What We Do in the Shadows 2, una moderna famiglia Addams. Recensione
La seconda stagione di What We Do in the Shadows, la serie horror comedy mockumentary di FX uscita su Disney+, emerge dalla cripta per presentare una commedia in stile classico degna degli antichi ma non del tutto in contrasto con il mondo moderno. I nostri vampiri preferiti di Staten Island – Nandor (Kayvan Novak), Nadja (Natasia Demetriou), Laszlo (Matt Berry) e Colin Robinson (Mark Proksch) – continuano a creare disordini nella loro comunità, nella tradizione, nella posizione dei mostri e nel genere. Il loro famiglio umano, Guillermo (Harvey Guillén) continua a sistemare i loro casini mortali e immortali.
Questi non sono i vampiri più spaventosi della zona dei tre stati. Non sono nemmeno i più spaventosi succhiasangue nel raggio di tre isolati dalla casa che condividono. Una delle cose migliori di What We Do in the Shadows è come vengono presentati i pericoli per i vampiri. La maggior parte delle serie tv e dei film sui non morti assetati li mostra come una minaccia, ma anche i leoni, le tigri e gli orsi possono essere uccisi da una ragazzina del Kansas, se ha un fucile da caccia.
Naturalmente, i normali proiettili non funzionano sui vampiri, ma si necessita di acqua santa, paletti affilati e pagine della Bibbia, queste sono le armi perfette contro un vampiro. Però abbiamo imparato che per loro i pericoli non finiscono qui.
Il gruppo di Staten Island non affronta solo i cacciatori di vampiri, ma anche le minacce di altri vampiri, lupi mannari, un babadook occasionale (anche se Nandor insiste che ce n’era solo uno, quindi di non esagerare) e fantasmi. Un’email a catena riesce a far breccia attraversa la cotta di maglia dell’antico guerriero portando con sé orrori di un antico massacro dove migliaia di uomini, donne e bambini sono stati trucidati durante il suo regno del terrore quando era ancora umano. Non che fosse un cattivo ragazzo allora, ma gli piaceva molto il suo cavallo.
La prima stagione si è conclusa con il gruppo di vampiri di Staten Island che respinge il Consiglio Vampiresco dopo aver accidentalmente lasciato che il Barone Afanas (Doug Jones) venisse fritto da un famiglio fin troppo familiare. Guillermo continua a lasciare dietro di se una scia di morti.
Il riluttante van Helsing deve affrontare la concorrenza, il nuovo famiglio di Nadja e Laszlo, interpretato da Haley Joel Osment, che tutti avranno sicuramente riconosciuto per il Sesto Senso. Nella prima stagione, lo show ha presentato figure iconiche dell’horror come Wesley Snipes, Tilda Swinton, Dave Bautista e Pee Wee Herman.
Craig Robinson, che interpreta Doug Judy, la migliore nemesi e il peggior amico del detective Jake Peralta (Andy Samberg) in Brooklyn Nine-Nine, diventa un nerd militante a capo di una banda locale di cacciatori di vampiri. In una delle loro riunioni, un aspirante vampiro-killer suggerisce nervosamente dei piani per proteggere al meglio il sangue vergine. Con due parole di Robinson sappiamo che l’adolescente sta cercando fare sesso da quando si è unito al gruppo.
Gli aspiranti si accorgono a malapena di quanto Guillermo sappia il fatto suo, in parte perché sta giocando su entrambi i lati della barricata e in parte perché non sono troppo veloci a capire. Nessuno nello show effettivamente spicca per intelligenza, eccetto il vampiro dell’energia Colin Robinson, che sembra sempre sapere più di quanto lasci intendere.
Nandor presume di sapere sempre tutto, finché non si imbatte direttamente in un muro di mistero, per poi chiedere immediatamente maggiori informazioni.
Kayvan Novak si immerge completamente nel suo alter ego anacronistico. Quando vediamo effettivamente Nandor come era, e lo sentiamo parlare la sua lingua madre, diventa evidente che è sempre stato insopportabile.
Questo è un uomo a cui non piace soffrire, la sofferenza la infligge agli altri, certo, con abbandono e allegria. Ma gli dei non permettano che il suo io mortale abbia mai avuto anche solo un’unghia incarnita sul campo di battaglia, se ne lamenterebbe per settimane. Lo sentiamo nella sua voce, accogliendo in modo passivo-aggressivo Guillermo a casa dopo un momento di divertimento mentre Nandor e i suoi compagni vampiri affrontavano la vita e le difficoltà mentre lui se ne era andato.
