai personaggi un’impronta drammatica e un’aria di presunzione che permea ogni momento del film. C’è molto potenziale che non viene sfruttato con i momenti emotivi che mancano di efficacia, di agitazione e di brio in generale. Anche l’omicidio di Maurizio alla fine risulta piatto nel modo in cui viene gestito.
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Con oltre due ore e mezza di durata, il ritmo di House of Gucci lascia alcuni aspetti della storia bisognosi di una scrittura più rigorosa, gli attori, tuttavia, sembrano divertirsi molto con il materiale, con l’interpretazione di Jared Leto che riesce a strappare qualche risata e Al Pacino che abbraccia pienamente lo zelo del personaggio di Aldo. A tal fine, il film raggiunge certamente le vette del dramma e della decadenza da soap opera; eppure, ha ancora bisogno di una spinta energetica per raggiungere il lato emotivo e contorto della questione.
Sebbene House of Gucci sia abbastanza melodrammatico da essere coinvolgente e guardabile, con le interpretazioni che spiccano, molti aspetti della storia dovevano essere limati e approfonditi per ottenere qualcosa che andasse oltre la superficialità che vuol essere quasi seria.
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