Mamma. Piccole tragedie minimali al Piccolo Bellini di Napoli. Recensione
Ha debuttato il 29 marzo al Piccolo Bellini di Napoli Mamma. Piccole tragedie minimali in scena fino al 3 aprile per la regia di Antonella Morea con Rino Di Martino.
Antonella Morea indaga la figura materna attraverso quattro brevi atti unici scritti da Annibale Ruccello: “Le fiabe” che sembra riprendere Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, ma in generale questo sembra essere il riferimento anche scenografico visto l’ampio specchio centrale dal quale compare la figura di Di Martino all’inizio della messa in scena con il primo racconto.
Seguono Maria di Carmelo, Mal di denti e La telefonata che appunto, sotto forma di racconti brevi descrivono con poche efficaci pennellate un mondo immaginifico ma anche molto vero nel quale diverse figure di madre rappresentano diversi problemi sociali e relazionali di un mondo, quello campano negli anni Ottanta non molto distante da certe dinamiche nelle quali le donne per superare il disagio verso il mondo esterno si identificano con personaggi televisivi o nelle attrici delle telenovelas.
A ben pensarci poco è cambiato da allora e questo testo è sicuramente una fotografia di un preciso periodo storico e culturale ma anche una trasposizione che ci va a ricordare chi eravamo ma soprattutto chi siamo ancora.
Prendiamo ad esempio i media, se negli anni ottanta per un autore come Annibale Ruccello, i media erano una sorta di minaccia, qualcosa che influenzava le persone, che poteva plasmare gusti e personalità a maggior ragione un testo come questo in cui i personaggi si creano una sorta di mondo alternativo è quantomai attuale.
Un altro tema interessante è l’attesa, in queste storie i personaggi attendono, sperano e si disperano nella speranza che qualcosa di bello accada e di solito è sempre qualcosa che ha a che fare con desideri egoisti, con la vanità, con la voglia di essere visti. Infatti nessuna delle madri o delle figlie presenti in questa storia prova sentimenti altruisti, rivolti all’altro.
Tornando alla scenografia la presenza dello specchio è assai eloquente se pensiamo al concetto di riflessione (in questo caso su se stessi) dei personaggi, una riflessione che non riflette.
Tanti personaggi un solo volto quello di Rino Di Martino che tiene in piedi più di un’ora di spettacolo da solo, facendo voci e personaggi diversi e raccontando anche la figura tipica dei personaggi di Ruccello che tiene insieme maschile e femminile in un’ambiguità che racchiude in sé il mondo.
“Mamma”, piccole tragedie minimali nella rivisitazione di Morea vuole interrogarci proprio su tutti questi argomenti.
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“Nàcqua a Nazarèth… vicino Caivàno…” dirà Rino Di Martino, mentre, muovendosi in uno scenario di fiaba (rurale e metropolitano nel contempo), attraversando i gesti della più remota tradizione e i mille volti di Madonne iconografiche e iconoclastiche, è l’incantevole narratore di questo excursus teatrale dalla complessa drammaturgia.