“Tutto per i bambini” è l’ultimo libro della scrittrice francese Delphine de Vigan uscito nel febbraio 2022 per conto di Einaudi editore. Pubblicato nella collana “Supercoralli” e tradotto da Margherita Botto, il romanzo denuncia il fenomeno dei “baby influencer”. Ricordiamo che nella seguente recensione potrebbero esserci degli spoiler.
Le vicende hanno luogo sia a Parigi sia in altre città della provincia parigina, dove all’inizio della storia abitano le due protagoniste Mélanie Claux e Clara Roussel. Mélanie e Clara sono due ragazze molto simili tra loro: entrambe introverse, sono tendenzialmente solitarie e studiano quanto basta per farsi strada nel mondo, senza, però, badare troppo ai risultati.
Di fatto, la prima ha un unico sogno nel cassetto, ovvero distinguersi e diventare famosa a tutti i costi, mentre la seconda abbandona gli studi per diventare una poliziotta. I loro destini sono destinati a incrociarsi quando, divenute due donne adulte, Mélanie denuncerà alla divisione Anticrimine della polizia parigina, la stessa in cui lavora Clara, la scomparsa di sua figlia Kimmy. Da quel momento, entrambe cesseranno di essere due sconosciute e affronteranno nuovi interrogativi sulle rispettive esistenze.
Mano a mano che la storia procede, il lettore fa la conoscenza di personaggi secondari, ognuno dei quali avrà un ruolo determinate nella vita delle due protagoniste, siano essi amici, colleghi o vicini di casa.
Le tematiche affrontate dalla scrittrice sono di estrema attualità, infatti cattureranno facilmente l’attenzione del lettore. L’argomento preponderante è, innanzitutto, quello dei baby influencer: Sammy e Kimmy sono i protagonisti del canale Youtube “Happy Récré”, aperto e gestito dalla loro madre per competere con altri canali social di genitori che mostrano i propri figli nelle circostanze più varie.
Da questo fenomeno largamente diffuso, poiché favorito dagli stessi social network, deriva un problema: la mancata realizzazione personale, spesso causata da un rapporto conflittuale con i genitori. Se Mélanie è la regina di “Happy Récré”, ciò è dovuto più al suo vecchio sogno di diventare una celebrità – mai scomparso dai suoi pensieri – che alla cura dei figli. Quando era adolescente, infatti, perse l’opportunità di prendere parte a un famoso reality show, pertanto da questo “fallimento” nacque il suo bisogno di mostrarsi e piacere a tutti.
A ciò si aggiunge la scarsa considerazione che i suoi genitori avevano di lei, in quanto erano più affezionati a sua sorella Sandra. Delphine de Vigan sembra quindi ricordarci che le ferite subite nell’infanzia non se ne vanno mai del tutto, ed è quello che scopriranno, loro malgrado, anche Sammy e Kimmy una volta cresciuti.
Genitori egoisti, assenti o egocentrici: non è solo di questo che parla “Tutto per i bambini”. Nel suo romanzo-inchiesta, l’autrice mostra anche gli effetti dell’alienazione da social sulle persone. Le critiche a questa deriva in cui la tecnologia ci stia trascinando sono concentrate nella seconda parte del libro, quando finalmente la piccola Kimmy è già tornata sana e salva dalla sua famiglia.
L’emblema di coloro che si oppongo a un mondo che si virtualizza sempre più velocemente è il personaggio di Clara, refrattaria all’avanzare delle tecnologie persino sul luogo di lavoro. “E’ una donna al traino di una città che non le piace più, dove ognuno ha fretta di tornare a casa per ordinare e consumare online, o per obbedire all’imperioso percorso degli algoritmi”, dice il narratore. “E’ una donna febbrile, a cui l’eccessiva vigilanza impedisce di dormire, una donna dalla malinconia inconfessata che non riesce più a seguire la tendenza generale.
Non vuole starsene come gli altri sul divano, con il cellulare incollato al dito, al polso, al palmo della mano, in cerca di sensazioni forti, a spiare sul display il dramma, l’attentato e l’eroe del giorno, già dimenticati l’indomani. Il mondo le sembra sconcertante, e sul mondo lei non ha alcuna presa. Il mondo è pazzo, ma lei non può farci niente”.
L’ultima, importante tematica portata a galla dalle vicende è il ruolo della donna nella società odierna, altamente polarizzato e sottovalutato. Mélanie poteva contare su una vita monotona, forse silenziosa come la sua giovinezza, basata su un lavoro come tutti gli altri, di fatto non è andata così. Ha rinunciato alla sua indipendenza economica facendo la mamma a tempo pieno solo perché non è stata in grado di realizzare il suo sogno; addirittura, quando ha sposato Bruno, avrebbe voluto cambiare il suo cognome da Diore in “Dior”, evocando un’improbabile parentela con il famoso stilista pur di avere la sua tanto agognata fama.
Non trovando quindi il suo posto nel mondo, Mélanie se l’è creato al riparo delle mura di casa sua, e grazie ai suoi figli. Ciò di cui si dimentica, però, è che se fosse stata scelta nel reality show sarebbe finita nel clamore mediatico per una, due settimane, e in seguito nell’oblio. L’alternativa a tutto ciò sarebbe stato studiare, impegnarsi a imboccare strade a cui non si pensava prima: si tratta infatti di Clara che lascia l’Università e si candida al ruolo di poliziotta. Una poliziotta circondata tuttavia da uomini, trasferita in un condominio di soli poliziotti e amica di altrettanti colleghi delle forze armate.
Pertanto, Mélanie e Clara sono messe al bando di una società in cui per guadagnarsi la stima delle persone bisogna fare buon viso a cattivo gioco: se non sei troppo disinibita, non meriti di partecipare a un programma televisivo, e se dedichi tutti i tuoi sforzi al lavoro non puoi anche districarti in un contesto sentimentale e/o famigliare.
“Tutto per i bambini” ha dei punti di debolezza: superata la seconda parte, che vale più della metà della lunghezza totale, l’autrice sembra fare di tutto per finire le vicende raccontate col minor sforzo possibile. I due piccoli Sammy e Kimmy sono dei giovanotti, hanno molte paure e insicurezza da affrontare, eppure non sono più al centro dell’attenzione, sotto i riflettori. D’altro canto Mélanie sembra non aver imparato nulla dalla brutta esperienza in cui è stata coinvolta la figlia da piccola, il che vanifica il tentativo iniziale di mostrare un cambiamento effettivo nella sua personalità.
Anche i personaggi di Bruno e Cedric diventano sempre meno essenziali, scomparendo quasi del tutto e ribadendo la loro “piattezza” caratteriale, quando invece nella prima parte si poteva affermare il contrario. Ciononostante, il libro ha parecchi meriti: oltre alle interessanti tematiche sopracitate, Delphine de Vigan usa sapientemente le parole e lo fa grazie a una sintassi paratattica, in cui spiccano frasi fluide, dal ritmo serrato e incalzante.
I capitoli infatti sono molto brevi, tranne in qualche momento in cui si dilungano oltre la decina di pagine, e permettono una lettura veloce ma non per questo approssimativa. Inoltre, l’uso ricorrente di flashback alternati a fatti del presente, (narrati per altro da un narratore esterno, onnisciente ma empatico con i suoi personaggi) fa sì che il lettore possa giocare in anticipo sulle vicende. I colpi di scena, però, sono tutto fuorché prevedibili!
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