Russian Doll 2, avevamo bisogno di questa seconda stagione? Sì, sì e ancora sì. Recensione senza spoiler
Il ritorno di questo dramma temporale è davvero splendido, dalla sua estetica alla sceneggiatura. Le scene ricche e intelligenti sono piene di battute – e la spavalderia ipnotizzante di Natasha Lyonne è un capolavoro.
La prima stagione di Russian Doll, uscita su Netflix, è stata una delle migliori commedie del 2019, anche se definirla una commedia era aggrapparsi a una rigidità che non ha mai veramente preteso di avere. Seguiva le tribolazioni e i problemi di Nadia (Natasha Lyonne), una designer di videogiochi con una vena autodistruttiva, la stessa continuava a morire dopo la sua festa dei 36 anni, solo per ritrovarsi incastrata alla stessa festa in un loop continuo.
Condannata a rivivere il giorno della sua morte in tutte le sue gloriose varietà, ancora e ancora e ancora. I suoi creatori – Amy Poehler, Leslye Headland e la stessa Lyonne – hanno trovato un’arguzia morbosa nella situazione di Nadia, e l’hanno sfruttata tirarne fuori una commedia, anche se alla fine si è trasformata in qualcosa di filosofico e profondo.
I fan ricorderanno che Russian Doll ha risolto la sua crisi del loop temporale alla fine, quando Nadia e il compagno Alan (Charlie Barnett), che soffre di morte frequente, si sono finalmente riuniti, il che poneva la domanda su cosa avrebbe potuto fare una seconda stagione. Se avesse condannato Nadia e Alan a dimenticare le lezioni che hanno così duramente affrontato imparare, al fine di attenersi alla premessa, in questo caso sarebbe sembrato crudele, persino nichilista.
Si può dire che questa seconda stagione non ripete il suo precedente concetto, tranne che si occupa della questione legate al tempo – anche se questo è tutto ciò che si può dire a riguardo. È meglio godersela senza spoiler; anche rivelare quali attori interpretano quali personaggi intaccherebbe alcune delle migliori sorprese che appaiono lungo i binari.
Nadia si sta avvicinando al suo quarantesimo compleanno e, dopo che l’universo “ha cercato di fottermi”, come ha detto una volta in modo succinto, sta progettando di festeggiare con Alan in modo più tranquillo. Ma ovviamente la storia non va secondo i piani. “L’universo ha finalmente trovato qualcosa di peggio della morte”, inizia dicendo Nadia, la battuta a seguire è qualcosa di inaspettato e incredibile.
Questa è una serie davvero splendida, dalla sua estetica alla sua sceneggiatura e appare sempre incredibilmente ricca di tutto. È stracolma di omaggi registici al cinema degli anni ’70, in particolare ai film di Robert Altman, ci sono molte scene studiate in maniera magistrale che coinvolgono specchi e riflessi.
Non mancano assolutamente i momenti tipici della Lyonne in cui fa la spiritosa e spavalda in una varietà di luoghi (di nuovo, sono prudente con gli spoiler, anche se New York City è un luogo chiave a questo punto) sempre indossando il suo iconico impermeabile e gli occhiali da sole, con una colonna sonora appropriata di Personal Jesus dei Depeche Mode.
Lei è ipnotizzante mentre tira fuori discorsi eruditi su qualsiasi cosa, le frecciatine sono così sottili da essere delle vere stilettate, dalle sale d’attesa degli ospedali (“L’ospedale sta davvero curando i pazienti oggi o stiamo solo mettendo su una commedia di Beckett?”) alla sua incapacità di smettere di fumare: “Sono profondamente consapevole che i miei polmoni sono essenzialmente due Nick Caves raggrinziti”.
Ancora una volta, la Lyonne cattura i riflettori e, a detta di tutti, la storyline basata sulla famiglia che attraversa questa stagione è di carattere personale. Il cast di supporto, tra cui Chloë Sevigny che ritorna nel ruolo della madre malata di mente Lenora e Annie Murphy, che appare come, diciamo, qualcun altro, sono anch’essi eccellenti, così come la cerchia ristretta di Nadia, in particolare Elizabeth Ashley come madre sostitutiva di Nadia, Ruth.
Si sente più stabile nella sua pelle rispetto alla prima stagione, tendendo più verso il drammatico che verso il comico, anche se il vecchio detto che la commedia è uguale alla tragedia più passa il tempo, qui viene sottoposto ad un vigoroso esame incrociato.
Mi era piaciuta moltissimo la prima stagione di Russian Doll, ma Russian Doll 2 è meravigliosa, superando di gran lunga la prima, anche se capisco che le sue stranezze potrebbero non essere per tutti. La storyline di Alan sembra alla deriva rispetto al resto, come se esistesse solo per tenere Barnett nella mischia. Lui e Nadia stanno avendo esperienze reciproche, di nuovo, anche se sono meno ancorati l’uno all’altro.
È più tentacolare, e meno concisa, nonostante abbia un episodio in meno rispetto alla prima stagione, manca il facile fascino che porta il concetto di timeloop, questo a sua volta la rende più impegnativa da guardare, ma di gran lunga più intensa.
Infatti è proprio il suo alto livello di creatività e originalità che fanno passare in secondo piano in maniera assolutamente insignificante la mancanza del loop della prima stagione. Man mano che la storia progredisce, diventa più intelligente e più strana, le svolte surreali ancora una volta raggiungono un luogo lontano dai sentimentalismi, anzi osa porre grandi domande sul trauma, il dolore e il destino.
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Se questo non suona divertente così descritto è perché ancora non avete affrontato questo incredibile viaggio. La stessa Lyonne ha detto che se la prima stagione era su come non morire, la seconda è su come vivere. Ci sono poche serie televisive che meritano davvero di essere riviste più volte, e ancora meno che mi salterebbe mai in mente di rivedere una volta arrivati i titoli di cosa.
In questo caso invece il rewatch vale la pena farlo, certo, per chi ne ha il tempo. Ma, alla fine è tutta questione di come piegare le regole del tempo, in modo da poter avere la possibilità di tornare dall’inizio e scoprire i piccoli dettagli che a una prima visione si sono sicuramente persi.