Vi siete sempre chiesti come essere un piolo tondo in un buco quadrato? “Manuale di autodistruzione. Perché dobbiamo bere, sanguinare, ballare e amare di più” è il libro che fa al caso vostro. Scritto dalla giornalista olandese Marian Donner e uscito per i tipi de ilSaggiatore, “Manuale di autodistruzione” è il perfetto antidoto contro la letteratura self-help che ci vuole belli, sani e attivi a tutti i costi.
“In questo pamphlet ho cercato di analizzare la cultura dominante, di mettere a nudo l’ideologia che la informa e le convenzioni alle quali, pur inconsapevolmente, ci atteniamo in misura minore o maggiore. Ho fatto ricorso a delle categorie nella speranza di mostrare che queste convenzioni possono essere violate, e le ho chiamate puzzare, bere, sanguinare, bruciare e danzare per offrire un’alternativa”.
Proprio così: questo esile libricino di appena un centinaio di pagine è la più valida alternativa al modello di vita imposto dalla società consumistica, con cui ci confrontiamo tutti giorni e che ritroviamo puntualmente glorificato anche dall’industria del “self-help”. Donner mette in luce tutte le debolezze e incoerenze che questo modello presenta, compreso il sistema che ad esso soggiace; mostra le conseguenze che provoca negli individui che lo perseguono irriducibilmente per essere accettati e, infine, lo ribalta del tutto in nome della (auto)distruzione.
“In un mondo del genere – afferma l’autrice – non bisogna chiedersi come possiamo ancora migliorare noi stessi. In un mondo simile bisogna chiedersi come fare a essere il più sovversivi possibile nei confronti di un sistema che ci mortifica tutti. Il più sovversivi possibile verso l’anelito alla perfezione fisica che governa quel sistema – puzziamo. Il più sovversivi possibile verso la sua enfasi sulla produttività – beviamo. Il più sovversivi possibile verso il suo appello alla cura di se stessi – sanguiniamo. Verso al suo appello all’amore per se stessi – bruciamo. E infine il più sovversivi possibile verso l’unilinearità della tecnologia – balliamo”.
Ecco che la stessa struttura interna del volume è perfettamente circolare, rispecchia infatti quel “piolo tondo in un buco quadrato” che apre e chiude l’analisi dell’autrice. Così, dopo una premessa che si intitola “Essere un piolo tondo in un buco quadrato – parte 1”, seguono i capitoli dedicati ciascuno alle categorie designate da lei stessa, per poi tornare alla fine al piolo tondo, questa volta nella “parte 2“.
Verrebbe spontaneo chiedersi se l’autrice fosse nel torto e mascherasse un pessimismo interiore, misto a del nichilismo, che ci vorrebbe, invece, tutti passivi, pigri e procrastinatori. Insomma, dei veri e propri “perdenti”. Marian però ci rassicura anche su questo fatto, e lo fa nella maniera più disarmante che le riesca. “Con questo pamphlet non volevo dire che sia sbagliato lavorare su se stessi, volersi migliorare. Alla domanda «cosa rende tale un essere umano?», si può ben rispondere: il suo desiderio e la sua capacità di diventare qualcosa di più. (…) Nessuno muore come è nato, lo sviluppo tra questi due momenti si chiama vita, una vita che in parte abbiamo nelle nostre mani. La questione è come definire la crescita o il miglioramento. La definizione attuale che ci viene continuamente scaricata addosso dalla cultura dominante sotto forma di manuali di auto-aiuto, Ted Talk e social media è soprattutto orientata a un migliore adattamento al mondo così com’è, allo scopo di potervi lavorare in modo più produttivo ed efficiente, e di esserne anche grati e felici. Ma il suo unico risultato è quello di renderci dei servitori migliori”.
Non è tutto qui, ovviamente, ma il resto della saggezza di questa insolita giornalista lo lasciamo a voi. Sperando di avervi convinto.
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