Sa come far sentire il senso di colpa, e gioca contro il mito di ciò che ci aspettiamo dai nostri signori della guerra. La serie riesce a capovolgere tutto. Risultando positivamente folle nella sua farsa.
Un personaggio resta davvero incredibile, sia per lo show sia per gli spettatori: Colin è intelligente e Mark Proksch è abile nell’interpretazione. Non tutta la sua raffinatezza è minimizzata, guardate i suoi occhi e il suo sorriso ogni volta che si trova in una situazione in disordine. Colin dice che sta andando in posti noiosi, ma tocca le energie dell’eccitazione sconvolta. A volte sembra orgasmico.
Nadja (Natasia Demetriou) e Laszlo (Matt Berry) invece sono sempre (fin troppo) orgasmici. Laszlo è sorprendentemente sempre pronto a dare il meglio di sé come la sua chioma. Nadja è praticamente la Mae West della parte orientale della città, ogni frase gronda di una sorta di promessa erotica contorta. Raramente usa i doppi sensi in modo appropriato, ma la resa suona innocente, e ne esce spudorata e divertente.
Non è che What We Do In the Shadows manchi di tutta quella parte spaventosa, colmando misteri occulti su cui il mondo ha riflettuto da quando i video hanno iniziato a diventare virali. Vediamo l’origine di una bambola infestata nello stesso episodio in cui impariamo che i fantasmi si masturbano narcisisticamente.
Siamo testimoni, in prima persona, di ciò che accade agli zombie indesiderati riportati in “vita” grazie alla negromanzia: lavorano in negozi di souvenir, facendo targhe come i comuni prigionieri e animatori dei Simpson. What We Do in the Shadows fa anche un omaggio ai filosofi di New York City della fine del 19° secolo. Ognuno dei vampiri tiene delle sedute spiritiche, individualmente e in gruppo.
I vampiri ci mostrano un nuovo modo di godersi il Super Bowl, regalando la migliore notte della sua vita ad un testimone delle loro vere identità. What We Do In the Shadows eccelle nell’esplorare le conseguenze impreviste e inosservate delle loro azioni.
Pensano davvero di far divertire questo ragazzo, ogni momento in realtà è una tortura per lui. Scambiano le sue grida per applausi, i vampiri rimangono completamente ignari di qualsiasi caos stia accadendo intorno a loro. Quando un famiglio zombificato inizia a scalare i muri, sembra qualcosa di poco importante per loro. Non siamo sicuri se è perché hanno già visto tutto e sono annoiati dalle cose della vita o se sono sempre stati così egoisti e sprovveduti. Tutte le prove indicano la seconda.
Tutti sembrano essere ancora più a loro agio nei loro personaggi, la recitazione è più sicura in questa stagione anche se l’autocoscienza dei personaggi cresce. I vampiri si interrogano costantemente, il più delle volte dopo che hanno fatto qualcosa di abbastanza irrimediabile.
Ma abbiamo l’idea che non conservino nulla di quello che imparano, il che mantiene il terreno fertile per ripensarci o dimenticare velocemente i loro errori. Quante volte si può rendere divertente un dono vampirico? Possono volare. Laszlo si trasforma in un pipistrello in un batter d’occhio. Nadja è andata in giro a ipnotizzare la maggior parte di Staten Island la scorsa stagione, con risultati spassosi. Quest’anno, Nandor e Laszlo devono raddoppiare.
Gli effetti speciali rendono le battute eccellenti, sia che un personaggio stia correndo freneticamente avanti e indietro bruciando a morte o galleggiando a mezz’aria al rallentatore, le immagini fortificano le gag. Si mescola bene anche con l’approccio documentaristico, perché lo spettatore non dovrebbe aspettarsi che gli eventi soprannaturali siano ripresi dalle telecamere. È anche sempre gratificante vedere i cameraman correre o trovarsi in situazioni assurde, rende tutto molto assurdamente reale.
Basato sul film di Jemaine Clement e Taika Waititi, What We Do in the Shadows si adatta bene al piccolo schermo. Mentre la serie termina la sua seconda stagione in vista della terza, solidifica il suo posto come un buon prodotto per la classica commedia televisiva. Tutte le battute funzionano, anche quelle che fanno del loro meglio per non farlo. L’ironia funziona e tutto è condito da un umorismo macabro. What We Do in the Shadows si può decisamente considerare la Famiglia Addams di questo decennio.
Siamo impazienti di vedere la terza stagione, se volete sapere tutto di What We Do in the Shadows 3 leggete anche -> What We Do in the Shadows 3, data di uscita, cast, trama, trailer e tutto quello che sappiamo