Chi si cela dietro il truffatore di Tinder? Lo racconta benissimo il nuovo docufilm firmato Netflix, in cui le vittime di Simone Levieve (Shimon Hayut) ci mettono la faccia per smascherare l’uomo che le ha truffate, portando via loro il cuore e, poi, tutti i loro soldi.
Proprio nel mese dell’amore, Netflix decide di rilasciare un film che parla di amore, di app di incontri e, purtroppo, anche di truffa e inganno; il film Il Truffatore Di Tinder, già nel titolo riassume l’intera trama di ciò che si andrà a guardare, non c’è romanticismo ed è tutto tranne che uno spettacolo da gustarsi se si è alla ricerca di leggerezza.
Tinder è una dating app molto famosa, attiva in tutto il mondo, a cui milioni di utenti dal 18 anni in su, si iscrivono per trovare l’amore (o anche solo del divertimento, conoscere persone nuove…).
Chiunque abbia passato anche solo 5 minuti su questa applicazione, si sarà reso conto che è il regno dello swipe rapido, e che per catturare l’attenzione bisogna avere “un qualcosa in più”.
Lo sa bene Simon, che cura il suo profilo Tinder nei minimi dettagli per attirare donne di un certo livello: viaggi, macchine. bei vestiti, feste e occhiale intellettuale; oltre al cognome di rilievo, Levieve, noto nell’industria dei diamanti.
È qui che Simon e Cecilie si conoscono, si scambiano qualche messaggio che li porta ad incontrarsi e innamorarsi praticamente subito: il colpo di fulmine, accompagnato e incentivato da incontri romantici in hotel lussuosi e spostamenti in giro per il mondo.
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Simon è un vero ragazzo d’oro. Anche le personalità più ciniche sarebbero d’accordo nell’affermare che Simon è un vero principe azzurro. Cecilie è una donna davvero fortunata, se non fosse che Simon è un uomo d’affari, e questo potrebbe ripercuotersi sulla vita di coppia.
I due piccioncini, infatti, si vedono sempre meno; Simon non è solo impegnato, ma è in pericolo. I suoi affari e la sua ricchezza lo hanno portato ad essere letteralmente perseguitato dai cosiddetti “nemici” che lo vogliono morto.
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Cecilie inizia a spaventarsi, ma farebbe di tutto per lui, anche prestargli dei soldi quando lui glieli chiede. Ed è a questo punto che, nemmeno troppo inaspettatamente, il romanticismo lascia il posto al truffatore.
Si scopre che Simon vuole fare la bella vita a spese altrui e che, proprio mentre toglie a Cecile fino all’ultimo centesimo (e la mette nei guai con altri debiti) lui si procura altre vittime: Pernilla, per esempio.
Quando Cecilie, messa alle strette dalle banche, racconta la verità, la avvisa che quel Simon di cui si era innamorata non esiste: si tratta di un truffatore seriale, già stato in prigione e già indagato dalla polizia. Nonostante la disperazione, Cecilie è intenzionata a metterci la faccia, ed è allora che Pernilla, già ripetutamente truffata, scopre l’inganno.
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Le due ragazze uniscono le forze e la storia del truffatore di Tinder viene allo scoperto: peccato che Simon risulti irrintracciabile.
Solo allora, su un volo diretto ad Amsterdam, la nuova ragazza/vittima di Simon, Ayleen, legge le dichiarazioni di Cecile e Pernilla, e si rende conto di avere il coltello dalla parte del manico.
La ragazza, infatti, è l’ultima vittima del truffatore seriale, che non poteva più truffare nessuno, dal momento che le sue foto erano ovunque. Perciò, per recuperare qualche soldo di quelli a lei sottratti, è Ayleen a truffare Simon, per poi consegnarlo alla polizia.
L’uomo, nonostante le accuse, sconta solo 5 mesi della sua pena, per poi essere rilasciato: oggi è un uomo libero (e ricco) e ha minacciato Netflix di denuncia, quando gli è stato chiesto di partecipare al docufilm, per dare la sua versione della storia.
Certo, gli incontri al buio sono sempre un salto nel vuoto e non si sa mai chi si ha di fronte. Ma, come sottolinea Cecilie alla fine del film, Tinder non c’entra nulla. Le brutte persone sono ovunque, Tinder è stato solo un mezzo.
Sulle app di incontri sono presenti molteplici personalità, ma trovare l’amore è possibile. Negli ultimi anni le coppie che si sono conosciute sui social e sulle dating app sono cresciute a dismisura.
Complice la pandemia, la distanza sociale, molti giovani ammettono di sentirsi più a loro agio ad approcciare a nuove persone tramite uno schermo.
Dunque, la risposta è che no, le app di incontri non sono pericolose (anche se dopo la visione del docufilm su Netflix, di certo non viene voglia di iscriversi), ma senz’altro bisogna prestare attenzione ai segnali che vengono lanciati dalle persone.
La narrazione dura un’ora e oltre cinquanta minuti; dovrebbero essere molti per esplorare nei dettagli i tratti psicologici di Simon e delle sue vittime, ma questo non avviene mai.
Il racconto sembra quasi non decollare: quando si passa dal momento “romantico” alla vera natura del film, l’effetto desiderato è quello di suspense, ansia, una rincorsa affannosa ai sentimenti dei protagonisti, ma ciò non avviene.
Quando Cecilie rivela tutto, il momento di tensione più alta, tutto rimane totalmente piatto. La ragazza piange, è disperata, ma chi osserva non si sente minimamente coinvolto.
Simon diventa aggressivo, minaccia le sue vittime, ma sembra quasi una caricatura di un “cattivo”: non spaventa affatto lo spettatore.
Al momento dell’arresto, verso la fine del docufilm, lo spettatore dovrebbe essere soddisfatto, sentirsi emotivamente sollevato, vicino alle vittime, invece nulla, il tutto scorre senza un minimo di tensione emotiva.
La domanda sorge spontanea: l’obiettivo era quello di raccontare i fatti o quello di creare una storia in cui immedesimarsi, raccontandone una realmente accaduta?
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