Ha debuttato lo scorso 10 marzo al Ridotto del Mercadante Teatro di Napoli per la rassegna Innesti “Napoli mon amour” tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore Alessio Forgione reduce dal successo del terzo romanzo Il nostro meglio.
Rosario Sparno firma la regia del testo adattato per il teatro da Mariano D’Amora.
Il protagonista è Amoresano un trentenne nella Napoli di pochi anni fa, siamo nel 2018 ma potremmo essere anche nel 2022 e Amoresano, conosciuto dagli amici e i parenti anche come Checcù, non ha ancora trovato il suo posto nel mondo. Le sue giornate passano lente, tra la vita con i genitori, le partite del Napoli, le serate con l’amico Russo e la ricerca di un lavoro. Dopo l’ennesimo, grottesco colloquio, decide di dare fondo ai suoi risparmi e di farla finita.
Un giorno, però, incontra una bellissima ragazza e se ne innamora, all’inizio lei si fa chiamare Lola, in riferimento a Lolita di Nabokov ma poi scopriamo che il suo vero nome è Nina. Questo incontro riaccende i desideri di Amoresano e le sue speranze: vivere, essere felice, scrivere. Perché il trentenne di cui si parla in questa storia è un aspirante scrittore ma come sappiamo la scrittura non è un percorso facile e gli ostacoli sono talmente tanti che sopravvivere a volte risulta difficile.
Nina però sembra aiutare Amoresano a sentirsi di nuovo vivo tanto da trovare il coraggio di inviare i suoi racconti a Raffaele La Capria, il suo mito letterario, il quale lo inviterà a casa sua per parlare della sua scrittura. Il problema di Amoresano però è che l’amore disperde ancora più velocemente energie e risorse, facendo scivolare via, un centesimo dopo l’altro, i desideri ritrovati e le speranze di una vita diversa.
La Napoli raccontata in questa storia è un po’ come la Milano di Un amore di Dino Buzzati, notturna, oscura e complessa, difficile da penetrare ma allo stesso tempo avvolgente, sempre presente a volte soffocante, un altro personaggio che scruta nel buio i suoi protagonisti.
Riassumere per il teatro un romanzo e trarne uno spettacolo di un’ora una bella sfida che Sparno ha vinto alla grande, soprattutto perché non ha aderito pedissequamente a quanto scritto sulla carta. La trasposizione per sua stessa definizione deve mantenere i temi e gli argomenti della storia originaria ma vestire un abito diverso, che sia adatto al contenitore in cui la storia viene proposta.
In questo caso l’abito scelto è bellissimo e altamente simbolico. La scena è una metafora di Napoli e della vicenda di Amoresano, siamo di fronte a una simbologia vera propria ma al contempo molto semplice e di facile comprensione. Chi ha letto il romanzo (e se non lo avete fatto ve lo consiglio) potrà riconoscere personaggi, atmosfere e la Napoli della storia che è la stessa, per quanto mi riguarda che possiamo vedere oggi facendo una passeggiata nel centro storico, molto caro all’autore del romanzo.
Ci sono dei passaggi del testo, le parole dell’autore, di pura poesia anche siamo nell’ambito della prosa e credo che come ha spiegato il peso di avere trent’anni oggi e di averli a Napoli, Alessio Forgione pochi altri hanno potuto. La stessa persona che scrive questo pezzo ancora non è certa di esserci riuscita.
Per tornare ai simboli della storia entriamo a pieno nella scenografia dello spettacolo ideata da Giorgia Lauro e realizzata da Luigi Ferrigno in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Napoli. La scena è divisa in due, a sinistra una vasca inizialmente ribaltata e poi posizionata per essere usata, una vasca che a volte sembra un guscio nel quale il protagonista si rifugia ma allo stesso tempo cerca di uscirne, lì si svolgono i momenti più significativi della storia e del rapporto d’amore con Nina.
A destra la stessa Nina, interpretata con grande talento ed eleganza da Angela Fontana, sistema un telo mare sulla sabbia (tutto il pavimento è coperto di sabbia) e un ombrellone. Inizialmente lei è un personaggio distante che appartiene più al sogno che alla realtà, è come una diva del cinema, francese in questo caso dal momento che i riferimenti al cinema francese ci sono fin dal titolo.
Perché l’immagine della spiaggia? Perché il mare avrà una funzione importante nella storia, come se fosse il simbolo sia delle incertezze della vita che l’oasi di pace e realizzazione cui aspira Amoresano.
Marcello Manzella è Amoresano e quello che posso dire è che se avete letto il libro ritroverete il protagonista ma se non lo avete letto ricaverete coerenza, precisione e spontaneità nella recitazione di Manzella che sa restituire insicurezze e dubbi in cui chiunque può facilmente riconoscersi.
Il terzo personaggio è un po’ come una sorta di testimone della vicenda, Russo il migliore amico del protagonista, interpretato da Gennaro Apicella è un altro esempio di vita da trentenne che si trova ad affrontare problemi diversi ma coerenti con i temi che abbiamo già visto. Apicella svolge perfettamente il ruolo di alleggerimento della situazione e allo stesso tempo quello di testimone, i momenti più divertenti dello spettacolo sono quelli che gestisce lui. Insomma il fatto di avere un ruolo “secondario” non lo rende meno protagonista.
Tutti e tre i personaggi sono in equilibrio tra di loro e gli attori scelti hanno saputo dare vita ai personaggi sulla carta. Non vi sarebbe stato nulla di peggio del personaggio di un libro interpretato male.
Nina è l’unica che si discosta dalla precarietà del mondo degli altri due perché rappresenta i vent’anni e la gioia di fare, l’energia e la passione tutte cose che sembrano essersi spente nel protagonista.
Napoli mon amour è una verità della città di Napoli, è una versione partenopea del giovane Holden, ma a trent’anni, è una febbre che non scende finché non si raggiunge il blu del mare, mentre la vita scorre troppo veloce e troppo incomprensibile.
Napoli mon amour
Dal 10 al 20 Marzo 2022
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