C’mon C’mon è il nuovo film scritto e diretto da Mike Mills (Thumbsucker – Il succhiapollice, Le donne della mia vita) presentato in anteprima mondiale al Telluride Film Festival il 2 settembre 2021. Protagonista è Joaquin Phoenix che ha sempre scelto film d’autore di un certo spessore culturale e quest’ultimo non è da meno.
Phoenix è un giornalista, Johnny, che al momento della storia si sta intervistando bambini provenienti da diverse città americane e li interroga su una questione in particolare: come si immaginano il futuro? Ciascuno di loro ha una risposta diversa ma tutte sono molto profonde, questi bambini in realtà sono dei piccoli adulti e Johnny sembra trovarsi a suo agio con loro. Si direbbe essere bravo con i bambini. Accade poi che Johnny viene smentito nel momento in cui si trova improvvisamente di fronte al ruolo di genitore. Sua sorella Viv (Gaby Hoffmann) è costretta a badare al marito con disturbi mentali e in procinto di ricoverarsi. A Johnny viene affidato il nipote, Jesse (Woody Norman), 9 anni, fin troppo maturo e colto, il piccolo non le manda a dire e i ruoli si ribaltano. Non è più Johnny a fare le domande ma Jesse, mettendolo anche in difficoltà. Infatti il dialogo o per meglio dire “duello” fra zio e nipote è spesso molto serrato, Jesse con le sue scomode domande scava nel profondo.
Ma una caratteristica di questo film è che molte domande, quelle fuori dalle interviste di Johnny restano sospese, senza risposta. Una di queste è proprio la domanda sul futuro alla quale, naturalmente sarà data una risposta alla fine della pellicola.
Pur parlando di futuro e concentrandosi sui bambini, C’mon C’mon si nutre di atmosfere nostalgiche e crepuscolari e ciò si evince anche dalla scelta della fotografia in bianco e nero. È evidentemente una storia sul senso della vita, filosofica in cui non vi è molta azione ma molto dialogo e le conversazioni tra i due protagonisti, nonché l’evolversi della vicenda fanno da cardine all’interno del film. Il rapporto tra Johnny e Jesse è la nostra linea guida per comprendere un discorso filosofico esistenziale più ampio.
Eppure non ci si annoia perché il piccolo mondo in cui sono immersi i due è un modo pieno di ironia e si ride anche tanto.
Johnny è introverso, taciturno e poco incline alle relazioni stabili, è un solitario, forse una sorta di Jesse del futuro. Quest’ultimo scuote lo zio dal torpore e in qualche maniera lo fa uscire dalla bolla nella quale si era rinchiuso. Vediamo così una crescita della relazione tra i due.
Ciò che lo spettatore apprende è che la regola fondamentale, alla base della crescita e di ogni relazione è il dialogo. Parlare, esprimere e non reprimere i sentimenti e i pensieri aiuta conoscersi e conoscere gli altri.
Joaquin Phoenix è un gigante ma Woody Norman riesce ad essere in perfetto equilibrio con lui e viceversa. Phoenix non prevarica sul bambino ma da grande quale è sa anche farsi da parte, lasciando che sia anche il bambino ad avere la sua parte. La perfetta chimica che ne deriva contribuisce a creare un prodotto riuscito.
L’unica pecca del film è che in alcuni punti è pedante, eccessivamente astratto e troppo poco realistico perché si creda fino in fondo a quello che vediamo.
In conclusione la tenerezza che si vede nella complessità dell’opera e il modo in cui Phoenix si relaziona al piccolo coprotagonista sono tra gli elementi più belli del film di Mills.
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