Dopo aver debuttato al cinema lo scorso 14 ottobre, Marilyn ha gli occhi neri è approdato su Netflix a febbraio, finalmente disponibile per tutti gli abbonati. La commedia, interpretata da Stefano Accorsi e Miriam Leone, affronta il tema dei disturbi mentali, con al contempo forza e delicatezza, immergendosi nel mondo di quelli considerati “non normali”.
Lui, schiavo degli eccessi di rabbia, dei tic e delle balbuzie; lei, bugiarda cronica incapace di gestire la propria vita; insieme uniranno le forze e realizzeranno la loro opera migliore, un riscatto verso chi li considera “strani” e una dimostrazione di valore nonostante le difficoltà e i difetti.
I due si conoscono in un centro diurno, una comunità dove si ritrovano insieme ad altre persone con disturbi psichiatrici e comportamentali. Per Diego e Clara, questi i nomi dei protagonisti, non è facile avvicinarsi all’inizio: entrambi sono abbastanza schivi e restii nel fare amicizia con gli altri frequentatori. In seguito, però, capiranno di potersi fidare l’una dell’altro e collaboreranno per aiutarsi.
Il gruppo del centro diurno, sotto incarico dello psicoterapeuta, dovrà gestire un piccolo ristorante per dimostrare di essere pronti a tornare dagli “altri”, nel mondo esterno. Una prova molto difficile ma che, grazie anche a una crescita dei singoli non indifferente, verrà superata con ottimi risultati.
“Pensano di avere ragione solo perché sono di più, quelli normali” dice Diego a Clara, racchiudendo in una frase tutto il disagio di chi viene considerato “diverso” solo perché affetto da un disturbo. In quelle parole c’è tutta la volontà di emergere, dimostrare che gli “altri” si sbagliano, che chiunque può fare grandi cose. L’unico limite è il pregiudizio.
Stefano Accorsi riesce a cogliere alla perfezione questa ricerca di normalità in ogni gesto, tic e sguardo di una persona messa al muro dal suo disturbo, incontrollabile e distruttiva. Dall’altra parte c’è Miriam Leone che si cala in un personaggio complesso e col quale è difficile empatizzare pienamente. Ma l’importante, in Marilyn ha gli occhi neri, non è l’empatia, ma l’accettazione.
La sofferenza degli altri ci fa paura quando non passa attraverso le lacrime o la tristezza. Esistono tanti modi per comunicare il dolore, ma non sempre sono accettati dalla società: è a quel punto che nascono i diversi, gli outsider, quelli che non riescono a trovare il proprio posto nel mondo perché, di fatto, non sono considerati degni di averlo.
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Il film riesce a trasmettere questa messaggio alternando momenti più leggeri e comici a riflessioni profonde, facendoci fare un salto nella vita degli “anormali” e mostrandoci come il loro dolore sia simile al nostro, più di quanto crediamo. Simone Godano, regista della pellicola, riesce a farlo senza cadere nel ridicolo o nel banale: insieme agli altri autori Godano ha trascorso molto tempo nei centri diurni, per cogliere al meglio le sfumature dei cosiddetti “invisibili”.
Il regista ha voluto raccontare la storia di chi non viene ascoltato, riuscendo nel suo intento di rappresentare una realtà presa ancora sottogamba, senza il dovuto riguardo e le giuste attenzioni. Marilyn ha gli occhi neri non ricade mai in stereotipi o banalità: non ci sono macchiette, ma persone vere. Non c’è neanche pietà, perché comprensione non significa compassione, ma rispetto, lo stesso che si riserverebbe a chiunque altro.
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Un plauso anche agli altri nomi del cast che hanno vestito i panni degli altri membri del gruppo; tra questi Mariano Pirrello (Sosia), Orietta Notari (Susanna), Andrea di Casa (Chip) e Valentina Oteri (Gina). Ognuno di loro ha saputo trasmettere il messaggio del film, cogliendo l’intento del regista e arrivando al cuore degli spettatori.
Marilyn ha gli occhi neri mostra come chi consideriamo diverso sia in realtà molto vicino a noi e condivida le stesse gioie, dolori e piccoli traguardi nella vita di ogni giorno. Tutti abbiamo dei problemi, ma ci sarà sempre qualcuno pronto ad accoglierci e ad affrontarli insieme.
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